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CICERONE E CATILINA

L’operato di Cicerone, nei tempi avversi della

Repubblica romana, fu molto importante.

Cicerone è noto per essere un difensore della

libertà, e quando scoprì che Catilina stava

escogitando una congiura contro i consoli, gli si

oppose aspramente.

Catilina fu un uomo di grande forza, sia di

animo che di corpo, tuttavia era dotato di un

animo malvagio, stratega e cattivo. Non era

avverso, ad esempio, ad episodi come razzie,

omicidi o discordie civili. Nel 63 a.C., dopo

essergli stato impedito più volte di diventare

console, Catilina decise di ordinare una

congiura per rovesciare la Repubblica romana, contando soprattutto sull’aiuto

della plebe, alla quale prometteva radicali riforme, e dei nobili decaduti, ai

quali prometteva il conferimento di cariche pubbliche. Possiamo dire che

Catilina volesse assumere un potere monarchico. Ma Cicerone, console in

carica, riuscì a sventare l’attacco. Cicerone denuncia di fronte al Senato

Catilina, e pronunciò la famosa frase:

“Fino a quando abuserai, Catilina, della nostra pazienza?”

Catalina, dopo essere stato scoperto, è costretto a lasciare la città di Roma e

si ritira in Etruria, presso un suo sostenitore. Tuttavia lasciò nelle mani di due

suoi uomini di fiducia la congiura. Questi erano Lentulo e Cetego, ai quali

promise grandi benefici se lo avessero appoggiato. Cicerone riuscì a scoprire

anche questo sotterfugio, ed entrambi furono accusati di fronte al Senato.

Tuttavia si aprì un dibattito riguardo alla pena che doveva essere inflitta.

Dopo che molti avevano sostenuto la pena di morte, Cesare propose di

condannare Lentulo e Cetego alla confisca di tutti i loro beni e di cacciarli

fuori le mura della città. Nonostante l’alternativa proposta da Cesare, i due

furono condannati a morte, e Cicerone dinnanzi al popolo pronunciò la

formula “vixerunt” (vissero), in quanto non era consentito pronunciare la

parola “morte” all’interno del foro. Catilina fu successivamente sconfitto in una

battaglia assieme al suo esercito.

Contro argomentazioni e conclusioni personali sul “De Re Publica” di

Cicerone

Un primo punto di contestazione alle forme accentrate di potere, che

Cicerone attaccava, è quello relativo alla natura e al ruolo dei Triumviri le cui

finalità erano l’accrescimento della loro forza e l’imporre i loro interessi.

Questo innescava ciò che Cicerone condannava, ovvero una vessazione nei

confronti del popolo, che di contro reagiva con tumulti e guerre civili. Tutto ciò

era possibile evitarlo. I Triumviri rappresentano l’estremo opposto del

concetto di democrazia, che per Cicerone era fondamentali in vista di un

equilibrio nelle varie forme di governo.

L’avversione di Cicerone per le politiche di conquista tramite l’utilizzo della

forza, lo portarono a condannare il dominio che la città di Roma impose

all’Europa e al resto del mondo. Una sua citazione riguardo la vicenda:

“tutti i popoli fiorenti per domini, ed in particolare i Romani che si

impadronirono di tutto il mondo, se volessero essere giusti, cioè restituire le

cose altrui, dovrebbero ritornarsene alle capanne e giacersene in povertà e

miseria…”.

Cicerone nell’opera accusa e contesta la figura di Cesare, che condanna per

il fatto di concentrare in se un potere smisurato, utilizzato per favorire se

stesso ed i suoi alleati. Viceversa viene elogiata ed utilizzata come “bocca”

per parlare durante l’opera, la figura di Scipione. Questo ci dimostra il

discostamento di Cicerone dalla forma di governo della monarchia,

dall’accentramento del potere in una sola persona.

L’analisi dell’opera “De Re Publica” di Cicerone mi ha portato a confrontare

alcuni concetti chiave da lui esposti, con problemi e situazioni presenti al

giorno d’oggi nel nostro paese e nel resto del mondo. Ad esempio il tema

delle forme di governo può essere applicato alla società mondiale odierna, in

cui sono presenti organizzazioni ispirate alla democrazia, stati condotti in

forma monarchica, dittatoriale e parlamentare. In questo scenario può essere

ricondotto anche il tema della virtù affrontato da Cicerone ed il tema del

giusto uomo politico. L’aspetto morale che lui stesso attribuisce alla virtù

dovrebbe emergere anche attualmente come principio fondamentale per

coloro che intendo amministrare il popolo in una ricerca costatante del bene

collettivo. Trovo interessante anche l’analisi delle degenerazioni delle forme

di governo, e di come quest’ultime si ripresentino ciclicamente nel corso della

storia. A mio avviso ciò può essere definito come un’arma a doppio taglio con

un lato positivo ed uno negativo. I cicli storici possono essere vantaggiosi per

coloro che si ritrovano a vivere sotto una forma di governo a loro

svantaggiosa, ma allo stesso tempo può essere svantaggioso per coloro che

si ritrovano nella situazione opposta.

