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Nel muscolo striato alla F-actina si aggiungono altre due proteine: la troponina e la tropomiosina.

La tropomiosina è una proteina filamentosa che si dispone nel solco tra i due filamenti F –actinici e

li stabilizza. La troponina è una proteina globulare trimerica: uno dei suoi protomeri è affine per la

tropomiosina, un’altro è strutturalmente simile alla calmodulina, la proteina legante il calcio che si

trova nelle cellule non muscolari, il terzo è un monomero di connesione tra gli altri due. La sua

funzione è quella di staccare i filamenti di actina dai filamenti di miosina quando la contrazione

muscolare deve cessare (azione ATP-dipendente).

Nelle fibre muscolari striate scheletriche sono presenti anche altre proteine responsabili delle

proprietà viscoelastiche del sarcomero: tali proteine resistono allo stiramento passivo del muscolo

e impediscono lo sfilamento dei filamenti spessi e sottili. La principale è una proteina filamentosa

detta titina, che si estende dalla linea M alla linea Z e possiede due domini: uno è inestensibile ed

aderente al filamento spesso (infatti si estende dalla linea M fino all’estremità della banda A), l’altro

si prolunga dal termine della banda A fino alla linea Z ed ha proprietà elastiche. È proprio la titina

che impedisce che in estrema distensione i filamenti actinici e miosinici scivolino fuori gli uni dagli

altri disorganizzando il sarcomero. Abbiamo poi la nebulina che, estendendosi dalla linea Z alla

banda H, avvolge come una nuvola i filamenti sottili per tutta la loro estensione condizionandone la

lunghezza, inoltre stabilizza i legami fra le G-actine. La desmina costituisce delle reti a disco

disposte perpendicolarmente all’asse maggiore della fibra ed ancorate al citoscheletro

subplasmalemmale. Fra le maglie di queste reti si insinuano le miofibrille le quali, a livello delle

linee Z e tramite proteine di raccordo si vincolano alla desmina. Questa proteina, che contribuisce

quindi a mantenere in registro le miofibrille, è ancorata al plasmalemma attraverso altre proteine

fra cui una molto importante è la distrofina. Essa è assente negli individui affetti da distrofia

muscolare di Duchenne, una malattia che porta al completo disfacimento delle strutture contrattili

dei muscoli i quali, persa totalmente la loro capacità funzionale, vengono soppiantati da tessuto

cicatriziale.

La membrana plasmatica delle fibre muscolari è più correttamente indicata come sarcolemma. È

una struttura piuttosto particolare perché ha un’estensione gigantesca se confrontata con la

normale estensione del plasmalemma in una cellula mononucleata.

Il sarcolemma accompagna tutta la fibra muscolare e presenta delle specializzazioni peculiari che

prendono il nome di tubuli T. La “T” sta per “trasverso” perché questi tubuli si introflettono dalla

superficie del plasmalemma assumendo un decorso perpendicolare, quindi trasversale, all’asse

maggiore della fibra. Possono essere visti come delle invaginazioni canalicolari della superficie del

plasmalemma che si ripetono con costanza lungo tutta la fibra: più precisamente, per ogni

sarcomero se ne trovano due localizzati più o meno nel punto di passaggio fra la banda A e le due

emibande I.

La funzione dei tubuli T è quella di portare dentro la fibra muscolare l’impulso elettrico che innesca

il meccanismo della contrazione. La contrazione delle fibre muscolari striate scheletriche è operata

direttamente dal controllo nervoso. Esiste quindi una terminazione nervosa che manda un segnale

alla fibra muscolare, il quale si traduce in una depolarizzazione del potenziale di membrana a

riposo che si propaga molto velocemente per tutta la lunghezza della fibra ed entra anche

all’interno della massa sarcoplasmatica proprio grazie ai tubuli T.

Nel sarcoplasma esiste un altro organulo molto importante per il meccanismo contrattile

rappresentato dal reticolo endoplasmico liscio, più correttamente indicato come reticolo

sarcoplasmatico. Il reticolo sarcoplasmatico consiste in una serie di tubuli disposti

prevalentemente in senso longitudinale a formare una trama piuttosto fitta che avvolge per tutta la

lunghezza ogni singola miofibrilla di ciascuna fibra. Ci sono tre punti in cui questi tubuli longitudinali

emettono delle collaterali e, anastomizzandosi, mettono in comunicazione le loro cavità: uno è la

cosiddetta cisterna fenestrata che si trova a livello della linea M; gli altri sono a livello delle due

cisterne terminali di cui una è in contatto con un tubulo T, l’altra è in contatto con il tubulo T

successivo. Tra la membrana del tubulo T e quella delle cisterne terminali si formano dei contatti

molto stretti sostenuti da specifiche proteine intrinseche di membrana affini le une per le altre

ritenute responsabili dell’accoppiamento funzionale fra queste due strutture che vanno così a

costituire la triade. 2+

La funzione del reticolo sarcoplasmatico è quella di deposito di ioni Ca (funzione comune ai

reticoli endoplasmatici di tutte le cellule) che, come sempre, sono legati alla calsequestrina. Sulla

membrana del reticolo sono presenti pompe per il calcio che, quando la fibra è a riposo,

funzionano continuamente consumando ATP, prelevando il calcio dallo ialoplasma e pompandolo

nel reticolo. L’onda di depolarizzazione che prelude il fenomeno contrattile percorre

rapidissimamente tutta la fibra e, attraverso i tubuli T, giunge al reticolo sarcoplasmatico (in

2+

particolare alle cisterne terminali) dove arresta le pompe ioniche per il Ca . Il calcio quindi

defluisce dal reticolo sarcoplasmatico attraverso specifici canali (che sono sempre aperti, ma

solitamente non producono effetti perché bilanciati dalle pompe) seguendo il gradiente di

concentrazione e va a legarsi alle proteine calcio-leganti calmodulina e troponina, innescando la

contrazione.

