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IL CONTRATTO DI LAVORO A TEMPO PARZIALE
Lo sviluppo del part-time: da contratto flessibile ad unica possibilità lavorativa
1. Introduzione
Il lavoro a tempo parziale è un rapporto di lavoro subordinato che si caratterizza per un
orario, stabilito dal contratto individuale di lavoro, inferiore all'orario "normale"
(generalmente di 36-40 ore settimanali). Questo istituto è stato introdotto per dare un
impulso all’aumento dell’occupazione in generale. La partecipazione femminile al
mercato del lavoro ha avuto un particolare giovamento grazie a questa forma
contrattuale atipica che permetteva di conciliare gli impegni della vita professionale con
le esigenze private e familiari. L'istituto del part-time è usato anche come leva di
"flessibilità" dalle aziende, per risolvere situazioni lavorative che non richiedono il
pieno impegno del lavoratore, oppure per quei lavori che devono essere svolti solo in
alcuni periodi dell'anno, adattando quindi alle esigenze aziendali la disponibilità del
lavoratore. Con l’avvento della crisi nel 2008 vi è stato un incremento del cosiddetto
part-time “involontario” che ha fatto perdere di vista l’obbiettivo principale che aveva
portato l’introduzione del contratto di lavoro a tempo parziale, costringendo così i
lavoratori ad accettare un orario ridotto in mancanza di opportunità a tempo pieno.
2. Il part-time nei paesi Ue
In Europa si può osservare una distribuzione molto diversificata dell’occupazione part-
time sia per i maschi che per le femmine. La diffusione del part-time nei Paesi membri
all'interno dell'Unione Europea è estremamente variabile e diseguale, in ragione delle
forti differenze in termini di quadro normativo, servizi e anche convenzioni culturali. Va
tuttavia osservato che in tutti i paesi l’incidenza percentuale è decisamente maggiore per
le donne rispetto agli uomini, con la sola eccezione della Bulgaria (v. grafico1). Questo
tipo di contratto è diventato un modo di lavorare sempre più diffuso soprattutto in Paesi
come: Paesi Bassi, Regno Unito, Germania e Svezia (grafico 1).
Grafico_1: L’occupazione a tempo parziale per sesso nei paesi Ue27, Anno 2011 (incidenza
percentuale) Fonte:Eurostat Labour force survey 1
Economia del lavoro e della famiglia
Anno 2013/2014
I Paesi Bassi sono il paese in cui il lavoro a tempo parziale è più diffuso in assoluto, con
quasi il 50% dell’occupazione totale part-time. Nell’Ue27 il lavoro a tempo parziale ha
una forte connotazione di genere: con il 32,1% per la componente femminile e il 9% per
quella maschile. Nel 2012 in Italia l’occupazione a tempo parziale ha raggiunto il 30,8%
per le donne (0,6 punti percentuali sotto la media Ue27) e il 6,5% per gli uomini (1,3
punti percentuali sotto la media Ue27). La Slovacchia, la Bulgaria, la Repubblica Ceca e
l’Ungheria presentano i tassi di occupazione a tempo parziale più bassi.
Nonostante le donne siano al di sotto della media europea come occupazione a
tempo parziale (grafico 1) è comunque evidente un elevata differenza dei tassi di
occupazione part-time tra uomini e donne con una crescita di quest’ultime molto
superiore rispetto a quella degli uomini. Come è stato già detto le donne sono ancora al
di sotto della media Ue e vicino ai livelli di Francia e Spagna. Sono invece molto
lontane dai comportamenti delle olandesi che nel 75% dei casi lavorano a tempo
parziale. L’Olanda, definita la patria del part-time, ha ridotto molto il tasso di
disoccupazione incentivando notevolmente questo istituto nel mercato del lavoro. La
presenza di figli incide molto sulla scelta lavorativa femminile. Quattro donne su dieci
interrompono il lavoro per prendersi cura dei figli. A renderlo noto è l'Istat, in un
rapporto dedicato alla questione della conciliazione tra lavoro e famiglia (agoravox). Il
lavoro a tempo parziale è stato introdotto anche per risolvere questo genere di problemi
e per permettere alle madri di svolgere un’attività professionale anche in presenza di
figli. Come si può notare nel grafico 2 vi è una forte correlazione e incidenza nella
scelta del part-time delle donne con figli.
Grafico_2: L’occupazione a tempo parziale femminile (25-54) per numero di figli, 2011
(incidenza percentuale) Fonte: Eurostat newsrelease(37/2013 - 7/03/2013) - 8 March 2013:International
women's day
3. Il part-time in Italia
Il contratto part-time è stato disciplinato per la prima volta negli anni Ottanta con
il Decreto legge 30 ottobre 1984 n. 726. Successivamente la normativa è stata
modificata ed integrata dal Dlgs. 61/2000 che ha incentivato le imprese, diminuendo
l’aliquota contributiva sulle assunzioni, sull’utilizzo di questo istituto. Il contributo
maggiore alla disciplina del part-time è stato dato dall’introduzione della cosiddetta
legge Biagi approvata nel 2003, che ha contribuito ad eliminare l’iniziale diffidenza
mostrata in Italia nei primi anni dalla sua introduzione (Roccella 2010, pp. 163-164).
