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INTRODUZIONE
Il seguente saggio si basa su due opere fondamentali di Michael Tomasello: Le origini
culturali della cognizione umana (il Mulino, 2005) e Diventare umani (Milano: Cortina, 2019).
Tomasello, rinomato scienziato e psicologo statunitense, ha svolto un ruolo centrale nello
studio dell'evoluzione umana, con particolare attenzione ai fattori che hanno modellato lo
sviluppo cognitivo e sociale della nostra specie. Attraverso le sue ricerche, Tomasello ha
contribuito a definire i parametri che distinguono l’essere umano dalle altre specie, in
particolare dai primati non umani.
Qui verrà analizzato come l'essenza della distinzione tra l'essere umano e i primati risieda
nell'evoluzione culturale, un fenomeno che ha permesso agli uomini di raggiungere livelli di
complessità sociale e cognitiva unici. La capacità di trasmettere conoscenze, artefatti e
comportamenti attraverso le generazioni è fondamentale per questa evoluzione, come
evidenziato dal concetto di "dente d’arresto" di Tomasello, che descrive l'accumulo e il
miglioramento delle pratiche culturali. Questo processo si basa su modalità di
apprendimento come imitazione e istruzione, facilitando una cooperazione e una coesione
sociale senza precedenti. Tuttavia, vedremo anche che esistono eccezioni a questa
trasmissione culturale, evidenziando la complessità dell'interazione tra cultura e sviluppo
umano.
L’EVOLUZIONE CULTURALE, UOMO E PRIMATI
Ciò che distingue in modo unico la specie umana e ha permesso il raggiungimento di livelli
evolutivi profondamente diversi rispetto ai primati, con i quali condividiamo gran parte del
patrimonio genetico, è l’evoluzione culturale. Questa evoluzione non si basa soltanto
sull'inventiva e la creatività individuale, ma soprattutto sulla capacità di trasmettere in modo
fedele, attraverso le generazioni, artefatti e comportamenti culturali. Tomasello identifica
questo fenomeno con il concetto di "dente d’arresto", un meccanismo che permette alla
cultura umana di accumularsi nel tempo e progredire.
Le forme principali di apprendimento culturale individuate sono tre: imitazione, istruzione e
apprendimento collaborativo. Queste modalità sono rese possibili dalla peculiare capacità
umana di percepire gli altri come esseri simili a se stessi, dotati di intenzioni e stati mentali.
Durante il processo di apprendimento, dunque, l'individuo non si limita a replicare le azioni
osservate, ma coglie anche le intenzioni che le sottendono, identificandosi con l'altro
(Tomasello 2005, pp.22-24).
Domiziana Fornasini Matricola 0001024863
Tuttavia, esistono situazioni in cui questa trasmissione culturale non si verifica. Un esempio è
rappresentato dai bambini affetti da autismo, i quali, a causa di deficit socio-cognitivi, non
riescono a processare e integrare le informazioni trasmesse loro. Un'altra eccezione si
riscontra nei casi di bambini cresciuti in isolamento, privi di contatto sociale e di accesso a
strumenti culturali. In queste circostanze, la trasmissione culturale viene interrotta e lo
sviluppo cognitivo e comportamentale ne risente profondamente (Tomasello 2005, p.26).
Come quindi si può dedurre, l’eredità umana, secondo Tomasello, si compone di due
dimensioni: biologica e culturale. Gran parte dello sviluppo umano avviene attraverso
l’interazione con l’ambiente, che permette all’organismo di adattarsi e modificare il proprio
comportamento. Sebbene questa fase di immaturità possa sembrare rischiosa, poiché
l’individuo dipende completamente dagli altri, essa offre l'opportunità di un apprendimento
flessibile e adattivo, rendendo più profonda la capacità di risposta alle sfide ambientali e
sociali. La chiave che quindi differenzia l’uomo dagli altri primati non risiede tanto nella
struttura genetica, quanto nella capacità di percepire gli altri come agenti intenzionali, con
una vita mentale paragonabile alla propria. Tale comprensione è alla base della complessa
cooperazione e del ricco scambio culturale che caratterizza le società umane (Tomasello
2005, pp.31-32).
Tuttavia, questa teoria, in Tomasello cambia. Nel corso degli anni riconosce che le grandi
scimmie colgono le relazioni causali di un’azione. Avanza però l’ipotesi di tre tipi di
intenzionalità: l’intenzionalità individuale, caratteristica delle grandi scimmie in generale;
l’intenzionalità congiunta, propria di alcuni esseri umani primitivi, prima dello sviluppo della
cultura, e in una certa misura anche dei bambini umani pre-linguistici o appena linguistici; e
l’intenzionalità collettiva, tipica degli adulti umani moderni nelle loro realtà culturali e
1
istituzionali. Tomasello, quindi, pur riconoscendo l’arrivo e la rilevanza di nuovi dati e
scoperte, mantiene in questo modo l’unicità dell’uomo rispetto ai primati.
Inoltre, numerosi esperimenti condotti sui primati non umani hanno cercato di verificare
l'esistenza di una cultura in queste specie. I risultati mostrano che, pur essendo presente una
certa forma di trasmissione culturale, essa avviene in maniera molto più lenta e uniforme,
principalmente a causa del fatto che l’apprendimento nei primati avviene su base individuale
piuttosto che collettiva, limitando così la capacità di innovazione e accumulazione tipica
dell’uomo (Tomasello 2005, pp.45-46).
