Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
TERAPEUTICI
Nel caso della terapia genica ex vivo, dal paziente si preleva il tessuto danneggiato, che viene prelevato da un luogo diverso dal laboratorio dovrà essere conservato inghiaccio a 4°C per non più di 72 ore. Il tessuto verrà successivamente lavato in PBS (soluzione tampone) contenente antibiotico e antifungineo. Bisogna trasferire a questo punto il tessuto in una piastra Petri e disgregarlo enzimaticamente (ad esempio, utilizzando tripsina) e meccanicamente. Centrifugare il tessuto in medium caldo erimuovere il surnatante. Risospendere il pellet in medium caldo o PBS e ricentrifugare. Eliminare nuovamente il surnatante. Trasferire il pellet (pezzetti di tessuto) in una piastra Petri e distribuire i pezzi di tessuto in modo da occupare tutta la superficie a disposizione. Aggiungere il volume minimo di terreno di coltura così da coprire tutta la superficie della Petri. Incubare e dopo 2 o 3 giorni le cellule dovrebbero iniziare a migrare dai pezzetti.Di tessuto e separarsi tra loro. Una volta che le cellule di untessuto sono state poste in coltura, bisognerà inserire al loro interno il gene diinteresse.
TRASFERIMENTO PER MEZZO DI VIRUS
Sistono diversi modi per inserire il gene di interesse all'interno di cellule poste incolture (prelevate da un paziente) o all'interno di cellule presenti direttamenteall'interno del paziente. Spesso a questo scopo si utilizzano vettori derivanti da virusperché questi, nel corso di milioni di anni di evoluzione, sono diventati efficientissiminell'infettare le cellule, nell'inserire in esse i loro genomi e nel farvi esprimere i proprigeni. Il trasferimento di DNA in cellule umane (o di altri animali) attraverso l'uso divirus è noto come trasduzione. In alcun casi i vettori virali si possono integrare nelgenoma e quindi garantire un'espressione duratura del transgene (inseritoprecedentemente nel genoma virale al posto di determinati geni).
strutturali). Attualmente vengono usati alcuni vettori virali che consentono l'integrazione, mal'integrazione avviene solitamente in modo casuale o semi-casuale, cosicché gli inserti possono venire a trovarsi in posizioni diverse del genoma nelle diverse cellule del paziente. Ne consegue che i livelli di espressione del costrutto dipendono dal sito cromosomico in cui si integra (positional effect). L'impossibilità di controllare il punto di integrazione dei vettori virali comporta rischi molto elevati, poiché l'integrazione può alterare l'espressione di geni endogeni, portando alla loro inattivazione inserzionale. L'integrazione incontrollata può essere pericolosa anche perché le sequenze promotori/enhancer del DNA ricombinante possono attivare in modo inappropriato i geni che si trovano in prossimità della regione in cui il DNA ricombinante si è integrato. I sistemi di trasferimento in cui il DNA
trasferito simantiene semplicemente come un episoma extracromosomico nelle cellule nondestano lo stesso tipo di preoccupazioni per la sicurezza sollevate dai vettori che siintegrano. Il loro svantaggio, però, è la durata limitata dell'espressione genica, poichése le cellule bersaglio si dividono attivamente, il gene extracromosomico tenderà avenire diluito man mano che la popolazione cellulare cresce. Questa non costituiscequindi una cura permanente, e può essere necessario effettuare più trattamenti.Questo approccio, però, in alcune applicazioni, come l'eliminazione delle celluletumorali, non è un problema, poiché in questo caso non è necessaria un'espressione alungo termine. Sebbene sussista il problema dell'integrazione casuale quando vieneutilizzato come vettore il genoma virale, i virus sono estremamente efficienti neltrasferire geni all'interno delle cellule. Essi si attaccano
alle specifiche cellule ospiti, riconoscendo e legando specifiche proteine recettore poste sulla loro superficie. Alcuni virus infettano un ampio spettro di cellule e sono detti ad ampio tropismo, altri invece hanno un tropismo molto ristretto, poiché legano recettori espressi solo su pochi tipi cellulari. Alcuni virus dotati di un involucro, come l'HIV, penetrano nelle cellule fondendosi con la membrana plasmatica della cellula ospite per rilasciare il loro genoma e le proteine del capside nel citosol, ma altri virus dello stesso tipo, una volta legati ai recettori sulla superficie cellulare, innescano un processo di endocitosi recettore-mediata, o un trasferimento basato su fusione o endocitosi. I retrovirus garantiscono una grande efficienza di trasferimento genico. Poiché si integrano nei cromosomi, è possibile ottenere un'espressione stabile e a lungo termine del transgene, ma l'integrazione incontrollata nei cromosomi costituisce un rischio per lasicurezza per i motivi precedentemente esposti. Come visto per gli animali transgenici, il genoma dei retrovirus è rappresentato da due singoli filamenti di RNA, contenuti in un nucleocapside, a sua volta circondato da un envelope. Dopo che il retrovirus viene riconosciuto da specifici recettori presenti sulla membrana della cellula, il suo envelope si fonde con la membrana stessa. Così il nucleocapside viene rilasciato nella cellula e il suo genoma a RNA viene trascritto a formare DNA a doppia elica. Il genoma dei retrovirus presenta tre importanti geni: gag (codifica per le proteine del nucleocapside); pol (codifica per la proteasi, per la trascrittasi inversa, e per l'integrasi); env (codifica per le proteine dell'envelope, tra cui quelle che legano il recettore delle cellule che verranno infettate). All'estremità 3' e 5' sono presenti le cosiddette "lunghe ripetizioni terminali" (LTR). Sul loro genoma è, inoltre, presente
Il segnale psi, cioè il segnale di incapsidazione, senza del quale le proteine strutturali non possono comporre la struttura entro la quale è contenuto il genoma virale e, di conseguenza, non potrà formarsi la progenie virale. Per trasferire il gene correttivo all'interno di determinate cellule, al fine di attuare la terapia genica, è stato pensato, come nel caso in cui si utilizzano i vettori retrovirali per ottenere animali transgenici, di rimuovere i più importanti geni del genoma retrovirale (gag, pol, ed env) e di sostituirli con il gene correttivo. Viene anche inserito un gene marcatore selezionabile, come il gene Neo. Il DNA inserito nel vettore retrovirale non può superare le 8Kpb. Dato che nel vettore retrovirale mancano i geni essenziali per la retrotrascrizione e l'integrazione del DNA nel genoma dell'ospite, le cellule di interesse saranno infettate da retrovirus che nel capside contengono il genoma ricombinato con il gene terapeutico.
