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Sono continui i riferimenti alla legislazione di cui si parla con ammirazione, e alla
totale assenza del concetto di proprietà (« Le porte hanno due battenti che non vengono
3 Ivi, p.28 2
mai chiusi o serrati, s’aprono alla minima pressione d’una mano e si richiudono
4
immediatamente da sé; entri pure chiunque, tanto non esiste alcuna proprietà privata! ») .
Hanno pochissime leggi perché uno Stato così perfetto ne richiede pochissime, e
gestiscono la cosa pubblica in modo così efficiente e giusto che la virtù è sempre premiata,
e l’uguaglianza Inoltre gli abitanti dell’isola
dei cittadini non fa mancare nulla a nessuno.
concordano sul fatto che una distribuzione equa e giusta dei beni, nonché il vero
« non s’abolirà completamente
benessere, saranno irrealizzabili sino a quando la proprietà
migliore dell’umanità rimarrà schiacciata
privata; finché questa esisterà la parte 5
dall’inevitabile fardello Gli abitanti dell’isola sono anche
della povertà e della miseria .
»
riusciti a comprendere, con freddo raziocinio, che monete e metalli preziosi come l’oro
hanno valore solo perché è stato l’uomo stesso ad attribuirglielo e, abolendo l’uso del
denaro, hanno cancellato la cupidigia e risolto definitivamente una piaga sociale come la
povertà. Itlodeo discorre ancora e minuziosamente dell’isola, elencando tutte le
Nel secondo libro
sue “buone leggi” e analizzando abitudini e usanze dei suoi abitanti. Si sofferma su una
descrizione dettagliata del luogo, sugli aspetti riguardanti la sua natura, ma anche la
a opera dell’uomo:
geografia dell’urbano, e dunque costruzioni e modifiche racconta delle
città, e in particolare della capitale, Amauroto, di figure di spicco come quelle dei magistrati
(e di qui una serie di riflessioni sull’organizzazione giuridica), dei mestieri, dei rapporti
sociali, dei viaggi degli utopiani, riflette sulla figura degli schiavi e sul loro ruolo nella
società, loda il rifiuto categorico della guerra in tutte le sue forme e conclude con una
digressione sulla religione degli abitanti di Utopia.
essendone il conquistatore, diede all’isola il proprio nome. In precedenza
Utopo, veniva
e anche in questo caso l’uso di un
chiamata Abraxa, nome sacro utilizzato da mistici e
4 Ivi, pp.75-76
5 Ivi, p. 63 3
gnostici, ribadisce l’idea dell’irrealtà. L’isola conta 54 grandi città (evidente il richiamo alle
unite da un’unica lingua, dagli stessi costumi e dalle medesime leggi;
54 contee inglesi) e nell’aspetto, e questa somiglianza
esse sono simili anche dal punto di vista geografico,
Un re coordina le varie istituzioni, e ha l’onore e l’onere di
promuove la concordia.
rappresentare il suo popolo. Ogni anno tre saggi anziani da ogni città si recano nella
capitale per discutere e dibattere i problemi del paese. Nelle principali attività, agricoltura e
allevamento, grande valore ha la collaborazione tra gli abitanti, che permette di
raggiungere grandi risultati. Tutti fanno lavori utili e senza sprechi di tempo, tanto che
spesso non c’è bisogno di ulteriori interventi e viene proclamata una riduzione dell’orario di
Oltre all’agricoltura, cui ognuno si specializza in un’attività
lavoro. tutti si dedicano,
particolare, ad esempio la lavorazione della lana e del lino, oppure diventano muratori,
fabbri, falegnami, ma non esistono altri mestieri degni di nota, poiché bisogna soddisfare
solo le necessità, non il lusso, né tantomeno alimentare il mercato, poiché il commercio è
pressoché inutile. Ciò che accomuna operai e artigiani di ogni paese è il lavoro duro:
questo non si verifica invece a Utopia, dove si cerca di ridurre il lavoro fisico, perché una
ammazza di fatica lavorando come bestie dall’alba al
condizione simile, in cui ci si «
6
tramonto è peggiore della schiavitù.
»
Anche i giochi devono essere edificanti, per cui non si conoscono i dadi o altri simili
7
passatempi “stupidi e dannosi” , preferiti invece dai principi. Come trascorrere il tempo
libero, dunque? La risposta, che non lascia spazio a interpretazioni, è contenuta addirittura
normativo fondamentale:
nell’atto La costituzione della loro repubblica ha come primo
«
scopo questo: tutto il tempo che non è strettamente necessario agli interessi dello Stato
dovrebbe essere usato dai cittadini per sottrarsi alla schiavitù del corpo, dedicandosi alla
libertà dello spirito e della cultura; secondo loro, infatti, è così che si raggiunge la felicità in
6 Ivi, p.80
7 Ivi, p.81 4
8
questa vita . È nel piacere che sta tutta, o la maggiore, felicità umana. Intelligenza, diletto
»
derivante dalla contemplazione della verità, ricordo della vita passata e speranza di un
bene futuro sono piaceri dello spirito; i piaceri del corpo sono invece quelli più strettamente
sensibili e quelli che garantiscono una condizione di quiete e di equilibrio che è la vera e
« 9
propria salute di ognuno . La ragione, tuttavia, è imperfetta senza religione, dunque
»
senza quest’ultima la ricerca della vera felicità sarebbe impossibile. Gli utopiani si dedicano
spesso alla musica, alla lettura di classici, all’astronomia e alla geometria.
