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TERAPIA DI SUPPORTO NEL PAZIENTE IMPLANTARE
Riguardo la terapia di supporto a lungo termine nel paziente implantare non c’è molta
letteratura.
In una review del 2007 sono stati raccolti degli studi che vanno dal 1965 al 2006;
purtroppo gli studi con un follow-up a 10 anni erano pochi e infatti alla fine sono stati
inclusi pochissimi studi.
Parametri clinici presi in considerazione nella review:
-numero di impianti persi
-la quantità di riassorbimento di osso marginale
-la presenza di infiammazione gengivale
-profondità di tasca
Lo studio per essere preso in considerazione doveva prevedere un protocollo di
mantenimento più o meno ogni 3-6mesi e i parametri clinici dovevano essere registrati ad
ogni seduta.
Alla fine su 749 impianti,la sopravvivenza a 10 anni va dal 67 al 97%.
97% nei pazienti con edentulia mandibolare; meno dell’80% in pazienti già trattati
precedentemente per parodontite.
Quindi il paziente parodontale a cui vengono messi degli impianti va tenuto assolutamente
sotto controllo,perché i meccanismi della patogenesi della malattia parodontale nel dente e
nell’impianto sono gli stessi anzi nell’impianto i meccanismi sono più veloci ed
aggressivi,perché non essendoci il legamento parodontale, le sue fibre non riescono ad
isolare la lesione come nel dente, quindi arriverà quasi subito all’osso.
Il riassorbimento osseo è di circa 0,19-2 mm; il sanguinamento va dall’11 al 90%; la
presenza di tasche maggiori o uguali a 6mm va dallo 0,2 al 24%.
La profondità di tasca fisiologica cambia nell’impianto rispetto al dente naturale,perché
l’ampiezza biologica è del tutto diversa; quindi considereremo come fisiologico un
sondaggio di circa 5-6mm,da 6 mm in poi è già patologico.
Alla fine 85-86% di impianti con una profondità di tasca di 5-6mm sopravvive all’incirca
dopo i 10 anni.
Obbiettivi:
-evitare mucositi e perimplantiti
-non perdere il manufatto protesico
-motivare e rinnovare sempre le istruzioni di igiene orale ( spendere sempre una decina di
minuti,dopo la consegna della protesi su impianti,per spiegare al paziente come attuare le
procedure di igiene domiciliare)
Es. con overdenture su impianti va usato il super-floss per pulire bene il collo degli
impianti.
È importante spiegare bene al paziente come mantenere il proprio impianto.
Come fare una diagnosi di perimplantite o di mucosite? Misurare la profondità di tasca
intorno all’impianto,vedere la presenza di sanguinamento o di pus e con le radiografie
controllare il riassorbimento osseo e la mobilità.
Di solito si usano punte in teflon per il sondaggio,perché rigano di meno la superficie
impiantare. Un collo più liscio accumulerà meno placca rispetto ad un collo più rugoso( nel
sondaggio arriviamo al collo e non alle spire dell’impianto)
L’attacco trans mucoso è diverso dall’attacco connettivale su dente naturale.
Quando si inserisce la sonda all’interno del solco gengivale del dente naturale,essa
incontra le fibre sopracrestali e se sono sane si ferma li; quindi nel dente naturale la
distanza tra la punta della sonda e la cresta ossea è di circa 1,2mm proprio per la
presenza delle fibre sopracrestali. Mentre negli impianti,non essendoci queste
fibre,quando si inserisce la sonda nel solco perimplantare la distanza tra la punta della
sonda e la cresta ossea è di 0,5mm( perché la mucosa viene compressa in senso apicale
e spostata lateralmente,quindi la sonda scende molto di più rispetto al dente naturale)
Questo è il motivo per cui negli impianti la lesione progredisce molto più velocemente: non
essendoci le fibre sopracrestali la lesione arriva molto più velocemente all’osso.
Il solco gengivale intorno all’impianto è 3+2mm,quindi fino a 5mm possiamo considerarlo
sano.
L’assenza di sanguinamento indica stabilità perimplantare.
Nella regione perimplantare è più frequente che si formi del pus o una fistola perché la
risposta infiammatoria è leggermente diversa,vengono prodotti diversi tipi di leucociti
quindi sia ha una distruzione più rapida del collagene e una maggiore necrosi tissutale.
Grazie al controllo radiografico possiamo osservare come all’inizio ci sia un riassorbimento
osseo maggiore che poi diminuisce con il tempo. Almeno una volta l’anno una lastrina per
controllare l’impianto va fatta.
Se l’impianto è mobile,vuol dire che ha perso l’osteintegrazione. Attenzione a non
confondere il fatto che si sia svitata la connessione della protesi con l’impianto con la
mobilità dell’impianto.
Utilizzare gli ultrasuoni con delle punte in teflon per trattare gli impianti. Attenzione perché
le punte posso spezzarsi molto facilmente. Possono essere utilizzati anche strumenti
manuali in teflon,carboncomposito o in titanio. È importante pulire bene il collo
dell’impianto con queste punte; gli ultrasuoni sono più semplici da usare sugli impianti
rispetto agli strumenti manuali.
Gli insuccessi implantari possono essere iniziali o tardivi. Gli insuccessi tardivi sono dati
dalle infezioni batteriche o da un carico eccessivo.
