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Dal sodalizio tra Harriet Taylor e suo marito, John Stuart Mill, derivarono due importanti saggi sulla questione femminile.

In The Enfranchisement of Women, del 1851, Taylor parte dal diritto naturale di ogni essere umano ad esprimere liberamente le proprie capacità, osservando che l'esercizio del potere politico conquistato dagli uomini ha provocato la condizione di sudditanza in cui le donne si trovano. L'emancipazione della donna sarà possibile quando essa potrà godere degli stessi diritti concessi all'uomo - all'istruzione, all'esercizio delle professioni, alla partecipazione amministrativa e politica - che però le sono ancora negati.

"Le donne che leggono, e ancor più quelle che scrivono, rappresentano nello stato attuale delle cose, una contraddizione e un elemento di disturbo: e si è sbagliato a coltivare nelle donne altre virtù che non fossero quelle di un'odalisca o di una schiava."

UN'ANCELLA. Quando John Stuart Mill scriveva queste parole nell'opera La schiavitù delle donne, per criticare le condizioni che la società aveva creato su misura per le donne, aveva alle spalle una voce che gliele sussurrava, il cui nome è per l'opinione più sconosciuto: quello della moglie, Harriet Taylor. Questa timida e quasi anonima voce guidò la mano del marito nel tracciare uno dei testi più rivoluzionari sullo stato delle donne. Per far tremare i muri di una società, ispessiti dai secoli e dalle consuetudini, Harriet Taylor era consapevole che solo una penna di uomo avrebbe avuto quella forza demolitrice, e nulla venne trascurato: si scagliò contro la legge del più forte, contro il matrimonio forzato, un'educazione che non permetteva di progredire nelle scienze, ma che puntava a rendere ragionevole e persino appetibile la sottomissione. La voce di Taylor condusse la penna del marito oltre la semplice constatazione,

pergiustificare la fine della servitù femminile; perché nonpoteva bastare richiamare la loro intelligenza, il loroacume, la loro sensibilità. Taylor sapeva che tutto ciò nonera sufficiente, e bisognava mettere in campo ben altrimotivi: il progresso di una civiltà necessitava di maggioreforza intellettuale e delicatezza emotiva, e se ciò non fossestato attuato il prima possibile, la società si sarebbeaccartocciata su se stessa, rendendo gli uomini ancora piùpigri e ottusi, e le donne stupide, incapaci di vedere al di làdel proprio naso. Taylor era ben lucida a riguardo, e loaffidò alla scrittura leggera ed efficace del marito, JohnStuart Mill, che divenne uno dei primi femministi dellastoria occidentale.Alla diffusa obiezione che la sua natura biologicaassegnerebbe in modo esclusivo alla donna la cura dei figlie della famiglia, impedendole obbiettivamente il pienoesercizio di quei diritti, Taylor risponde che con

La liberazione dagli impegni familiari – da assegnare alla cura di un apposito personale domestico femminile – la donna potrà conseguire la sua piena emancipazione. Una reale emancipazione non può allora essere ottenuta da tutte le donne, ma solo da quelle della classe media che potranno liberarsi dagli obblighi familiari.

Stuart Mill individua la causa della mancanza di diritti civili della donne nella storica subordinazione della donna all’uomo, la quale è una forma di schiavitù espressione del più generale rapporto schiavile che è stato una delle forme di organizzazione sociale del passato. Le società antiche sono tramontate da secoli e la schiavitù è stata da poco abrogata anche in America, ma l’asservimento delle donne, oggi come ieri, persiste e si realizza innanzi tutto e in forma compiuta nel luogo privato della famiglia.

La schiavitù viene esercitata da tutti gli uomini su tutte le donne e si

realizzainnanzitutto e in forma compiuta nel luogo privato della famiglia. Essa è resa possibile dalla maggior forza fisica dell'uomo, ma si esercita anche con l'affetto: "Gli uomini non vogliono solamente l'obbedienza delle donne, vogliono anche i loro sentimenti. Tutti gli uomini, tranne i più brutali, vogliono avere nella donna che a loro è più legata non una schiava forzata, ma una schiava volontaria, non una pura e semplice schiava, ma una favorita". L'idea che tale servitù sia necessaria e naturale è stata inculcata nelle menti delle donne fin dall'infanzia. Esse sono state educate a pensare di dover essere l'opposto dell'uomo: non devono esprimere "una libera volontà e un comportamento auto-controllato, ma una sottomissione e una subordinazione al controllo altrui. Tutte le morali dicono che è dovere delle donne, e tutti i sentimenti correnti affermano che è proprio dellaloro dedicata sembra essere cambiata nel corso degli anni. Tuttavia, nonostante i progressi compiuti, la questione della parità di genere è ancora attuale e richiede un impegno costante da parte di tutti. Loro natura Vivere per gli altri, compiere una totale abnegazione di sé e non avere altra vita che la vita affettiva. L'asservimento della donna all'uomo si dimostra una contraddizione pratica dell'affermazione teorica dell'eguaglianza dei diritti umani: "La subordinazione sociale delle donne si configura come un fatto unico nelle moderne istituzioni sociali; una rottura isolata di quella che è divenuta la loro legge fondamentale; l'unica reliquia di un vecchio mondo di pensiero e di pratica che è esploso in ogni altro aspetto". Dal 1869, data di pubblicazione del libro, la strada è stata di molto spianata alle donne. Esse pongono il loro nome sulle pagine che scrivono, leggono, decidono se avere dei figli, cercano il loro posto nel mondo, lottano perché altre donne raggiungano gli stessi traguardi. Le donne occidentali sembrano diverse da quelle che Harriet Taylor voleva difendere senza svelarsi, e la persona a loro dedicata sembra essere cambiata nel corso degli anni. Tuttavia, nonostante i progressi compiuti, la questione della parità di genere è ancora attuale e richiede un impegno costante da parte di tutti.

cuidobbiamo essere più grati è una sola: J. S. Mill. Solo lui, il filosofo inglese è stato ringraziato, letto e ricordato per avere scritto un'opera il cui senso controcorrente ha aperto nuovi occhi.

