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La Corte Costituzionale

composta dai signori: Presidente: dott. Renato GRANATA; Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof.Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. ValerioONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI;

ha pronunciato la seguente SENTENZAnei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 28, 30, 31 e 36 della legge 4 luglio 1967, n. 580(Disciplina per la lavorazione e commercio dei cereali, degli sfarinati, del pane e delle paste alimentari),promossi con n. 3 ordinanze emesse il 15 giugno 1996 dal pretore di Pordenone, rispettivamente iscritteai nn. 960, 961 e 1145 del registro ordinanze 1996 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblicann. 40 e 43, prima serie speciale, dell'anno 1996;

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

Udito nella camera di consiglio

del 21 maggio 1997 il giudice relatore Carlo Mezzanotte. Ritenuto in fatto: 1. - Nel corso di un giudizio di opposizione avverso ordinanza-ingiunzione emessa nei confronti del legale rappresentante di un pastificio, per avere prodotto e commercializzato pasta alimentare secca, denominata "specialità gastronomica alle erbe aromatiche", contenente ingredienti non consentiti (aglio e prezzemolo) dalle vigenti disposizioni di legge, il pretore di Pordenone ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 41, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 28, 30, 31 e 36 della legge 4 luglio 1967, n. 580 (Disciplina per la lavorazione e commercio dei cereali, degli sfarinati, del pane e delle paste alimentari). Il giudice a quo muove da due premesse: la prima è costituita dal rilievo che, a seguito della giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, sulla base del principio di libera circolazione delle merci, i

divieti posti dagli articoli impugnati non trovano più applicazione nei confronti degli importatori di paste alimentari, ai quali quindi è consentito introdurre e commercializzare, nel territorio italiano, paste secche prodotte all'estero utilizzando ingredienti non consentiti dalla legislazione italiana, sempreché tali produzioni siano conformi alle leggi nazionali e non contrastino con i divieti sanciti in generale, a tutela della salute, dagli artt. 30 e 36 del trattato CEE.

La seconda si fonda sull'osservazione che la stessa legge n. 580 del 1967, all'art. 50, consente, previa autorizzazione dell'autorità competente, la produzione di pasta avente requisiti diversi da quelli prescritti dalla stessa legge, dal regolamento di esecuzione e dai provvedimenti dell'autorità amministrativa, purché si tratti di prodotti destinati all'esportazione e non nocivi alla salute umana.

Conseguentemente, sempre secondo il giudice a quo,

la pasta, cui si riferisce l'ordinanza-ingiunzione opposta, potrebbe essere senz'altro legittimamente importata da uno degli Stati membri della Comunità ovvero prodotta per l'esportazione, mentre non potrebbe essere prodotta da un imprenditore italiano per il mercato interno. Di qui il contrasto della normativa impugnata con l'art. 3 della Costituzione, dal momento che risulterebbe evidente la irragionevole disparità di trattamento: - tra produttori e importatori del medesimo prodotto, in quanto i primi, se l'alimento è destinato al mercato interno, non potrebbero produrre e commercializzare pasta contenente ingredienti non consentiti, laddove l'importatore potrebbe invece introdurre e vendere in Italia pasta con tali ingredienti; - tra produttori che destinino l'alimento al mercato interno e produttori che invece lo destinino all'esportazione, i quali ultimi potrebbero legittimamente commercializzare all'estero un tipo di pasta con ingredienti non consentiti.

pastacontenente ingredienti non consentiti in Italia;

c) tra chi utilizzi alcuni ingredienti non autorizzati per l'impasto e chi, viceversa, secondo quanto permesso dall'art. 3 del d.m. 27 settembre 1967, emanato ai sensi dell'art. 30 della legge n. 580, destini gli stessi ingredienti alla preparazione del ripieno della pasta.

Le medesime disposizioni, inoltre, sarebbero lesive, ad avviso del remittente, dell'art. 41, primo comma, della Costituzione, dal momento che le limitazioni all'utilizzazione di taluni ingredienti si tradurrebbero in illegittimi limiti alla iniziativa economica dei produttori italiani, la cui attività verrebbe ad essere irragionevolmente compressa.

Quanto alla rilevanza, infine, il giudice a quo osserva che l'eventuale dichiarazione di illegittimità costituzionale delle disposizioni impugnate determinerebbe l'annullamento dell'ordinanza oggetto di opposizione.

2. - Identica questione è stata sollevata dallo

stesso pretore di Pordenone in un altro giudizio di opposizione avverso un'ordinanza-ingiunzione emessa in relazione alla commercializzazione di pasta secca non conforme alla normativa vigente per la presenza di aglio e prezzemolo nell'impasto.

3. - Un'altra questione, identica nelle argomentazioni, ma limitata agli artt. 28, 30 e 36 della legge n. 580 del 1967, è stata sollevata dallo stesso pretore di Pordenone nel corso di un giudizio di opposizione avverso un'ordinanza-ingiunzione emessa per la produzione e la commercializzazione di paste alimentari (denominate, rispettivamente, Specialità al peperaglio, Specialità al nero di seppia e Specialità del Chianti) contenenti ingredienti non consentiti, quali l'aglio, il peperoncino, il nero di seppia e la barbabietola.

