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Lettere, Musicologia e scienze dello spettacolo SP.
Storia del cinema italiano SP.
VIAGGIO INTORNO A LA DOLCE VITA: ANALISI DELLA STRUTTURA E DELLE TEMATICHE CARATTERIZZANTI L’OPERA FELLINIANA.
Indice
- Introduzione.............................................................p. 3
- Aspetti strutturali.............................................................p. 4
- Le tematiche felliniane..............................................p. 9
- 3.1 L'apparizione.............................................................p. 9
- 3.2 Il sacro.............................................................p. 11
- 3.3 La prostituta.............................................................p. 12
- 3.4 Il circo.............................................................p. 13
- Conclusione.............................................................p. 15
- Apparato iconografico.............................................................p. 16
Fellini, in definitiva, non ha eliminato completamente la classica struttura narrativa, ne ha piuttosto creato un’ibridazione, poiché fonde modelli e canoni che non rispondono più a quelli del cinema tradizionale ma, allo stesso tempo, ne rispetta i vari principi strutturali.
Tali principi sono quelli del film classico hollywoodiano (e secondo me si possono individuare, in maniera più o meno evidente, in La Dolce Vita):
- l’azione volta al raggiungimento di un obiettivo specifico;
- la doppia trama;
- le fasi distinte;
- le cause penzolanti o la predisposizione di cause per eventi futuri;
- i tempi massimi.
Secondo la norma del primo punto i personaggi principali vogliono sempre qualcosa e il racconto mostra i loro tentativi per raggiungere un obiettivo. Gli sforzi sostenuti producono essi stessi dei cambiamenti nei personaggi, che talvolta si rendono conto che il loro obiettivo è una chimera, oppure che non meritatano il risultato.
Tale principio lo ho riscontrato già nelle iniziali battute di Marcello, che si dichiara insoddisfatto della sua attuale professione e aspira a un miglioramento su questo piano, anche se comunque è già arrivato a condurre una vita economicamente buona, situazione raggiunta in tempi recenti, come si può dedurre dalla casa ancora in fase di restauro, dove risiede Emma. La sua insoddisfazione traspare anche dalle parole rivolte a una poetessa in casa Steiner:
“…adesso faccio un mestiere che non mi piace, ma penso a quello che occorrerà domani…”10
Per quanto riguarda la regola della doppia trama, il protagonista deve avere sempre due linee d’azione, una delle quali è costituita da un rapporto d’amore eterosessuale. Spesso ricorre la formula di un rapporto conflittuale tra lavoro e relazione amorosa; le responsabilità professionali finiscono per condizionare i legami sentimentali e viceversa.
In questo specifico caso, il rapporto tra il protagonista e la sua fidanzata sfocia in una duplice lotta interiore: il conflitto creatosi tra l’obiettivo professionale e la sfera amorosa (si pensi alla telefonata con scenata di gelosia di Emma durante la conferenza stampa di Sylvia) e la lotta tra il timore di Marcello di restare invischiato in un rapporto coniugale parzializzante (si noti infatti come, subito dopo l’episodio della scenata di gelosia, la scena si conclude con un’immagine della
10 Marcello si esprime in questi termini nei confronti di una poetessa conosciuta durante la serata in casa Steiner, dopo aver lodato le sue poesie.
3.2 Il sacro
Il film rivela che, dietro al cristianesimo di facciata della nazione, si cela il mostro della Roma pagana.
Un vero gioiello è la scena della fontana di Trevi: "...con le spalle nude e un leggero vestito di mussola, l’attrice sguazzava nell’acqua trascinando dietro di sé il suo partner riluttante. Alla fine delle riprese [...] si è allontanata in fretta buttandosi sulle spalle, come un accappatoio di spugna, la pelliccia di visone.”
Sylvia è qui ritratta come una nuova Venere che, con un rito di abluzione, risorge dalle acque spumeggianti, come una divinità pagana in un luogo tradizionalmente cattolico, una contrapposizione tra sacro e profano che troviamo anche nella folla, presente in due momenti del film: all’arrivo di Sylvia (divinità pagana) e nel momento del falso miracolo (riferimento cristiano) quando, in un’orgia di follia, si aspetta l’apparizione della Madonna; alla fine, tutto si tradurrà in una buffonata mediatica che mette in risalto quanto la mentalità sia cambiata: nel passato la religione era avvicinata con rispetto e timore, ora è presa come scusa per lucrare.
Come ricorda Pinelli, Fellini era un sognatore che o sognava o si inventava le cose, e proprio per questo aveva bisogno di credere in un soprannaturale. Era rispettoso della religiose cattolica, ma ne prendeva in giro gli aspetti più pubblicistici. Rispettava anche i sentimenti che questi “eventi” provocavano nel popolo, li descriveva con ironia, ma anche con rispetto, mai con derisione.
Famosa anche una scena, poi tagliata, che vede protagonisti Marcello e Sylvia che, giunti sulla sommità di un sacro edificio (Basilica di San Pietro) iniziano a parlare di Giotto; all’improvviso una folata di vento fa volare via dalla testa della diva il cappello nero da prete che, attraverso un lavoro di telecamere, sembra ricoprire Roma, lasciando intendere il grande potere del Vaticano sulla città.
Scene, queste, che suscitarono la disapprovazione della Chiesa, tanto che La settimana del Clero inviò i fedeli a far celebrare messe di espiazione per coloro che avevano visto il film.
16 Indubbia l’influenza de La dolce vita sulla moda: i costumi del film, realizzati da sarti italiani, vinsero l’Oscar e diventarono il simbolo del gusto italiano in tutto il mondo. La moda de La dolce vita è quella delle sorelle Fontana, di Fernanda Gattinoni e di Schubert.
17L’Espresso, 19 aprile 1959.
11
Anita nella fontana, un'immagine mitica.