2
Economia del lavoro e della famiglia
Anno 2013/2014
Questa legge ha reso la precedente normativa sul lavoro part-time più flessibile,
modificando vari punti con la finalità di rendere la stipulazione e la modifica del
contratto di lavoro part-time più snella con l’intento di facilitarne l’utilizzo da parte
delle aziende. Un ulteriore novità della disciplina del part-time è stata apportata dalla
legge 247/2007 che amplia di molto lo spazio della contrattazione collettiva che,
integrando la disciplina legale, regola in concreto il lavoro a tempo parziale. La
normativa più recente è quella introdotta dalla Legge n 92 del 2012 (c.d. Riforma
Fornero) che è intervenuta con disposizioni relative alla disciplina delle clausole
elastiche e flessibili ed in particolare sulle facoltà del lavoratore di revocare il proprio
consenso e/o di modificarne il contenuto.
L’istituto del part-time interessa principalmente le lavoratrici con figli (piccoli),
in quanto permette di conciliare gli impegni famigliari (soprattutto la cura dei figli), con
l’attività professionale. È risaputo infatti le norme sociali attribuiscono alla donna un
ruolo di fondamentale importanza, per rispondere alle numerose esigenze all’interno
della famiglia. La componente maschile infatti svolge un lavoro a tempo parziale
prevalentemente per motivi di benessere personale o per svolgere un secondo lavoro.
Questa differenza la si può notare molto in Italia che presenta tassi di occupazione part-
time tra maschi e femmine molto accentuata (grafico 3).
Grafico_3: L’occupazione part-time maschile e femminile (15-64) in Italia, 2003-2012 (% sul
totale dell’occupazione part-time) Fonte: Eurostat database labour force survey [ codice online: lfsa_eppgan]
Dal 2003 al 2012 si è verificato un aumento del part-time femminile, passando da un
valore del 17,2% ad un valore del 31,0%. Una variazione molto più significativa
rispetto a quella maschile che già in partenza presentavano dei valori molto inferiori
rispetto alla componente femminile.
4. La crisi e il part-time involontario
Con l’avvento della crisi questa tipologia contrattuale ha perso il suo principale
obbiettivo trasformandosi in ultima risorsa disponibile per partecipare al mercato del
lavoro. In Italia il contratto a tempo parziale ha registrato un continuo aumento
nell’ultimo decennio, soprattutto tra le donne, in parte favorita dalla nuova normativa, in
parte per la crisi economica che ha innalzato soprattutto il livello di part-time
involontario (come nella maggior parte dei paesi europei) (grafico 4).
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Economia del lavoro e della famiglia
Anno 2013/2014
Grafico_4: Part-time involontario in alcuni paesi dell’UE, 2003-2012 (incidenza percentuale sul
totale dell’occupazione part-time)
* Per il Regno Unito non è disponibile il dato per il 2008
Fonte: Eurostat database Labour force survey [ codice online: lfsa eppgai]
Dal grafico 4 si osserva un aumento del part-time involontario soprattutto in Italia e in
Spagna, ovvero nei paesi che hanno risentito maggiormente della crisi economica. In
Italia infatti dal 2008 al 2012 si è passato dal 41,5% al 58,8%, più della metà dei
lavoratori part-time è costretto ad accettare un orario ridotto di lavoro in mancanza di un
lavoro a tempo pieno. In Italia l’Istat rileva oltre 2,5 milioni di cittadini occupati part-
time involontari e negli ultimi dodici mesi il fenomeno del part-time involontario è
cresciuto di circa 200 mila persone (okpedia). Lo stesso fenomeno lo si può osservare in
Spagna che nel 2012 ha raggiunto un valore percentuale di part-time involontario pari al
60,9%, ancora più elevato rispetto l’Italia.
Come scrive Paola Villa:
“[…]La crescita della quota di donne occupate a tempo parziale in Italia negli anni della
crisi è il risultato di una contrazione del numero di posti di lavoro a tempo pieno (-188
mila) e di un incremento di quelli a tempo parziale (+466 mila). Tuttavia, questo aumento è
associato ad una crescita del part time “involontario”, identificato con quanti dichiarano di
svolgere un lavoro a tempo parziale in mancanza di occasioni lavorative a tempo pieno. Già
prima della crisi, nel 2007, la quota di part-time involontario tra le donne era relativamente
elevato in Italia, pari al 35,7% (oltre 15 punti al di sopra del dato medio per l’UE27), ed è
andato aumentando raggiungendo il 54,5% nel 2012. Dopo Grecia, Bulgaria e Spagna,
l’Italia è attualmente il paese con la più elevata incidenza di part time involontario tra le
donne[…]” (Villa, 2013)
L’incremento del part-time involontario registrato in questi ultimi anni, soprattutto di
quello femminile (grafico 5), suggerisce un numero elevato di donne che svolge
un’attività a tempo parziale in mancanza di un lavoro a tempo pieno. Negli anni
caratterizzati dalla crisi economica le donne hanno modificato le loro preferenze
lavorative, cercando impieghi a tempo pieno per sopperire alla diminuzione del reddito
nel nucleo famigliare, ciò giustifica il continuo aumento dei part-timers involontari.
Grafico_5: Il part-time involontario femminile (15-64) sul totale dell’occupazione part-time, 2003-2012
(incidenza percentuale sul totale degli occupati part-time) Fonte: Eurostat database labour force survey [codice
online: lfsa_eppgai] 4