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IL SIGNORE DELLE MOSCHE
Il signore delle mosche è un film di Peter Brook del 1963.
Tratto dall'omonimo libro di William Golding (1952), parla di un gruppo di bambini e giovani ragazzi inglesi che, in seguito ad un incidente aereo, finiscono su un’isola deserta e sono costretti ad organizzarsi autonomamente per cercare di sopravvivere. Sono completamente soli in quanto con loro non ci sono adulti.
Si tratta di bambini e ragazzi che già prima dell’incidente possiedono delle caratteristiche comuni in quanto frequentano lo stesso college prestigioso e appartengono tutti a famiglie particolarmente benestanti e quindi frequentano lo stesso tipo di ambienti sociali.
Quando precipitano sull’isola deserta, ciò che li accomuna, almeno inizialmente, è prevalentemente il fatto di avere un obiettivo comune che è quello di fare tutto ciò che è necessario per sopravvivere fino a quando arriverà qualcuno a salvarli. Inevitabilmente condividono lo stesso ambiente fisico (l’isola), che ovviamente è radicalmente diverso da quello della società nella quale vivevano prima: è un ambiente isolato e selvaggio dove non ci sono adulti o altre persone che possano prendersi cura dei ragazzi, non c’è il cibo pronto, i vestiti puliti o qualsiasi altro tipo di comfort, non ci sono elementi che rappresentano la civiltà umana, come ad esempio le case, non c’è la scuola e non ci sono regole imposte dall’esterno. Probabilmente è questo netto distacco dalla civiltà che, con il passare del tempo, contribuisce allo sviluppo di comportamenti impulsivi ed irrazionali, che arrivano addirittura all’omicidio. L’ambiente, infatti, influenza profondamente gli atteggiamenti ed i comportamenti delle persone e le può portare a modificare radicalmente il proprio stile di vita e le modalità di interazione con l’ambiente stesso. Uno dei ragazzi, Jack, inizialmente dice: “Noi non siamo dei selvaggi, ma dei bravi ragazzi, faremo un sacco di leggi”. Ma sarà proprio lui il primo a non rispettare e a svalutare tali regole che prima aveva così tanto enfatizzato e questo secondo me è dovuto, almeno in parte, al fatto di trovarsi in un contesto caotico e disorganizzato, lontano dalla società evoluta e quindi potenzialmente selvaggio ed anomico.
Nel film è possibile individuare il passaggio dalla fase del gruppo nascente alla fase della comunità dei fratelli. Nelle prime fasi è presente l’“attesa messianica” di un cambiamento futuro positivo: tutti sono convinti che presto arriverà qualcuno a salvarli e tutte le loro attività vengono strutturate in relazione a questa credenza. È presente un ottimismo eccessivo alimentato dal narcisismo gruppale: i ragazzi percepiscono il gruppo in modo estremamente positivo e si ritengono capaci di controllare la situazione e di rispettare le regole stabilite, sembrano abbastanza tranquilli nonostante.
la criticità della situazione nella quale si trovano, scherzano tra loro e mostrano entusiasmo verso le decisioni del leader. Con il passare del tempo, invece, il gruppo comincia a sviluppare dei giudizi più realistici relativi alla situazione e ad adattarsi all’ambiente circostante e a funzionare in modo più autonomo senza aspettarsi necessariamente un aiuto esterno.
All’inizio i ragazzi sentono l’esigenza di organizzarsi e di stabilire delle norme che possono facilitare la convivenza e la collaborazione, in vista dell’obiettivo generale e cioè sopravvivere.
Viene individuato un leader, un ragazzo di nome Ralph, che viene eletto democraticamente a maggioranza e che ha la funzione di stabilire delle regole generali e di coordinare l’attività degli altri ragazzi, pur mostrandosi aperto a tutte le opinioni e a qualsiasi tipo di suggerimento. Il gruppo decide tutta una serie di compiti che devono essere svolti: costruire delle capanne, preparare un fuoco e tenerlo costantemente acceso per attirare l’attenzione di eventuali navi o aerei, dedicarsi alla caccia. Questa attività viene affidata a Jack ed al suo gruppo, il gruppo dei “cacciatori” appunto.
Inoltre vengono stabilite delle regole: si fanno dei turni per tenere acceso il fuoco, si prendono le decisioni a maggioranza, si seguono le direttive del leader, si parla uno per volta per alzata di mano e chi ha la conchiglia ha il diritto di parlare e di essere ascoltato, ogni volta che il leader suona la conchiglia il gruppo deve riunirsi perché c’è la necessità di discutere di alcune cose. La conchiglia diventa un simbolo importante di civiltà ed anche di potere, sia del leader, sia della persona che, di volta in volta, parla in quanto ha la conchiglia in mano.