ma saranno infettate anche da retrovirus che contengono un genoma modificato: alcuni contengono solo le sequenze LTR e il gene gag, altri contengono le LTR, il gene pol e il gene env. Questi genomi prendono il nome di plasmovirus, dal momento che sono costruiti a partire da plasmidi all'interno dei quali vengono inseriti i geni prima citati. Quindi avverrà l'infezione da parte di questi tre tipi di retrovirus, cosicché nelle cellule di interesse ci sarà il vettore contenente il gene terapeutico, il genoma che trasporta il gene gag e il genoma con i geni env e pol. In questo modo si formano tutte le proteine necessarie alla realizzazione del ciclo replicativo del virus e all'integrazione del gene terapeutico nel genoma della cellula ospite. Mancando, però, in ciascun genoma il segnale di incapsidamento non ci sarà la formazione di una progenie virale. Bisogna comunque scegliere bene il tipo di retrovirus da utilizzare: se si utilizza il
retrovirus murino MolV, come detto nel caso della produzione degli animali transgenici, questo è in grado di infettare solo cellule in attiva proliferazione, perché il suo genoma non ha la capacità di attraversare la membrana nucleare. Essendo questa struttura degradata durante la proliferazione cellulare, il genoma del retrovirus MolV sarà in grado di integrarsi nel genoma dell'ospite solo durante la proliferazione cellulare. Questo limite, in realtà, può tradursi in un vantaggio nel caso del trattamento dei tumori; infatti, cellule che si dividono attivamente (cellule tumorali) all'interno di un tessuto le cui cellule normalmente sono quiescenti, come il cervello, possono essere infettate e uccise selettivamente senza rischi per le cellule normali (che non si dividono). Se, invece, si utilizza il genoma di HIV (appartenente alla categoria dei lentivirus) per creare il vettore retrovirale i problemi si riducono dal momento che il genoma di
questo virus è in grado di attraversare la membrana nucleare. Pertanto HIV è in grado di infettare anche cellule in fase di quiescenza. Proprio per questa caratteristica i lentivirus sono particolarmente utilizzati per la terapia genica ex vivo dal momento che non ci sarà bisogno di aggiungere fattori di crescita che stimolino la proliferazione al fine di far avvenire l'infezione, ma l'infezione avverrà ugualmente anche se le cellule sono quiescenti. Quindi, questi virus sono ampiamente utilizzati per la terapia genica di cellule cardiache o cellule del SNC, che, appunto, sono sempre quiescenti. Bisogna, inoltre, precisare che se si attua una terapia genica per mezzo di vettori retrovirali (in particolare di HIV), si utilizzano dei virus HIV con un involucro modificato, contenente le sole proteine riconosciute dai recettori del tipo cellulare che si intende infettare. Questi virus si dicono pseudotipi. Il trasferimento genico di geni terapeutici
all'interno di cellule prelevate da pazienti o all'interno di cellule localizzate direttamente nel tessuto dei pazienti che si intendesottoporre a terapia genica può avvenire anche per mezzo di altri sistemi virali. Ad esempio, si possono utilizzare vettori basati su ADENOVIRUS. Gli adenovirus sono virus a DNA (lineare e a doppio filamento) che causano nell'uomo infezioni benigne alle vie respiratorie del tratto superiore. Come i lentivirus, anche l'adenovirus è in grado di infettare sia cellule proliferanti che cellule in uno stadio di quiescenza. Gli adenovirus infettano la cellula per endocitosi: dopo che i recettori di membrana hanno riconosciuto e legato specifiche proteine presenti sulla superficie del virus, questo viene accolto all'interno di invaginazioni che si formano sulla membrana della cellula che sta per essere infettata. Queste invaginazioni si approfondano gradualmente sempre di più fino a formare delle vescicole (endosomi) chesi localizzano nel citoplasma e contengono le particelle virali. Queste vengono, quindi, liberate dall'endosoma. Nel citoplasma