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La lettura di La Libertà. L’Utilitarismo. L’asservimento delle donne.

mostra i principi cardine della sua filosofia. Principi che ritroviamo

nell’impegno per la libertà d’espressione e l’autonomia nelle scelte

personali, contro qualsiasi coercizione da parte dell’opinione pubblica e

dello Stato, nella campagna per il riconoscimento del diritto di voto alle

donne e nella battaglia per l’annullamento d’ogni forma di discriminazione

tra i sessi.

Quello di cui tratterà questa tesi, dopo un veloce excursus sui primi

due principi, sarà su “L’asservimento delle donne” un’opera che non va

letta come un proporre una revisione della condizione delle donne

esclusivamente da un punto di vista politico giuridico.

Anzi va vista come una revisione conclusiva e che completa

l’utilitarismo, integrando la prospettiva intellettualistica e razionalistica di

Bentham, ad una più ampia concezione, che ha dato rilievo alle qualità delle

emozioni e dei sentimenti (caratteristica delle donne), il tutto integrandosi al

3

fine di apportare non solo migliorie nella sfera della vita umana, ma anche

un miglioramento a tutti coloro che ne sono coinvolti (utilitarismo).

Capitolo I

La Libertà

L'argomento di questo saggio non è la cosiddetta "libertà della

volontà”, ma la libertà civile, o sociale: la natura e i limiti del potere che

la società può legittimamente esercitare sull'individuo. È una questione,

questa, che raramente è posta e tanto meno discussa, nei suoi termini

generali: tuttavia essa influenza profondamente, con la sua presenza latente,

le controversie del nostro tempo e futuro.

Esso non è per nulla un problema nuovo, anzi in un certo senso ha

diviso l'umanità quasi fin dai tempi più remoti; ma al livello di progresso che

ha ora raggiunto i settori più civilizzati della specie umana, la questione si

presenta in nuovi contesti e richiede uno studio diverso e più approfondito.

Fin dalla sua pubblicazione nel 1858, quest’opera è stata considerata

come uno dei testi fondamentali del liberalismo e il modello per la

costruzione di una democrazia reale.

Riflettendo sul tema della libertà civile, John Stuart Mill si domanda

quali siano la natura e i limiti del potere che la società può legittimamente

esercitare sull'individuo. Il criterio utilitarista del massimo benessere per il

maggior numero di persone, secondo questo classico del pensiero politico,

deve essere alla base delle norme che regolano il vivere comune. Nel suo

percorso alla ricerca della felicità, l'individuo è libero fino a quando non

arreca danno agli altri: libero anche di esprimere il proprio dissenso dalle

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idee predominanti, libero di non conformarsi a un modello d’opinioni,

sentimenti, usanze che la società impone come norma di condotta.

Il "Saggio sulla Libertà" contiene la denuncia del pericolo della

"uniformità" della società civile e della "tirannia della maggioranza",

affermando che il rimedio risieda nella libertà di parola, che è l'unica

salvaguardia delle differenze delle opinioni.

"Nella nostra epoca - scrive Mill - il semplice esempio

d’anticonformismo, il mero rifiuto di piegarsi alla consuetudine, è di per se

stesso un servigio all'umanità. Proprio perché la tirannia dell'opinione è

tale da rendere riprovevole l'eccentricità, per infrangere l'oppressione è

1

auspicabile che gli uomini siano eccentrici” .

La sua concezione è fondata sulla priorità dei diritti dell’uomo, da

assicurare con un preciso sistema di garanzie rispetto alle esigenze delle

istituzioni sociali. L’umanità è giustificata ad intervenire, individualmente o

collettivamente soltanto al fine di proteggersi. Quindi un potere può essere

esercitato solo in vista della riduzione del danno altrui.

Mill rifiuta ogni concezione paternalistica dello Stato: il bene

dell’individuo, materiale o spirituale, non è una motivazione sufficiente

all’azione legislativa, perché ciascuno è l’unico guardiano della propria

salute fisica e morale. Non si può costringere nessuno a fare qualcosa

semplicemente perché si è convinti che ciò sia un bene per lui.

Una società democratica deve quindi basarsi sulla tutela della libertà

ideologica, libertà dei gusti, libertà d’associazione, e su un sistema

elettorale che garantisca l’uguaglianza di tutti i cittadini.

1 In questa frase vi è una similitudine a una famosa esortazione di Pasolini nella quale esortava i radicali a

essere sempre "irriconoscibili". 5

Capitolo II

L’Utilitarismo

È una corrente filosofica basata sulla decisione di far dipendere la

norma dell’azione esclusivamente dal criterio delle sue conseguenze. Tali

conseguenze vengono generalmente definite in termini di piacere,

soddisfazione, benessere, felicità.

I sostenitori dell’utilitarismo da Epicuro a Bentham intendono per

utilità non qualche cosa di distinto dal piacere, ma il piacere stesso unito

all’assenza del dolore, asserendo che l’utile è qualche cosa di piacevole.

La dottrina che accetta come fondamento della morale l'utilità, o il

principio della massima felicità, sostiene che le azioni sono lecite in quanto

tendono a promuovere la felicità, e illecite se tendono a generare il suo

opposto. Quindi per felicità s’intende piacere e assenza di dolore, per

infelicità dolore e privazione del piacere.

