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Nel discorso che ritroviamo in Erodoto sulle forme di governo, la
discussione fra i tre personaggi persiani è chiaramente fittizia. Perché
nell’impero persiano sarebbe stato impossibile adottare un regime
democratico come quello ateniese?
Il contesto storico di cui si tratterà è il V secolo a.C., periodo in cui il continente
asiatico si identifica con il potente impero Persiano. Affermatosi nel VII secolo
a.C. sotto la dinastia degli Achemenidi, i sovrani che si succedettero, a partire
da Ciro il Grande, estero la conquista dei territori, oltre che in Asia Orientale,
anche in Nord Africa e in Europa, spingendosi sino alla Tracia. Egemonizzate le
terre conquistate si delineò dunque un quadro geo-politico senza precedenti,
che valse all’impero achemenide la fame di supremazia più grande e potente
della storia.
Delineata la cornice territoriale dell’impero Persiano vediamo come il tessuto
sociale, assoggettato al Gran Re, è assai diverso nei contenuti e nelle forme
della vicina Attica. Infatti se da una parte abbiamo la potenza achemenide,
dall’altra c’è l’antica Grecia che, seppur geograficamente confinante, mostra
tratti distintivi ben lontani dal mondo persiano, contrapponendo di fatto un
popolo libero ad un popolo dominato.
Partendo dall’oggettività dei fatti, il Logos Tripolitikos di Erodoto propone,
invece, una versione letterale del sopraccitato contesto storico, con un opera
che ha per tema il dialogo fittizio di tre personaggi persiani che discutono delle
possibili forme di governo. I personaggi chiamati in causa sono fautori di una
propria preferenza politica che prende forma attraverso l’analisi di ciascuna di
esse. Le tre forme di governo che si accompagnano ai tre personaggi sono la
democrazia, l’oligarchia e la monarchia, argomentate rispettivamente da
Otane, Megabizio e Dario.
Il dialogo di Erodoto prese a pretesto il periodo di disordini che si determinò
nell’impero Persiano all’indomani della morte di Cambise nel 522 a.C..
Prendendo spunto da questo evento l’autore, attraverso la comparazione delle
tre forme di governo, esamina in modo critico quale sia la migliore istituzione
politica per la guida dei persiani.
L’opera di Erodoto affida per ultimo il giudizio di Dario il quale, elogiando la
monarchia, spiega che “nulla può apparire meglio di un solo uomo quando sia il
migliore” ponendosi così al disopra delle inimicizie che inevitabilmente
l’oligarchia genera per la contesa del potere pubblico e superando la malvagità
che sorge in democrazia quando comanda il popolo che cospira a svantaggio
l’interesse comune.
L’epilogo storico che celebra Dario non solo vincitore del dialogo fittizio ma
anche capo dell’impero Persiano trova la sua ragion d’essere in un importante
studio condotto da Ippocrate racchiuso nella celebre opera “Delle arie, delle
acque e dei luoghi” in cui l’autore correlando una serie di elementi, spiega la
differenza tra il mondo asiatico, rappresentato dai persiani, e il mondo europeo,
rappresentato dai greci.
L’introduzione di questo studio è determinante per comprendere a fondo come
l’antropologia e i luoghi abbiano avuto un’incidenza rilevante tanto da riflettere
una forma di governo che dominò un intero impero.
Le due realtà messe a confronto, greci e persiani, raffigurano al proprio interno
stili di vita molto diversi e radicalizzati: i greci, che per mezzo delle istituzioni
politiche sorrette da valori democratici, sono un popolo libero di