4. - È intervenuto nei giudizi introdotti con la prima e con la terza ordinanza il Presidente del Consiglio dei Ministri, con atti di identico contenuto, sostenendo che la

questione sarebbe priva di fondamento, dal momento che le situazioni poste a raffronto dal giudice a quo apparirebbero disomogenee, mentre il quadro normativo sarebbe univoco nello stabilire che chiunque (italiano, comunitario o straniero) produca pasta alimentare in Italia è obbligato a utilizzare soltanto gli ingredienti consentiti dalla normativa nazionale. L'Avvocatura osserva, infatti, che, per quanto riguarda la prospettata disparità di trattamento tra produttori nazionali e importatori, il trattamento riservato dalla legge italiana ai produttori di pasta alimentare sarebbe esclusivamente collegato all'ubicazione dello stabilimento di produzione, e che ciò costituirebbe un dato rispetto al quale il fatto che nel mercato italiano, in virtù dell'art. 30 del trattato CEE, debba circolare pasta prodotta in altri Paesi apparirebbe del tutto irrilevante. Analogamente, ad avviso dell'Avvocatura, non potrebbero essere poste a raffronto la posizione.delproduttore per il mercato interno e del produttore per l'esportazione, né l'operazione di preparazione dell'impasto con quella di preparazione del ripieno. A quest'ultimo proposito l'Avvocatura rileva, comunque, che la questione sarebbe inammissibile, dal momento che la disciplina della preparazione del ripieno è posta da un decreto ministeriale e non dalle disposizioni impugnate. 2. Infondata, sarebbe, infine, sempre ad avviso dell'Avvocatura, la dedotta violazione dell'art. 41, primo comma, della Costituzione, posto che le disposizioni censurate mirerebbero a favorire la qualità del prodotto e, quindi, la sua affermazione sui mercati con beneficio dell'economia nazionale. Non si avrebbe, dunque, nel caso di specie, una compressione dell'iniziativa economica, bensì una sua regolamentazione ispirata al conseguimento di risultati economici discrezionalmente valutati. Considerato in diritto 1. - La questione dilegittimità costituzionale, sollevata con diverse ordinanze dal pretore di Pordenone, ha ad oggetto gli artt. 28, 30, 31 e 36 della legge 4 luglio 1967, n. 580, nella parte in cui prescrivono che per la produzione industriale di paste alimentari secche non possono essere utilizzati ingredienti diversi da quelli da essi stessi indicati o autorizzati con il decreto del Ministro della sanità previsto dall'art. 30. Ad avviso del giudice a quo, tali disposizioni contrasterebbero con gli artt. 3 e 41, primo comma, della Costituzione. Quanto all'art. 3, il remittente denuncia la disparità di trattamento tra i produttori nazionali, ai quali viene imposto di produrre e vendere in Italia pasta confezionata unicamente con gli ingredienti autorizzati, e gli importatori, ai quali è consentito introdurre in Italia per la vendita prodotti di altri Paesi comunitari realizzati, secondo le regole del Paese di origine, con materie prime anche diverse. Egualedisparitàdi trattamento sussisterebbe poi tra i produttori che destinino l'alimento al mercato interno equelli che, invece, lo esportino, ai quali ultimi è consentito produrre per l'esportazione nella Comunitàprodotti realizzati, secondo le regole del Paese a cui sono destinati, con materie prime anche diverse daquelle autorizzate in Italia. Il giudice a quo rileva, infine, un'ulteriore irragionevole discriminazione tra iproduttori che utilizzino alcuni ingredienti per il ripieno delle paste e quelli che gli stessi ingredientiutilizzino per l'impasto, essendo la prima ipotesi consentita e la seconda vietata dal decreto ministerialedi cui si è detto.Il remittente deduce anche la violazione dell'art. 41, primo comma, della Costituzione, perchérisulterebbe ingiustificatamente compresso il diritto di iniziativa economica dei produttori nazionali.Poiché le ordinanze di rimessione hanno ad oggetto le medesime disposizioni, i relativigiudizi possono essere riuniti e decisi con unica sentenza. 2. - Deve innanzitutto essere dichiarata l'inammissibilità, per difetto di rilevanza, della questione concernente l'art. 28 della legge n. 580 del 1967, dal momento che tale disposizione si limita a prescrivere le caratteristiche di fabbricazione dei prodotti denominati pasta di semola di grano duro e pasta di semolato di grano duro, mentre nei giudizi a quibus non si pone un problema di denominazione dei prodotti ai quali si riferiscono gli illeciti amministrativi oggetto di contestazione, ma solo di presenza, in quei prodotti, di ingredienti diversi da quelli autorizzati con decreto del Ministro della sanità ai sensi dell'art. 30 della medesima legge. Inammissibile è, altresì, la questione relativa all'art. 31, in quanto tale disposizione ha ad oggetto la produzione di pasta con impiego di uova e ne prescrive le caratteristiche, mentre la possibilità di utilizzare anche nellafabbricazione delle paste all'uovo ingredienti diversi risulta disciplinata e sottoposta a limitazioni dal precedente art. 30.3. - Delle residue disposizioni censurate nelle ordinanze di rimessione, solo all' art. 3
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Publisher
A.A. 2014-2015
8 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/14 Diritto dell'unione europea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher martatodeschi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Istituzioni di Diritto dell'Unione Europea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Trento o del prof Woelk Jens.