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Milano che ha fatto vedere come un materiale che stava tornando di moda in chirurgia
maxillofacciale e implantare come l’osso umano però non liofilizzato ma congelato crei
grossi problemi. Quest’osso si può acquistare a quattro soldi presso le banche dell’osso e
al di la del fatto che si possano trasmettere malattie, anche se c’è la selezione del
cadavere e comunque non si riescono ad abbattere i determinanti antigenici con il
semplice congelamento. Si è visto che con questo materiale si riuscivano a fare delle
ottime ricostruzioni soprattutto nel mascellare superiore dove la cresta era a lama, pezzi di
mandibola considerevoli scongelati al momento (a 300 euro); il problema era che
quest’osso cresceva e poi una volta esposto, quindi una volta tolte le viti di fissazione
dopo 3-4 mesi, si inserivano gli impianti ma purtroppo andava in necrosi. Si è visto che in
questi soggetti c’è un movimento immunitario contro questo materiale. Un altro
esperimento di un altro gruppo di ricerca prevedeva la coltivazione di quest’osso, che
dovrebbe essere osso morto, e invece vedevano come i campioni cominciavano a
crescere dimostrando che c’erano ancora cellule vive dentro e in più cellule di un’altra
persona, quindi l’insuccesso ossia il fallimento dell’integrazione con gli impianti è stato
dovuto alla reazione immunitaria in atto dell’host versus graft. Questa storia di usare
materiale autologo nasce da lontano e nasce da prima che nascesse la GTR, che si
colloca nei primi anni ottanta. Vediamo due lavori di Hellegard karring e loe, gli stessi che
nel 1971 avevano pubblicato quel lavoro che vi ripeto sempre con gli istogrammi grafici in
cui i difetti a tre pareti si riempiono all’ 80% completamente ecc…, del 1974 prima sulla
scimmia poi sull’uomo. Allora non si sapeva quali fossero le cellule che davano origine alla
rigenerazione, perché non erano ancora stati fatti gli esperimenti di karring nyman e
lindhe, ma si sapeva dalle istologie fatte sull’animale e sull’uomo che il tessuto che si
interponeva fra il tessuto neoformato e la radice era l’epitelio, non si sapeva quale cellula
si doveva favorire ma si sapeva quale cellula rompeva le scatole cioè la cellula epiteliale.
Questi autori ebbero un’idea completamente diversa dalla GTR, (gli articoli successivi
sulle membrane autologhe sono degli anni novanta e sono del gruppo UCLA università
della California di Los Angeles in cui le membrane di periostio prelevate vengono usate
come membrane, invece di legare pezzi di collagene si usava quindi il trapianto) capirono
che il nemico era il tessuto epiteliale e cercarono un modo per far ritardare la
proliferazione dell’epitelio. Se ho un difetto infraosseo, io lo apro pulisco e anche se so che
è un difetto a tre pareti e che nell’80% dei casi guarisce in maniera completa con nuovo
osso, so anche che tra questo nuovo osso e la radice si interpone l’epitelio quindi devo
trovare un modo per rompergli le scatole. In quegli anni c’erano anche delle testimonianze
istologiche su quello che succedeva quando si usavano i trapianti gengivali liberi e
posizionati per coprire le radici esposte cioè la chirurgia plastica parodontale che allora si
chiamava chirurgia muco gengivale. Quando prendiamo un trapianto gengivale libero, lo
mettiamo sulla radice( e questo trapianto è un trapianto epitelio connettivale perché è
stata fatta una finestrella sul palato che guarisce per seconda intenzione) e poi togliamo i
punti dopo 10-15 giorni, troviamo sulla radice un tessuto che non ha più epitelio. Il fatto di
aver staccato a tutto spessore l’epitelio e il connettivo fa si che i tessuti più delicati
muoiano perché non riescono a sopravvivere all’ischemia. Quando si va ad attaccare il
trapianto sul sito ricevente si riforma una rete vascolare, questo non avviene
immediatamente ma avviene a partire dalla terza -quarta giornata, ci sono tessuti delicati
che non riescono a sopravvivere all’ ischemia per tutto questo tempo uno di questi è l’
epitelio. Per cui alla fine sulla radice si trova solo del connettivo che porta avanti la
guarigione. Partendo da questa osservazione Hellegard e Loe hanno pensato di mettere
sopra il difetto un trapianto gengivale libero, quindi non faccio apri pulisci e chiudi ma
faccio apri pulisci poi il tessuto che devo andare a suturare sopra il difetto lo taglio come
fosse una gengivectomia e lo sostituisco con un trapianto gengivale libero, quel trapianto
gengivale libero essendo in sofferenza perderà l’epitelio per cui l’epitelio invece che
pensare a scendere in profondità dovrà pensare a rigenerare per ricoprire il connettivo del
trapianto, quindi avrà altro a che pensare invece che andare ad invadere l’interfaccia tra
radice e osso neoformato. Notare un grosso difetto infraosseo che viene aperto e de
granulato perché è pieno di tessuto di granulazione, si tratta di un difetto a contenitore;
l’obiettivo è quello di riempirlo con osso autologo, successivamente non c’è più un lembo
perché il lembo scollato viene tagliato e buttato via e poi sopra si mette un trapianto
epitelio connettivale prelevato dal palato. E siccome questo epitelio non ha tempo di
infilarsi nell’interfaccia ma pensa piuttosto a riepitelizzare tutto il connettivo, è stata un’idea
