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Estratto del documento

Lo sviluppo dell’antropologia urbana e della prospettiva dinamista ha

permesso di abbandonare l’idea che la comunità e la cultura siano entità chiuse ed

omogenee e hanno portato i processi migratori alla base delle trasformazioni sociali e

culturali .

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Se guardiamo ai rapporti commerciali tra i Paesi ci accorgiamo che la

relazione tra alterità e identità spesso si basa sui bisogni, (ovvero chiediamo agli altri

solamente quello che manca a noi), ma questa visione rende l’alterità eccessivamente

semplificata e lontana. Nella realtà, l’incontro con l’altro va al di là del mero

soddisfacimento delle esigenze primarie e della necessità di energie lavorative

essendo piuttosto l’individuo “un messaggero di cultura: egli la interiorizza, ne è

segnato e la porta con sé ovunque vada ”; quindi la relazione interpersonale non è

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semplicemente volta a colmare dei vuoti bensì essa è motivo di arricchimento e

contaminazione positiva.

1 D. De Lorenzi, S. Saccardi, Dizionario-Atlante dello sviluppo umano: parole chiave e carte

tematiche per una lettura critica del “mondo globale”, Firenze, Cospe, 2003, p. 45

2 Riccio B., Antropologia e migrazioni, Roma, CISU - Centro d'Informazione e Stampa Universitari,

2014, p. 11

3 F. Gianara, A. Mittone, Culture alla sbarra una riflessione sui reati multiculturali, Torino, Giulio

Einaudi Editore, 2014, p. 14 1

PANI Ilaria, [778741], 21/01/2015

La cultura ha sempre permesso all’essere umano di non essere più vittima

dell’ambiente, ma di creare uno specifico ambiente sociale. È la cultura che rende

possibile la vita sociale, e se questa non fosse trasmessa alle generazioni successive,

queste ultime sarebbero sempre costrette a ripartire da zero. Attraverso la cultura, e a

differenza degli altri animali, non solo sappiamo adattarci all’ambiente, ma sappiamo

adattare l’ambiente alle nostre esigenze.

La cultura che ogni società possiede è unica e comprende delle combinazioni

di norme e valori che nessun altra società ha. La differenza culturale perciò viene

presa come base di conflitti che sono però il fondamento della nostra identità che si

costruisce sulle differenze e sul confronto. L’identità culturale di una data comunità

quindi è considerata come una proprietà distintiva dei gruppi, una cosa che

appartiene a loro e li connota come entità separate dagli altri. L’identità viene

depurata da qualsiasi contaminazione con l’alterità e per questo l’alterità assume una

connotazione meramente negativa .

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In realtà le differenze etniche che noi percepiamo nascono da un sistema di

categorizzazione socialmente costruito prodotto da un dato contesto storico-sociale.

Ricerche hanno infatti dimostrato che la semplice esistenza di una categoria esterna è

sufficiente perché nasca una categoria identitaria e si manifesti la tendenza delle

persone a favorire i membri del proprio gruppo .

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Operare una distinzione tra un “noi” ed un “loro” porta a conseguenze

rilevanti nei rapporti inter gruppo, ad esempio si tenderà a vedere il proprio come il

gruppo migliore e quindi a favorirlo, a vedere l’altro gruppo come maggiormente

omogeneo rispetto a ciò che è in realtà e ad accentuare le differenze tra un gruppo e

l’altro. Se ci si considera troppo affiliati e appartenenti a un dato gruppo, ciò aumenta

le tensioni sociali e può favorire la violenza. “Apparteniamo a molti gruppi diversi,

in un modo o nell’altro, e ognuna di queste collettività è in grado di conferire a un

individuo un’identità potenzialmente importante. Potremmo dover decidere se un

particolare gruppo di cui facciamo parte sia importante o meno per noi ”.

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L’atto fondamentale è quello di non relegarci in una comunità chiusa.

Dunque, come afferma Claude Levi Strauss, che dai suoi studi arriva più che

a un’affermazione del concetto di identità a una destrutturazione della stessa; “la

4 F. Remotti, L’ossessione identitaria, Roma-Bari, Laterza, 2010, p.6

5 IBIDEM

6 A. Sen, Identità e violenza, Roma-Bari, Laterza, 2006, p.309

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PANI Ilaria, [778741], 21/01/2015

sensazione è che l’identità non stia tanto nel fatto di affermarla quanto nel fatto di

rifarla, di ricostruirla, e che qualsiasi utilizzazione della nozione d’identità cominci

da una critica della nozione stessa” . Infatti proprio perché Strauss afferma che

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l’identità è un concetto che ci siamo auto costruiti è opportuno aggiungere che “le

differenze apparterrebbero solo all’ambito della falsa coscienza, intervenendo come

mascheramento o sostegno ideologico dei più piccoli interessi politico-economici” .

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Per non pensare alla cultura come marcatore di identità sarebbe necessario

entrare in un contesto di rinnovamento in cui essa andrebbe pensata come un

prodotto umano, andrebbe intesa come un insieme di risorse, di artefatti e ciò

permetterebbe alle persone di non dividersi e di entrare in contatto tra loro

condividendo esperienze e all’identità e all’alterità di avere un rapporto di

coessenzialità .

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La cultura nasce dallo scambio e dalla condivisione è un prodotto co-costruito

delle società.

Ed ecco che “l’alterità è presente, come ingrediente indispensabile e

costitutivo della stessa identità, nel momento stesso della sua formazione.

Evidentemente il “noi” è di per sé insufficiente a sé stesso. Non è un << sasso>> non

è una sfera compiuta e compatta. Il “noi” ha intimamente bisogno degli “altri”, il suo

essere è fatto di identità e alterità insieme. Per i “noi” gli “altri” non sono soltanto

possibilità alternative, oggetti teorici da contemplare .

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In questa fase di rinnovamento e rivalutazione culturale bisognerebbe cercare

di ridurre al minimo i disagi, la discordia e la disgregazione che si accompagnano

solitamente a periodi di grande mutamento sociale, e rendere la transizione quanto

più possibile indolore. Ci si dovrebbe rendere conto che la diversità etnica non deve

condurre ad una chiusura ghettizzante, ma ad un pluralismo multiculturale che

garantisca il rispetto della diversità e affinché ciò sia possibile sarebbe indispensabile

che la società d’accoglienza permetta al minore di poter realmente rafforzare la

7 C. Levi-Strauss, L’identità, Palermo, Sellerio Editori, 1980, p.309

8 D. De Lorenzi, S. Saccardi, Dizionario-Atlante dello sviluppo umano: parole chiave e carte

tematiche per una lettura critica del “mondo globale”, Firenze, Cospe, 2003, p.46

9 F. Remotti, L’ossessione identitaria, Roma-Bari, Laterza, 2010, p.9

10 Ivi, pp.15-16 3

Dettagli
A.A. 2014-2015
5 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Sefelicetusaraidirmelovorrai di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Laboratorio di scrittura e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Dilanzo Marialisa.