Secondo il principio della massima felicità, lo scopo ultimo di ogni

azione è un'esistenza il più possibile esente dal dolore e ricca di godimenti,

sia quantitativamente, che qualitativamente.

La felicità da perseguire non è quella personale di chi agisce, ma di

tutti gli interessati. Tra la propria felicità e quella degli altri, l'utilitarismo

pretende che colui che agisce sia del tutto imparziale come uno spettatore

disinteressato e benevolo.

La moralità, quindi, è un insieme di regole e norme di condotta la cui

osservanza può portare a una forma di vita, come quella descritta, può

garantire, nel modo più ampio, a tutto il genere umano.

A tal fine, la regola aurea di Gesù: non fare agli altri… e ama il

prossimo tuo… costituisce l'ideale perfezione della morale utilitaristica. 6

Capitolo III

L’Asservimento delle Donne

In questo libro, che è divenuto poi il testo chiave del femminismo

liberale, Mill afferma con argomentazione più convincente e maggior forza

l’origine storica della subordinazione delle donne, la cui differenza fisica

rispetto agli uomini non solo non giustifica in nessun modo quello stato di

subordinazione o di schiavitù, ma ostacola il progresso stesso del genere

umano. Il libro fu pubblicato nel 1869, undici anni dopo la morte di Harriet

2

Taylor , che aveva contribuito ampiamente al lavoro preliminare.

In primo luogo, Mill afferma che la disuguaglianza tra uomini e donne

poggia solo su basi teoriche, non confermate da prove empiriche che

dimostrano tale disparità. In secondo luogo, questo sistema di

disuguaglianza non è stato adottato in conseguenza di una decisione

meditata, o di una riflessione ponderata, o di qualche cognizione purchessia

di cosa arrechi beneficio all’umanità o conduca a un buon ordinamento

sociale. Il sistema attuale, che subordina il cosiddetto “sesso debole” a

quello “forte”, altro non è che il frutto di un mero fatto fisico convertito in

un diritto legale, ratificato poi dalla società.

«Gli individui che erano prima costretti a obbedire per forza,

3

dovettero poi obbedire in nome della legge» .

La schiavitù era in principio una lotta tra il padrone e lo schiavo,

divenne in seguito un’istituzione legale: gli schiavi erano compresi

2 Le sue riflessioni hanno certamente influenzato i lavori di Stuart Mill, principalmente il suo The

Subjection of Women, mentre dei Principles of Political Economy, Mill ammise che aveva redatto l'intero

capitolo On the probable futurity of the working classes. Harriet lo spinse anche a neutralizzare talune

espressioni della sua scrittura, sostituendo «man» e «he» con «person» e «people».

3 J. S. Mill, L’asservimento delle donne, Bur, Roma, 2007, p. 71. 7

all'interno del Patto Sociale, secondo il quale i padroni s’impegnavano,

reciprocamente, a tutelare la loro proprietà attraverso la forza collettiva.

Nel corso dei tempi quindi molti uomini erano schiavi, come la

totalità del sesso femminile lo è tuttora, ma la netta differenza si ritrova nel

corso degli avvenimenti futuri sia politici sia culturali; con l'aiuto del

progresso, la schiavitù del sesso maschile finì con l’essere abolita, mentre la

schiavitù della donna si è modificata, assumendo sembianze diverse, a volte

subdole; anche addolcendo questo stato di subordinazione, la fisionomia del

potere in realtà ha ancora le sembianze della legge del più forte.

Mill ha cercato un parallelismo tra la struttura sociale del dispotismo e

la forma della schiavitù della donna sia nell’ambito familiare sia nell’ambito

strettamente sociale, domandandosi quali differenze intercorrono tra i due

ruoli del potere appena indicati; concludendo poi che la risposta risiede

totalmente nel sesso maschile poiché il potere è insito in questo(capo

famiglia, uomo dispotico). Chi desidera il potere vuole soprattutto

esercitarlo nei confronti degli altri per accrescere i propri interessi ed

evitando l’altrui esercizio della libertà in vista di preferenze personali

destabilizzanti la sua egemonia.

Uno dei fattori che pregiudica la riuscita delle donne, è, per Mill, la

mancanza di tempo. Le donne non hanno mai il tempo di dedicarsi

seriamente a un’occupazione esterna, per quanto questo possa apparire

paradossale; quest’ultima precisazione, che Mill sente di dover fare, mostra

quanto doveva essere diffusa anche allora l’idea che le donne “non hanno

nulla da fare” e che di conseguenza il tempo delle donne non ha un grande

valore. 8

Ciò che assorbe il tempo e le energie psichiche delle donne è innanzi

tutta la gestione della casa: anche qui l’attenzione è rivolta alle donne

all’interno del matrimonio.

La gestione di una casa occupa almeno una donna per famiglia salvo

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Publisher
A.A. 2014-2015
13 pagine
7 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/05 Storia della scienza e delle tecniche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Marlene87 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del pensiero scientifico e filosofico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di L'Aquila o del prof Di Gregorio Mario Aurelio Umberto.