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MACHIAVELLI CANCELLIERE DELLA SECONDA

REPUBBLICA

Nel 1498 Machiavelli inizia la sua carriera politica come cancelliere per la

Repubblica di Firenze, dopo l’uccisione di Savonarola. Ricoprendo tale ruolo

ebbe la possibilità di conoscere

importanti personaggi politici

dell’epoca e forgiò le sue idee

politiche. Osservando il modo in cui

veniva esercitato il potere dai capi di

stato, arrivò a criticarne alcuni. Ad

esempio affermò che il re di Francia,

Luigi XII, era incapace di prendere

decisioni e che Massimiliano

d’Austria era inaffidabile. Per contro

descrisse il Duca Cesare Borgia

come un uomo dotato di molteplici

abilità sia razionali che pratiche,

pertanto lo riteneva l’esempio del

politico virtuoso. Ciononostante, e le vicende storiche ce lo dimostrano, questi

tre sovrani fallirono, le cause del fallimento sono dovute alla loro incapacità di

adattarsi alle circostanze esistenti al loro tempo, continuando ad avere la

pretesa che le situazioni dovessero adattarsi al loro tempo ed alle loro

esigenze.

Nel 1512 Machiavelli perde la carica di cancelliere e viene imprigionato. Verrà

scarcerato nel 1513, a seguito dell’amnistia di Papa Leone X. Dopo questo

negativo episodio della sua vita, Machiavelli scrive “Il Principe” con lo scopo

di denunciare l’inadeguatezza della classe politica della sua epoca.

Nell’opera auspica l’arrivo di un Principe che sia in grado di eliminare le

signorie, per la costruzione di uno Stato unitario dotato di un esercito formato

da proprie milizie e non da mercenari.

CONFRONTO TRA IL PENSIERO DI MACHIAVELLI E

QUELLO DI CICERONE

Nel “Principe” Machiavelli descrive la virtù, intesa come flessibilità di sapersi

adattare ai tempi ed alle situazioni, siano esse virtuose o malvage. Sul tema

della virtù il suo pensiero si trova in contrapposizione con quello di Cicerone.

Nell’opera “Dei Doveri” Cicerone ritiene che esistano quattro virtù cardinali:

 Prudenza;

 Giustizia;

 Coraggio;

 Temperanza;

A queste virtù ne aggiunge altre, tra cui quella dell’onestà, della magnanimità

e generosità del Principe. Cicerone sostiene che solo con metodi morali si

può raggiungere l’oggetto dei propri desideri. Nel “Principe” di Machiavelli non

compare questo tratto della morale, o comunque viene inteso in senso

diverso. Ritiene che se un Principe vuole governare e desidera perseguire i

suoi obbiettivi più grandi, non sempre troverà razionale essere morale.

Un’altra caratteristica del principe che si deduce da una citazione di

Machiavelli è:

“non partirsi dal bene potendo, ma sapere entrare nel male, necessitato”.

Di contro Cicerone nel “Dei Doveri” afferma che vi sono due modi per

compiere il male, o per forza o per frode, e sostiene che entrambe siano

bestiali. Anche Machiavelli ritiene che ci siano due modi di agire, uno proprio

dell’uomo ed uno proprio delle bestie.

Per Machiavelli lo scopo del Principe è quello di conquistare la gloria e gli

onori, e per ottenerli il Principe deve essere un bravo simulatore e

dissimulatore, in grado di aggirare i cervelli degli uomini e far si che essi

credano a ciò che piace a loro, dal momento che gli uomini di ogni epoca

sono ingrati, volubili e dissimulatori. In sintesi il Principe virtuoso agisce

senza avere riguardi per i suoi amici e nemici, ed allo stesso tempo deve

apparire di fronte ai suoi sudditi in tutta la sua maestosità. Di contro Cicerone

afferma che sia un grosso sbaglio sostenere di conseguire la gloria con la

sola arte della simulazione, in quanto la vera gloria ha radici profonde e si

espande attraverso i suoi rami, mentre le simulazioni sono destinate a cadere

per terra come i fiori.

Machiavelli si contrappone al pensiero di Cicerone con due motivazioni:

 La prima è che gli uomini sono ingenui ed inclini all’autoinganno e

prendono le cose così come appaiono, in modo acritico;

 La seconda è che quando si guarda il Principe, anche l’osservatore più

attento ed acuto giudica solo le apparenze, poiché vede come lui

appare e non come il Principe è realmente. Un Principe che usa l’arte

dell’inganno troverà sempre uomini da ingannare;

Per quanto riguarda il discorso sulla crudeltà dei principi, Machiavelli afferma

che nella scelta tra essere amati o temuti, un Principe è molto più sicuro del

proprio potere se è temuto, in quanto i sudditi, in assenza di paure o pene,

non perderanno l’occasione di ingannarlo per i propri scopi.

“I DISCORSI SOPRA LA PRIMA DECA DI TITO LIVIO ” DI

MACHIAVELLI

L’opera “I Discorsi” fu

scritta da Machiavelli

nel 1513, in questo

periodo era membro

del circolo umanistico

degli Orti Oricellari. Si

tratta di un’opera che

ha sia un carattere

storico che politico.

L’oggetto dei “Discorsi” è la storia romana, ed in particolare la Repubblica

Romana. Grazie allo studio della storia romana Machiavelli conclude, che

sotto certi profili, la repubblica è da ritenere una scelta migliore rispetto al

principato. Osserva che, mentre nella repubblica fiorentina i dissidi tra ricchi e

poveri rischiano di distruggere le istituzioni repubblicane, a Roma vengono

ricomposti e riassorbiti nella Costituzione repubblicana, in quanto è

consentito alle classi sociali di esprimere le proprie istanze nei luoghi adatti.