Si dice che i tubuli T ed il reticolo sarcoplasmatico compiono l’accoppiamento elettromeccanico

fra eccitazione e contrazione muscolare.

Nel muscolo striato scheletrico ci sono anche altri organuli fra cui qualche cisterna di RER ed un

piccolo apparato di Golgi: queste cellule non producono proteine da esportazione e l’apparato di

Golgi serve semplicemente per il rinnovo del plasmalemma e per la produzione di enzimi

lisosomiali. Gli organuli proteosintetici si localizzano alla periferia, in sede subplasmalemmale,

mentre i mitocondri, che sono abbondanti, si dispongono anche all’interno del sarcoplasma, nei

sottili spazi che separano le miofibrille.

Nelle fibre muscolari si posso poi trovare degli inclusi di glicogeno (sotto forma di particelle ), di

lipidi e di pigmenti rappresentati da una particolare proteina contenente ferro che è la mioglobina.

La mioglobina ha una struttura simile a quella dell’emoglobina ed ha la funzione di riserva di

ossigeno per le necessità metaboliche della cellula muscolare. La presenza nelle fibre di queste

molecole di riserva è importante soprattutto durante la contrazione: in concomitanza con

l’accorciamento dei capi della fibra muscolare, infatti, si ha un proporzionale aumento del calibro

della fibra stessa. Di conseguenza, i capillari sanguigni, disposti a spirale attorno alle fibre,

vengono compressi e l’afflusso d’ossigeno al muscolo viene così ridotto, la cellula va in

anaerobiosi e comincia a produrre acido lattico (che stimola le terminazioni nervose del muscolo

provocando una sensazione di dolore).

Le fibre muscolari striate scheletriche si possono poi dividere in due tipologie estreme fra le quali

sono comprese tutta una serie di sfumature:

- fibre bianche: sono più grandi, possiedono una maggiore quantità di elementi contrattili e,

conseguentemente, il sarcoplasma interposto fra le miofibrille è scarso. In questo tipo di

fibre la linea Z è molto sottile e la linea M quasi scompare. I mitocondri sono pochi e si

localizzano soprattutto in vicinanza della triade. Queste fibre sono relativamente povere di

mioglobina (per questo sono chiamate bianche), ma sono ricche di glicogeno che

conferisce loro caratteristiche di PAS positività. Si può quindi intuire che queste fibre

producono ATP specialmente attraverso la fermentazione lattica che è una via metabolica

poco redditizia;

- fibre rosse: sono più piccole delle bianche, possiedono proporzionalmente meno miofibrille

e queste hanno una linea Z ed una linea M ben visibili. I mitocondri, molto numerosi,

formano delle colonne continue negli interstizi fra le miofibrille. Abbondano inoltre nella

zona subplasmalemmale. Il reticolo sarcoplasmatico è un po’ meno fitto di quello delle fibre

bianche. Queste fibre hanno molto meno glicogeno e molta più mioglobina, in quanto il loro

metabolismo e soprattutto di tipo aerobico, cioè si basa sulla fosforilazione ossidativa del

piruvato nei mitocondri.

La modalità di contrazione dei due tipi di fibre è diversa: le fibre bianche sono responsabili delle

contrazioni fasiche, potenti e veloci ma di breve durata, tipica dei muscoli che compiono

movimenti rapidi come i muscoli delle corde vocali o i muscoli delle ali degli uccelli. Le fibre rosse

sono invece responsabili delle contrazioni toniche, meno potenti ma capaci di perdurare a lungo.

Sono muscoli di tipo tonico i muscoli posturali e i muscoli delle gambe.

Fra le fibre bianche e le fibre rosse vi sono possibilità intermedie, per cui ogni muscolo del nostro

organismo può avere una composizione massimamente adatta al tipo di sforzo che deve

compiere.

Tessuto muscolare striato cardiaco o miocardico

Trattandosi di un muscolo striato è anch’esso costituito da miofibrille con la tipica striatura

trasversale dovuta ai sarcomeri.

Tuttavia, vi sono differenze sostanziali fra il tessuto muscolare striato miocardico e quello

scheletrico in quanto gli elementi che compongono il muscolo cardiaco, i cardiomiociti, non sono

elementi sinciziali. Qualora si formino dei sincizi (cosa che può succedere soprattutto nei

ventricoli), essi sono costituiti a partire da non più di 2-3 elementi mononucleati ed è quindi molto

difficile trovare più di tre nuclei nella stessa massa citoplasmatica. La stragrande maggioranza dei

cardiomiociti è formata da cellule isolate mononucleate. Ciononostante, tra cardiomiociti contigui si

formano delle giunzioni intercellulari che fanno sì che i vari cardiomiociti si comportino come un

elemento sinciziale soprattutto dal punto di vista della contrazione, che avviene in maniera

sincrona in tutto il miocardio.

Un’altra differenza fondamentale sta nel fatto che, mentre nel muscolo scheletrico i nuclei si

collocano in sede subsarcolemmale, nei cardiomiociti il nucleo si colloca al centro della cellula: in

questo punto le miofibrille “si scansano” per lasciargli posto.

Dal punto di vista ultrastrutturale

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Publisher
A.A. 2017-2018
6 pagine
SSD Scienze biologiche BIO/17 Istologia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher camo.milla di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Istologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Bani Daniele.