MUCOSITE: infiammazione reversibile della mucosa e della gengiva aderente all’impianto(
paragonabile alla gengivite,perché non abbiamo perdita d’attacco ma soltanto
infiammazione)
PERIMPLANTITE: infiammazione dei tessuti perimplantari che determina perdita di osso e
di sostegno( paragonabile alla parodontite)
Già 20 anni fa si iniziava a capire che gli impianti potevano essere persi per infezioni
batteriche ( su 159 impianti,il 2% d’insuccessi dato da accumulo di placca e dal fumo)
Fino all’1998 nell’uomo la prevalenza della perimplantite era del 2-10%.
Nel 2008 le % erano già più alte.
Perché la progressione della malattia è più veloce negli impianti?
Per la mucosite vengono fatti dei modelli sperimentali sui cani: abbiamo da una parte i
denti naturali e dall’altra gli impianti. Dopo tre settimane di accumulo di placca,si ha lo
stesso deposito e la stessa infiammazione. Dopo tre mesi,l’infiltrato infiammatorio si
estende più apicalmente nei tessuti perimplantari rispetto ai denti naturali,quindi i tessuti
perimplantari sono meno efficienti nell’isolare la lesione.
Per la perimplantite: dopo quattro settimane si ha la stessa quantità e produzione di flora
parodontopatogena( gram- e anaerobi),ma una differente diffusione e localizzazione
dell’infezione. Negli impianti l’infezione arriva subito all’osso perché non c’è attacco
connettivale,mentre nei denti la lesione si ferma al tessuto connettivo.
Differenze tra perimplantite e parodontite:
-eziologia
-istologia della lesione:perché nella perimplantite c’è un maggior numero di neutrofili e
macrofagi.
-il meccanismo è uguale,soltanto un po’ più veloce nella perimplantite; infatti si ha una
maggiore estensione in senso apicale della lesione che va subito all’osso e quindi in
contatto con la superficie impiantare.
-la microflora è la stessa: un impianto sano ha la stessa flora batterica di un dente
sano,stesso discorso per un impianto con infezione rispetto ad un dente con infezione.
Nelle perimplantiti è presente anche lo stafiloccoccus aureos.
Un paziente con parodontite sarà maggiormente predisposto al rischio di mucosite e
perimplantite per cui va periodicamente controllato.
I batteri parodontopatogeni si trovano anche nelle bocche edentule,ovvero nel palato
molle,tonsille,superficie della lingua,mucosa labiale; per cui il discorso di togliere tutti i
denti e sostituirli con impianti in modo da non avere più la parodontite non regge.
Fattori di rischio per la perimplantite: scarsa igiene orale,precedente storia di
parodontite,fumo.
Fattori di rischio con una limitata evidenza scientifica: suscettibilità genetica,tipo di
superficie impiantare,diabete non controllato e abuso di alcool.
Trattamento: terapia meccanica + terapia antibiotica locale o sistemica.
Vedi diagramma CIST sulle slides: in base alla diagnosi ci dice come dobbiamo
comportarci.
Di solito la clorexidina si usa in gel con gli impianti in modo che agisca più a lungo.
Trattamento mucosite( infiammazione dell’ampiezza biologica perimplantare): terapia non
chirurgica,quindi controllo dell’infezione con strumenti manuali o ultrasuoni e clorexidina in
gel 0,2%. Si possono usare anche fibre di tetraciclina o microsfere di minociclina.
Trattamento perimplantite:
-non chirurgico
-chirurgia resettiva
-chirurgia conservativa
-chirurgia rigenerativa
Il trattamento non chirurgico fatto con la sola terapia antibiotica non garantisce alcun
risultato. La terapia soltanto meccanica non garantisce ugualmente risultati clinici e
microbiologici. L’associazione di terapia meccanica e antibiotica sistemica diminuisce la
profondità di tasca e i parametri microbiologici.
Se non è ancora il caso di effettuare una chirurgia perché c’è poco riassorbimento
osseo,si procede con una terapia meccanica e la somministrazione di un antibiotico
sistemico.
Se è stato perso dell’osso,la superficie implantare non sarà più in contatto con l’osso
stesso e quindi non ci sarà più osteointegrazione.
Ri-osteointegrazione: è possibile che si riformi osso tra la superficie implantare e l’osso
residuo mettendo dell’osso sintetico? Su modelli sperimentali è stato dimostrato che si
forma nuovo osso in contatto con la superficie in titanio precedentemente contaminata,ma
facendo istologia possiamo vedere che si forma una capsula di tessuto connettivo tra la
superficie dell’impianto e l’osso,che la ri-osteointegrazione è solo nella zona apicale del
difetto e che non è un fenomeno predicibile ,che dipende quindi dall’ampiezza e dalla
forma del difetto.
Quindi dai vari studi possiamo concludere che si riforma dell’osso,ma questo non è un
fenomeno predicibile.
La superficie implantare influenza la ri-osteointegrazione: le superfici lisce in partenza
garantiscono una minore osteointegrazione,rispetto alle superfici trattate ad esempio con
idrossiapatite. Quindi una superficie ruvida rappresenta uno stimolo in più alla ri-
osteontegrazione; attualmente vengono utilizzati soprattutto impianti con superficie ruvida.
Trattamento con chirurgia resettiva: una volta scollato il lembo,le spire dell’impianto sono
completamente esposte e riposizioneremo i tessuti più apicalmente. A questo punto una
parte dell’impianto rimane fuori dalla bocca: le spire che rimangono esposte vengono
allisciate,cosi da ottenere un