In questa prima fase possiamo dire che predominna quella che Bion definisce la “mentalità evoluta” del gruppo o gruppo di lavoro e cioè il funzionamento del gruppo è prevalentemente razionale, orientato alla realtà e al raggiungimento degli obiettivi prefissati esplicitamente. Tutte le difficoltà vengono riconosciute e si cerca di superarle in modo ragionevole e sulla base di principi logici.
Con il passare del tempo, però, comincia a prendere il sopravvento quella che Bion definisce “mentalità primitiva” del gruppo e cioè un funzionamento basato soprattutto su comportamenti automatici ed impulsivi che vengono attuati senza una progettualità adeguata e senza riflettere sulle conseguenze negative che questi possono produrre. I ragazzi iniziano a dedicare gran parte del loro tempo e delle loro energie al giocare tra loro e con gli animali, nuotano, si rilassano e cominciano quindi ad adattarsi a quella nuova situazione.
Ad un certo punto la mentalità primitiva del gruppo prende il sopravvento quando Jack ed il suo gruppo decidono di andare a cacciare e lasciano il fuoco abbandonato a se stesso. Tale decisione non è determinata da un’attenta riflessione, ma semplicemente dall’espressione di un impulso. I ragazzi si erano annoiati di badare al fuoco e avevano voglia di mangiare qualcosa di diverso dalla frutta. Jack in parte si rende conto di aver sbagliato e chiede anche scusa, sembra anche dispiaciuto,
lui muore gran parte della razionalità del gruppo e ciò lascia spazio all’ulteriore diffusione della mentalità primitiva e dei comportamenti irrazionali. Infatti, poco dopo si consuma un altro omicidio, quello di Bombolo ed i ragazzi cercano di uccidere anche Ralph per liberarsi di tutti i ragazzi più ragionevoli del gruppo, che probabilmente ricordano loro una società civile alla quale ormai non appartengono più da diverso tempo e che non sentono più come propria.
Si può notare che nel corso di questi omicidi si determina un’escalation per la quale inizialmente si cerca di giustificare tali atti estremi, mentre invece in seguito non ci si pone più tale problema in quanto l’omicidio, l’incendio dell’isola ed in generale la violenza pensata ed agita diventano caratteristiche normali dell’attività di gruppo. Infatti, inizialmente si cerca di giustificare in qualche modo l’omicidio di Simon: “era buio, c’era una danza infernale, è stata una disgrazia, se l’è cercata perché poteva dirci che era lui” oppure “il mostro ci ha ingannato presentandosi con l’aspetto di Simon”. Si tratta di una serie di spiegazioni che servono per giustificare un atto orribile al fine di conservare l’integrità del sé, non riconoscendosi pienamente colpevoli di un atto considerato agghiacciante.
L’omicidio di Bombolo, invece, viene compiuto in pieno giorno e viene compiuto solo perché Bombolo sta dicendo delle cose che i ragazzi non riescono a sopportare perché li incita ad essere persone ragionevoli e civili, cose che ormai non sono più. La situazione sembra sfuggire di mano anche a Jack, il capo dei “cacciatori” che, in un primo momento rimane stupito dell’omicidio di Bombolo, infatti non è stato lui ad ordinarlo ma è stato compiuto da un ragazzo che ha preso questa decisione in modo autonomo mostrando, in questa circostanza, la sua totale indipendenza nei confronti del leader. I ragazzi, questa volta, non cercano in alcun modo di giustificare l’omicidio, anzi non si riservano neanche uno spazio di riflessione per pensare all’evento ma cominciano immediatamente a pensare al prossimo omicidio: quello di Ralph. Secondo i loro piani, egli dovrà essere infilzato con un bastone a due punte e poi dovrà essere bruciato vivo. Quindi questa volta l’omicidio è stato addirittura pianificato. La capacità di progettazione e di anticipazione non viene più utilizzata per scopi importanti quali la salvezza, ma entra al servizio dell’irrazionalità che trionfa.
Alla fine Ralph riesce a salvarsi ma soltanto perché arrivano dei marinai a salvare i ragazzi. Finalmente l’evento atteso fin dall’inizio si verifica, la speranza messianica si realizza concretamente, ma contrariamente a quello che si potrebbe pensare, non è accompagnata da una gioia evidente e manifesta, ma da stupore ed incredulità che non si esprimono a parole. Da un lato, l’arrivo dei marinai sembra quasi un miraggio, infatti c’è anche un bambino che si avvicina ad uno di loro e lo tocca, come se volesse assicurarsi che si tratta di una persona in carne ed ossa e non di un’allucinazione. Dall’altro lato, però, oltre allo stupore è presente anche un certo grado di tristezza