IL FEMMINISMO IN ITALIA

Una delle prime femministe in Italia fu Maria Malliani, contessa Traversari (Bergamo, 1841-1878). Di nobile e ricca famiglia bergamasca, Maria Malliani mise le proprie fortune a disposizione della causa dell'emancipazione delle donne dalle leggi e dal pregiudizio, spendendosi per l'eguaglianza di genere nel contesto della Lombardia di metà ottocento. Traduttrice di testi sui diritti delle donne e autrice di numerosi articoli per "La Donna", Maria Malliani Traversari si suicidò alla vigilia della partenza per Parigi dove era attesa per il Congresso internazionale per i diritti della donna. La sua figura venne ricordata a livello globale all'interno del movimento femminista.

Al congresso del 1878 intervenne invece

Anna Maria Mozzoni, pioniera del femminismo italiano, che fondò nel 1879 a Milano la "Lega promotrice degli interessi femminili", battendosi per il diritto al voto, diritto all'istruzione, all'accesso alle professione e agli impieghi, e una riforma del diritto di famiglia. In Veneto 30 anni dopo, un'altra pioniera del femminismo italiano fu Elisa Salerno (1873-1957), la quale tenne dal 1909 al 1927 un giornale chiamato La Donna e il Lavoro dedicato alla donna intraprendente e impegnata in ambito lavorativo, in cui combatte tutto ciò che ostacola la dignità femminile. Il moderno femminismo italiano nasce con la contestazione studentesca: a Trento si costituisce il circolo Lotta femminista e un collettivo di cinque donne pubblica nel 1972 un libro, La coscienza di sfruttata, che analizza la "questione femminile" da un punto di vista marxista: nella società capitalistica la donna è sfruttata due volte, sia come lavoratrice sia nel

Il suo rapporto con l'uomo. Nel 1969 si costituiscono il Fronte Italiano di Liberazione Femminile (FILF) e il Movimento per la Liberazione della Donna (MLD), espressione del Partito Radicale, che avanzano richieste concrete: istituzione del divorzio, informazione sui metodi anticoncezionali, legalizzazione dell'aborto, creazione di asili nido. L'evoluzione del ruolo e dello status della donna ha mutato profondamente la nostra società nella sua struttura più profonda ed essenziale. Si tratta di un movimento molto ampio e dalle conseguenze molto complesse che probabilmente non conosciamo ancora e che solo il futuro rivelerà nella loro interezza. Il fenomeno appare del tutto nuovo nell'orizzonte della cultura umana: non si può, come spesso avviene nell'urgere della polemica, considerare che la parità uomo-donna sia un fatto ovvio, autoevidente e che solo l'errore o la ignoranza o l'egoismo maschile abbia negato per tanti millenni: gliavvenimenti storici vanno spiegati, non semplicisticamente condannati. Il termine di emancipazione (dal latino: affrancamento dalla schiavitù) suggerisce l'idea che le donne si trovassero prima in una situazione di schiavitù e spesso infatti il termine viene usato per descrivere la condizione della donna nel passato. Dobbiamo allora però chiarire cosa intendiamo per schiavitù: il termine può essere inteso in senso lato e indefinito come ad esempio come schiavitù del vizio, delle convenienze, del consumismo oppure in senso proprio come la riduzione di un essere umano a oggetto animato di proprietà di un altro. In questo caso lo schiavo non ha diritti, può essere utilizzato in qualunque modo il padrone ritiene opportuno, può essere comprato e venduto. In nessuna società la donna si trova in una simile condizione: le leggi e gli usi le danno sempre diritti e ruoli precisi, non può essere venduta o comprata, non le.può essere imposto di prostituirsi con altri, riceve rispetto soprattutto in quanto madre. Il ruolo femminile immutato nel corso dei millenni viene messo in crisi nello sviluppo della civiltà industriale: ciò è possibile solo e in quanto sono venute meno le condizioni materiali e sociali che quel ruolo avevano fissato nei millenni. La causa fondamentale è di ordine medico: la mortalità infantile crolla dal 50% e più a tassi insignificanti, l'età media passa dai 35 ai 70 anni, non si verificano più paurosi crolli demografici per epidemie e carestie. Non occorre allora che le donne mettano al mondo più figli che possano, anzi occorre limitare le nascite: non più le dieci gravidanze
Dettagli
Publisher
A.A. 2020-2021
13 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/02 Logica e filosofia della scienza

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher bianchie di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del pensiero scientifico e filosofico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di L'Aquila o del prof Di Gregorio Mario Aurelio Umberto.