A Roma, osserva Machiavelli, le buone leggi erano frutto del buon

funzionamento degli organi istituzionali, legati da tre principi: consoli, senato

e tribuni. Tuttavia l’ordine sociale non si ottiene solo grazie alle buone leggi,

ma è necessario anche che siano presenti in tutto il popolo i cosiddetti “boni

more”, cioè i buoni costumi e le buone tradizioni. I “boni more” vengono intesi

anche come spontanea obbedienza alle leggi dello stato, ed il popolo di

Firenze ne era privo. I cittadini della repubblica romana obbedivano

spontaneamente alle leggi, ed è proprio tale obbedienza che rende possibile

il permanere delle istituzioni repubblicane nel lungo periodo. Il popolo romano

diventa popolo nel momento in cui si sottomette alle leggi ed obbedisce

spontaneamente, senza essere costretto a farlo. A Firenze tutto ciò non è

possibile per un semplice motivo, manca un popolo, c’è solamente un volgo

che non obbedisce alle leggi dello Stato. Quando ciò accade è necessario

che intervenga il Principe. Dunque il popolo obbedisce spontaneamente alle

leggi dello stato? Machiavelli, nei “Discorsi” risponde dicendo che il popolo

ubbidisce alle leggi dello stato perché ritiene, che cosi facendo, ubbidisce alla

divinità. Il popolo ritiene che il legislatore, nel momento in cui emana le leggi,

adempia ad un compito che equivale a fare la volontà divina. Per Machiavelli

al fondamento dello stato e degli orientamenti repubblicani sta la religiosità

del popolo. Tuttavia nella Firenze dell’epoca, in quanto manca il timore di Dio,

è necessario far intervenire il timore nei confronti del Principe. Per questo il

Principe deve essere temuto e rispettato. Va tenuto anche presente, però,

che nel “Principe” Machiavelli consiglia al principe di evitare di far scivolare il

timore che il popolo deve nutrire nei suoi confronti, in disprezzo. Il timore non

deve essere esasperato, ed il Principe non deve infierire sul popolo, perché

se il popolo temesse in modo esagerato il Principe e giungesse a

disprezzarlo, ciò porterebbe alla caduta del Principe e dunque al fallimento

del suo obbiettivo di mantenere il proprio potere. È studiando la storia che

Machiavelli afferma che la repubblica è un’ottima forma organizzativa.

Dunque Machiavelli separa la politica dalla morale e dalla religione, la politica

deve essere esercitata con regole proprie, ciononostante i confini che egli

traccia non escludono morale e religione dall’ambito politico, tanto che se il

principe non crede nella stessa fede del popolo, deve fingere di credere. La

religione è intesa da Machiavelli come fondamento di uno stato libero. Si

tratta di una religione civile e la divinità risulta essere lo stato stesso. Sulla

base di questa condizione le istituzioni repubblicane possono durare per

sempre, ma non dovunque ed ovunque. Quando mancano i costumi del

popolo la costituzione repubblicana non è possibile come istituzione duratura.

La storia dell’Italia, dal 1300 in poi, è tale da giustificare l’assenza dei costumi

repubblicani nella cultura popolare dell’Italia stessa. Il volgo italiano, in

particolare quello fiorentino, è stato allontanato dalla possibilità di darsi buoni

costumi.

Conclusioni sulla visione di Machiavelli per Quentin

Skinner

Quentin Skinner ha analizzato il pensiero di Machiavelli in due modi diversi:

 elabora un'interpretazione storica di Machiavelli;

 si ispira a Machiavelli per il suo tentativo di recuperare il

repubblicanesimo ed il suo ideale di libertà, per trovare una nuova

strada nel dibattito

contemporaneo;

Secondo Skinner Machiavelli,

come pensatore repubblicano e

teorizzatore di una nozione di

libertà, è ancora

contemporaneo. Skinner si

focalizza non tanto sull’opera “Il

Principe”, ma piuttosto su quella

dei “Discorsi sopra la prima

deca di Tito Livio”, in quanto ritiene che in quest'opera Macchiavelli appare

come il teorico di una forma repubblicana di autogoverno. La riflessione che

Skinner opera su Machiavelli non avviene in modo unitario, in quanto come

strategia espositiva decide di separare le sue due opere principali.

Tuttavia Skinner sottolinea che il discorso che Macchiavelli espone su i

rispettivi meriti del “Principato” e della “Repubblica” non costituiscono un

discorso astratto, in quanto è un discorso che tiene conto delle condizioni

storico-politiche in cui quelle forme di governo devono essere attuate, e del

peso che ha la storia ed i suoi capovolgimenti sulla politica. Il principato è la

forma di governo che viene raccomandata in un momento storico-politico

preciso. Machiavelli, in entrambe le opere, sottolinea che in condizioni di

avanzata corruzione politica sarà sempre necessario fare affidamento sul

governo di un solo uomo, il principe, che farà uscire la città o lo Stato dalla

condizione di decadenza.

Skinner nella sua opera di interpretazione di Machiavelli affronta in modo

dettagliato i pensieri che stanno alla base delle sue due opere principali. Si

trova in

Dettagli
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A.A. 2016-2017
19 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/04 Scienza politica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher titty734 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Scienza dell'amministrazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Padova o del prof Gangemi Giuseppe.