Nessuno ha libertà di oziare e non esiste alcun pretesto per starsene con le mani in mano:
non esistono osterie, bordelli, birrerie o altre occasioni di corruzione. Lo stile di vita degli
utopiani garantisce abbondanza di tutti i beni e il loro modo di distribuirli ha eliminato
povertà e indigenza.
Gli utopiani ripudiano e aborriscono guerre e battaglie etichettandole come azioni bestiali.
La gloria derivante dalla guerra è considerata la più indegna: si gloriano di vincere come
soltanto l’uomo può essere in grado di fare, attraverso la ragione e l’ingegno. Per quanto
riguarda la professione religiosa, chiunque è libero di seguire e predicare la religione che
preferisce; può anche cercare di diffondere le idee della sua religione, purché ciò avvenga
con persuasione pacifica. Gli atei, invece, non sono puniti, ma vivono nel disprezzo degli
abitanti dell’isola.
Altrove si parla tanto di interessi pubblici, ma poi ci si dedica esclusivamente a quelli privati
ed è sempre più frequente imbattersi in cospirazioni di ricchi che mirano esclusivamente a
curare il proprio tornaconto: lì invece, non essendoci nulla di privato, neanche la proprietà,
c’è dedizione totale al bene comune.
8 Ivi, p.85
9 Ivi, p.109 5
Moro conclude il romanzo con la flebile speranza che molte delle caratteristiche, degli usi e
di Utopia
delle ammirevoli tradizioni dell’isola possano essere introdotte nei vari paesi,
speranza ovviamente destinata a rimanere tale, solo una provocazione.
L’idea, senz’altro geniale, che aprirà ulteriormente la strada a un genere letterario nel quale
10
l’unico precedente era rappresentato da “La di Platone (IV secolo a.C.)
Repubblica” , è
proprio quella di usare lo spazio letterario per muovere una critica alla società
contemporanea, in particolare con una sottile e sferzante satira contro l’Inghilterra del XVI
secolo, contro i suoi difetti e le sue contraddizioni, ad esempio le centinaia di contadini
costretti alla delinquenza a causa della disoccupazione mentre prati immensi sono lasciati
al pascolo di poche pecore.
L’utopia rappresenta, da Moro in poi, una vera e propria “novità”, un nuovo spunto di
filosofico l’utopista
riflessione che troverà spazio in ogni ambito del sapere. Nel campo
fonda il suo ideale su due realtà parallele, il rifiuto del possibile e la fuga nell’impossibile. In
storico il vagheggiamento dell’utopista è tradizionalmente associato all’idea di una
ambito
pace mondiale, mentre i riferimenti concreti nella storia delle dottrine politiche sono
sicuramente a una delle prime correnti del pensiero socialista moderno, il socialismo
utopistico, che mirava alla giustizia sociale propugnando una generale riforma della società
e dello Stato. I temi economici dell’utopia sono tutti osservabili nell’opera di Moro:
distribuzione equa e paritaria dei beni, cittadini che fanno un lavoro che apprezzano,
dedicandosi ad esso per il bene comune, totale abolizione del denaro.
Non mancano, ovviamente, le critiche a questo modello, avanzate nel XX secolo da
pensatori e filosofi liberali in particolare. La principale obiezione riguarda il fatto che non è
oggettiva di “uomo perfetto”,
possibile stabilire in maniera incontrovertibile una definizione
non è possibile conoscere cosa è il bene e cosa è il male, e non si può essere sicuri di
10 Platone, La Repubblica (Politéia), 390-360 a.C. circa.
6
essere nel giusto nel determinare cosa può davvero migliorare la società e renderla in tal
“utopica”.
modo
Nella prima metà del XVII secolo vengono pubblicate due opere che si collocano nello
11
stesso ambito letterario. Si tratta de “La e “La
città del Sole” di Tommaso Campanella
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nuova Atlantide” di Bacone. Ognuna di queste opere ha specifiche caratteristiche proprie,
ma esistono sicuramente elementi di contatto. Esse condividono innanzitutto
l’idealizzazione del luogo, con isole geograficamente ben lontane dalle società europee:
questa strategia permette di creare un netto contrasto tra i vagheggiamenti utopici e la
realtà contemporanea. Queste società si collegano in maniera quasi profetica a quelli che
saranno gli ideali del comunismo, e ciò è evidente nell’assenza della proprietà privata, per
che “tutto appartenga a tutti”.
fare in modo ovvio che, quando gli scrittori di utopie parlano
È
dei loro “mondi” alternativi, non si tratta solo di chimere, ma di coraggiose proposte con
l’auspicio di realizzare qualcosa di diverso, a partire da un senso di insoddisfazione e
scoramento. Si tratta spesso di una fuga dalla realtà, dalle manie degli uomini assetati di
possesso, e desiderosi, con il loro egoismo, di avere tutto e subito, e in questo caso è
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evidente il richiamo alla “mala machiavelliana
contentezza” .
l’autore irlandese Oscar Wilde ad accennare all’utopia, nel
Molto più tardi, nel 1891, sarà
saggio dal titolo “L&rsquo