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Nome: Caiffa Ramon
Matricola: 3603954 Diritto: pratica culturale o dato naturale?
In questo breve lavoro intendo svolgere una riflessione sull’articolo di Marco Aime
dal titolo “ Il tribalismo e i difficili conti con il passato”, pubblicato all’interno di un
libro intitolato “ Viaggio in Italia alla ricerca dell’identità perduta”.
Il tema della, o delle, identità è oggi molto sentito da ogni gruppo e fazione politica;
sempre più spesso i media riportano affermazioni di parlamentari e non che sono
mirate al recupero dei valori e dell’identità del proprio popolo. L’ascesa crescente di
partiti, non solo italiani, che hanno fatto dell’etnicità e del ritorno a una romantica
purezza originaria è foriero, a mio avviso, di una concezione nuova non solo del
diritto, ma anche dell’uomo tout-court.
È utile, hic et nunc, proporre la seguente frase, formulata nel 1999 da P. W. Kahn, alla
quale vorrei dedicare qualche riflessione: " Il diritto è una pratica sociale; è un modo
di essere nel mondo". Questa frase è utile, non solo per leggere meglio il testo in
questione, ma anche per tentare di offrire una risposta alla domanda che alcuni di
questi partiti troppo spesso trascurano e eludono: “Il diritto è una pratica sociale o è
un dato astratto e biologico generale e valido per tutti?”.
Credo personalmente che la questione sollevi almeno due problematiche di
fondamentale importanza, che riguardano in primis una questione strettamente
epistemologica e infine una riflessione applicata sulla base della prima o della
seconda risposta.
Nel cercare di affrontare la questione, che ancora una volta chiama in causa il
dualismo oppositivo natura/cultura, vorrei iniziare questo viaggio omerico dalla amara
constatazione del dilagare delle politiche razziste e xenofobe, che non solo affettano le
nostre istituzioni, ma che sembrano offrire terreno fertile a quella che si può definire
una tribalizzazione postmoderna della politica e del suo oggetto primario, il diritto.
Non sono misteri infatti le tendenze xenofobe della UE, che ha visto, in pochi anni,
non solo il fiorire del progetto leghista, in Italia, ma anche l'ascesa del Front National
di Jean Marie le Pen, in Francia, quelle di Geert Wilders e del Perussuomalaisset in
Olanda e Finlandia; a tutto ciò si aggiungono le scelte dei vari governi Austriaci e
Svizzeri di fare dell'etnicità la loro chiave di lettura primaria.
Tutto ciò può accadere, a mio avviso, solo se la presa di posizione riguardo alla frase
precedentemente posta è netta e perentoria, la quale si basa sulle seguenti costatazioni
adottati, da tali governi:
A) Esiste un diritto naturale astratto sulla cui base sarebbe codificato il diritto
positivo di uno stato o di una nazione,
B) la cultura tutta sarebbe un dato ascritto ancestralmente in ogni essere umano,
in funzione del territorio che abita e
C) dal momento che esiste un diritto naturale e che la cultura è un dato ascritto
ancestralmente, allora esisterebbe un soggetto in astratto, che incarni tali
norme e che incarni alcuni principi eterni e immutabili della natura umana.
Eccola qui la chiave di lettura che ci permette di vedere il diritto come pratica
naturale o meglio come trascendentale e apriori di ogni società. Ma se
esistesse un diritto di questo tipo allora ammetteremmo anche l'esistenza,
appunto, di un soggetto überhaupt, avulso e slegato dalla società, in grado di
incarnarlo; un uomo autoreferenziale e schizofrenico, in grado di incarnare