Nel panorama mondiale odierno hanno cessato, fortunatamente, di esistere

forme di governo quali il Nazismo, Fascismo e Comunismo, dove coloro che

erano al potere sicuramente erano privi della virtù morale e disinteressati alla

ricerca del bene pubblico secondo la visione di Cicerone. Tuttavia forme di

governo tiranne, secondo il mio punto di vista, non mancano nemmeno oggi,

basti pensare alla Corea del Nord che è guidata da un dittatore moderno

come Kim Jong Un. In conclusione trovo l’opera di Cicerone molto

interessante e per certi punti di vista ed argomenti trattati potrebbe essere un

buon strumento di risoluzione dei problemi presenti attualmente nel nostro

mondo. “De bello civili” di Giulio Cesare

L’opera “De Bello Civili” di Giulio

Cesare tratta nel migliore dei modi il

momento critico del passaggio da

Repubblica ad Impero. Offre uno

sguardo di carattere storico- militare,

che non potrebbe essere dato da un

trattato filosofico, ed offre un’attenta

analisi, sebbene mediata dall’autore,

sulle vicende politiche tra Cesare e

Pompeo a seguito della guerra civile,

iniziata il 1° gennaio del 49 a.C.

L’opera è suddivisa in tre libri, nei

quali vengono descritte le relative vicende:

 Primo libro: al Senato romano viene presentata una lettera di Cesare,

nella quale propone di deporre l’esercito, ma solamente se

contemporaneamente ciò viene fatto anche da Pompeo, suo nemico. I

consoli filopompeiani propongono che sciolto solamente l’esercito di

Cesare. I tribuni filocesariani sono costretti, dopo tale vicenda, a

fuggire da Roma. Successivamente Cesare passa il Rubicone,

pronunciando la famosa frase “il dado è tratto”. Cesare a questo punto

si espande territorialmente con la conquista delle città di Rimini, Pesar,

Arezzo, Ancona ed Ascoli Piceno fino ad arrivare ad assediare la città

di Brindisi, in cui si trova Pompeo che è costretto a fuggire in Grecia;

 Secondo libro: Cesare con il suo esercito si dirige in Spagna, alla volta

della conquista della città di Marsiglia, che era fedele a Pompeo. Nel

frattempo in Africa, l’alleato di Cesare, Curione si scontra nella città di

Utica con il pompeiano Azzio Varo. Curione viene sconfitto e muore in

battaglia. Dopo questo episodio Cesare si dirige a Durazzo, con lo

scopo di sconfiggere Pompeo, il quale si dirige a Farsalo;

 Terzo libro: Cesare dirige il proprio esercito a Farsalo, e dopo una dura

battaglia sconfigge Pompeo, il quale scappa in Egitto, luogo in cui

verrà assassinato dai ministri del re Tolomeo. Cesare torna vittorio per

festeggiare le sue conquiste;

La caratteristica di ricerca della pax interna, considerata dai romani come

prerogativa assoluta per una società civile, fu utilizzata sia dai sostenitori

dell’Impero sia da quelli della Repubblica come argomentum ad hominem.

Questo tema è utilizzato saggiamente da Cesare per descrivere se stesso,

nel corso della vicenda, come uomo virtuoso il cui scopo è garantire la pace,

è ciò si percepisce ad esempio nel risparmiare i soldati filopompeiani e gli

amici traditori. Viceversa gli avversari vengono descritti come empi ed

aggressivi, non capaci di mantenere un solenne giuramento e debiti al lusso.

Pompeo Cesare

Cesare si fa portavoce di quello che viene definito il mos maiorum,

confrontato con l’empietà che invece dimostrano gli avversari. Possiamo

definire questa tecnica politica come un meccanismo di disumanizzazione

dell’avversario, cioè renderlo incompatibile con i costumi della popolazione. In

questo caso il riferimento al mos maiorum è palese, i soldati pompeiani sono

arroganti, lussuriosi ed empi, inoltre sono privi della virtus militare, cioè

quell’eroismo del quale le truppe di Cesare erano piene.

Tutti e tre i libri che compongono il “De Bello Civili” sono ricche di argomenti

di carattere militare e di numerose riflessioni politiche. È interessante notare

come Cesare si giustifica per la decisione di aver innescato la guerra civile,

esso afferma che è e fu sempre stato il primo a voler deporre le armi e a voler

sciogliere la questione del Senato, tuttavia a patto che anche il suo

avversario facesse la stessa cosa. Le stesse argomentazioni furono riportate

dall’avversario Pompeo, e ciò aumentò i dubbi nei confronti di entrambi.

L’impossibilità di fiducia e di certezza fa ricadere i due contendenti in quello

che sembra lo stato di natura di Hobbes, dove però non si è in grado di

trovare un patto, e la conseguenza è quella di ricadere nella soluzione della

violenza.

Contro argomentazioni e conclusioni personali sul “De Bello Civili”

Cesare astutamente omette in quest’opera le argomentazioni dei

Repubblicani, le modifica nei contenuti e nelle finalità, per questo motivo è

difficile ottenere una visione critica della questione Repubblica ed Impero se

non si considerano anche altri autori. Tuttavia anche gli oppositori di Cesare

sono altrettanto astuti e di parte, dunque anche in tal caso non è possibile

considerarli in modo esclusivo per analizzare il fulcro del dibattito.

Una questione importante , che sia Pompeo che Cesare trattano, è quella

della virtus. Il significato che sta alla base di tale parola è il medesimo, intesa

come coraggio , sacrifico ed eroismo, tuttavia cambia il destinatario a cui è

riferita. Da un lato questo sentimento trova fondamento nella Repubblica,

mentre nel secondo caso trova fondamento nella figura del singolo generale,

in tal caso Cesare. Cicerone

L’idea che viene proposta da

Cicerone, antagonista si

Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
16 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/04 Scienza politica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher titty734 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Scienza dell'amministrazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Padova o del prof Gangemi Giuseppe.