abbastanza geniale. Questo intervento è stato eseguito sull’uomo e sulla scimmia e sulla
scimmia è stata fatta pure dell’istologia ed è stato visto che effettivamente il discorso
funzionava poiché rispetto ai siti controllo nei quali si faceva il normale OFD con trapianto
osseo, si riusciva ad avere una significativamente maggiore rigenerazione con
neoformazione di cemento e legamento e solo una piccola infiltrazione epiteliale. Ma non
si tratta ovviamente di una barriera come nel caso della GTR ma si tratta di andare a
sostituire del tessuto che altrimenti invaderebbe con un tessuto sofferente che per il
momento non ha la capacità di invadere. Tagliare lo stesso lembo del sito del difetto e
trapiantarlo immediatamente dopo potrebbe essere sconveniente perché si tratta nella
maggior parte dei casi solo di mucosa alveolare, quindi gli autori hanno preferito mettere
un tessuto più spesso. Quindi si potrebbe pensare che la GTR non fosse nata negli anni
ottanta ma nel decennio precedente, e anche se in realtà il principio di base è differente
rispetto a quello della GTR, era comunque una buona idea, ma molto cruenta perché
bisognava prendere dei bei pezzi di palato. Quindi il secondo sito chirurgico era
necessario ed era un sito grande per cui non ha avuto fortuna pur avendo dimostrato
istologicamente di funzionare. Qui vedete l’ istologia, vedete questo era il livello del difetto
osseo tutti e due sono stati riempiti di osso però in questo caso nel sito test l’ epitelio
giunzionale è corto e in questo caso l’ epitelio giunzionale è lungo, questo è il sito controllo
trattato con open flap più trapianto e questo è il sito test trapianto più tecnica di hellegard
quindi un discorso concettualmente diverso dalla GTR. Tuttavia le tecniche di prelievo del
tessuto dal palato sono diventate negli anni sempre meno invasive per cui non si trattava
di andare a scorticare mezzo palato ma con un tagliettino lineare (monotaglio) si riesce a
prelevare una buona quantità di tessuto e oltretutto non c’era la necessità di fare dei
prelievi così grandi. Allora i ricercatori dell’università della California hanno pensato di fare
dei prelievi solamente connettivali con il periostio in profondità e usarli come membrane.
Quando il prelievo è epitelio connettivale, come per un trapianto gengivale libero o come
faceva Hellegard per sostituire il lembo, viene disegnato un quadrato che si comincia a
sotto minare dall’angolino a spessore parziale portando via l’epitelio e un po’ di
connettivo, poi l’epitelio degenera e ovviamente rimane solo il connettivo che si
riepitelizzerà. Se ho anche la cresta ossea si può invece far in modo che il sito donatore
guarisca per prima intenzione facendo un taglio lineare, invece di quattro, sulla superficie
mesiale del sesto fino al canino (meglio non spingersi posteriormente oltre il sesto perché i
vasi palatini cominciano ad essere grandi) e poi con il bisturi perpendicolare alla cresta
ossea tocco l’osso e mi porto da canino a sesto sempre toccando l’osso, quindi l’incisone
è a spessore totale dopodiché si rientra con la lama non più perpendicolare ma parallela
al processo alveolare e non arrivo in profondità ma vado a sotto minare e scollo a
spessore parziale poi una volta creato una specie di marsupio, internamente lo giro a 90
gradi e lo metto perpendicolare al piano osseo e mi vado a fare le tre incisioni che arrivano
fino all’osso, quindi all’interno faccio una incisione apico-coronale, poi orizzontale e infine
corono-apicale. A questo punto il pezzo interno viene prelevato e non comprende epitelio
quindi il sito viene suturato e guarisce per prima intenzione. Dopo aver suturato abbiamo
la parte centrale che ha perso buona parte della propria vascolarizzazione, ovviamente si
raggrinzisce e andrà a formare un’escara quindi una zona che guarisce per seconda
intenzione, cosi otteniamo un pezzo che conterrà connettivo e periostio. Ovviamente meno
tagli si fanno più si garantisce un apporto vascolare adeguato e più facile sarà la
guarigione. Il pezzo prelevato in questo caso è stato utilizzato proprio come membrana,
non come la usava Hellegard, ma come la usavano Niman Carring e Lindhe, il connettivo
guarda verso l’epitelio e il periostio verso il difetto. In tema di terapia combinata si è voluto
vedere in difetti a scarsa capacità autosostenitiva se si potevano ottenere migliori risultati
usando una tecnica “tutto autologo”, quindi autologo il riempitivo e autologa la membrana.
Questo studio è stato pubblicato due anni fa, ecco un caso clinico: una profonda tasca a
due pareti tipo cratere che sono le più difficili da trattare perché presentano la corticale
vestibolare, la corticale linguale e niente fra i due denti, sondaggio di circa 8 mm, si fa una
incisione tipo papilla preservation modificata poiché come possiamo vedere presenta un
taglio orizzontale alla base della papilla. Questo tipo di difetto a due pareti guarisce
spontaneamente molto meno che un altro difetto sempre a due pareti che presenta però
una corticale contro l’altro dente. Raccolto l’osso corticale con i soliti grattini, l’osso viene
utilizzato per riempire il difetto. Qui viene eseguito il prelievo con la tecnica
precedentemente