Questa capacità di trasmissione culturale, secondo Tomasello, è il motivo per cui il processo
evolutivo dell’uomo sia stato così straordinariamente rapido, molto più veloce rispetto ai
tempi tipici dell'evoluzione biologica basata sulla variazione genetica.
La trasmissione funziona su scale temporali diverse rispetto all'evoluzione organica,
risparmiando tempo e sforzi alle specie, poiché consente l'apprendimento dai membri della
propria specie. La cultura umana, in questo contesto, rappresenta la risposta adattiva
dell'umanità alle sfide evolutive. Una delle caratteristiche principali della cultura è il suo
ruolo di coordinazione, che incoraggia la cooperazione tra i membri di una società e
1 Michael Tomasello, Precís of A Natural History of Human Thinking, p.3
Domiziana Fornasini Matricola 0001024863
promuove la coesione. Parallelamente, la cultura ha anche una dimensione trasmissiva, che
permette il trasferimento di competenze e conoscenze alle generazioni future, attraverso
l'educazione. Questo processo è irreversibile, poiché la cultura si arricchisce e si perfeziona
nel tempo (Tomasello 2019, p.4).
La cultura è quindi una condizione essenziale per l'esistenza degli esseri umani moderni. Noi
siamo il risultato di un processo doppio, identificabile come coevoluzione genetico-culturale.
Non esiste una natura umana indipendente dalla cultura, così come la cultura non è libera
dai fattori biologici e ambientali in cui si sviluppa. Natura e cultura sono distinte ma
costantemente in dialogo e legate da un rapporto di interdipendenza (Tomasello 2005, p.13).
Tuttavia, dato che solo l'uomo ha compiuto questo straordinario salto evolutivo, è naturale
chiedersi se anche le grandi scimmie cooperino tra loro. La risposta è sì, ma lo fanno
principalmente in contesti di competizione. La cooperazione umana, invece, è diversa: nelle
grandi scimmie, queste non vogliono che il conspecifico sappia a cosa si stia pensando; nella
cooperazione umana, invece, c’è intenzionalità nella sua condivisione (Tomasello 2019,
p.49). Come Tomasello cita: “La competizione […] rappresenta frequentemente la forza
trainante della cooperazione tra scimpanzé” (Tomasello 2019, p.219, Mueller, Mitani 2005,
p.278).
Tomasello, inoltre, compie un interessante paragone tra la vita sociale degli esseri umani e
quella dei primati non umani, rivelando una differenza significativa: la consapevolezza che i
bambini hanno di sé stessi, vista attraverso gli occhi degli altri. I bambini piccoli prestano
attenzione non solo alla cooperazione degli altri, ma anche al modo in cui la loro stessa
cooperazione viene giudicata. In particolare, i bambini comprendono quando gli altri li
stanno giudicando. Tomasello fa riferimento a un esperimento di Lewis, in cui si osservano le
reazioni dei bambini di fronte al proprio riflesso nello specchio. A partire dai 18 mesi, i
bambini umani manifestano segni di vergogna e timidezza quando si guardano nello
specchio, a differenza delle grandi scimmie, che riconoscono il proprio riflesso ma non
mostrano alcuna reazione emotiva. Le scimmie usano lo specchio per esplorare il loro corpo,
senza alcun fine valutativo (Tomasello 20019, pp.317-318). Questa differenza nasce dal fatto
che i bambini umani, vedendo il proprio riflesso, pensano immediatamente a come vengono
percepiti dagli altri. Questo processo mentale genera in loro una timidezza genuina, derivata
dalla consapevolezza di essere osservati e giudicati (Tomasello 2019, p.332). Quando gli
infanti umani comprendono che gli altri li osservano, intraprendono un percorso unicamente
umano, che influenzerà tutte le loro scelte future in ambito sociale.
EFFETTO DENTE D’ARRESTO
Come già accennato il fenomeno straordinario che ha coinvolto l'umanità è quello della
trasmissione culturale, che ha significativamente accelerato i tempi evolutivi. In particolare,
gli esseri umani hanno sperimentato un'evoluzione culturale cumulativa, nota anche come
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effetto "dente d'arresto". Questo processo permette che un artefatto o comportamento
venga appreso, riprodotto e successivamente migliorato, con ogni miglioramento che a sua
volta viene appreso e affinato nelle generazioni successive (Tomasello 2005, pp.21-23).
Tomasello spiega perché questo processo non si manifesti nei nostri parenti animali più
prossimi. È fondamentale sottolineare che l'apprendimento umano si basa su un processo di
imitazione, al quale poi si aggiunge un'innovazione creativa che risponde alle nuove esigenze
culturali e sociali dell'uomo.
I bambini, di generazione in generazione, imparano ciò che vedono fare agli adulti
(attraverso l’imitazione) e introducono modifiche. Questo meccanismo rende possibile
l'accumulo delle correzioni apportate dalle generazioni precedenti. Tale processo ha
rivoluzionato la natura della nicchia ontogenetica, in cui i bambini crescono interagendo
esclusivamente con artefatti culturali già esistenti, poiché questi ultimi risultano i più efficaci,
frutto di selezione e perfezionamenti passati (Tomasello 2005, p.238).
Secondo gli studiosi Boyd e Richerson, questo processo potrebbe avvenire anche tra gli
scimpanzé, sebbene in modo pi&