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Per quanto riguarda la fase di scaling e root planing vado molto velocemente:

Regina: lo spazzolmento sopragengivale può condizionare la placca sub gengivale fino a

5mm.

Risp: fino a 6mm. Quindi a più mm non ha alcuna influenza sulla composizione microbica

sottogengivale.

Dicevo: la letteratura è ricchissima di studi che dimostrano l’efficacia della strumentazione

meccanica nell’ottenere un miglioramento del quadro clinico in termini sia di riduzione

della profondità di tasca, sia di guadagno del livello di attacco e un miglioramento quindi

dei valori infiammatori di sanguinamento. Questo perché la strumentazione meccanica

porta a un grosso abbattimento della carica microbica e non solo a una variazione dal

punto di vista quantitativo, ma anche dal punto di vista qualitativo, in quanto si ha un

aumento del numero di batteri parodonto-protettivi (Gram+, aerobi e anaerobi facoltativi,

principalmente Cocchi) e un abbattimento considerevole della quota di microorganismi

parodontopatogeni (bastoncelli, anaerobi, Gram-, spirochete). Si è anche visto però, dagli

studi di Moss, che in realtà, dopo 2-3 mesi si ha facilmente una ricolonizzazione

dell’ambiente di placca sottogengivale e una ri-virulentazione di questi microorganismi,

tant’è che è necessario un programma di mantenimento molto serrato. Questa

ricolonizzazione, dal punto di vista quali e quantitativo, in termini di ricomparsa di

parodontopatogeni nell’ambiente sottogengivale , è dovuto a diversi fattori quali

innanzitutto la impossibilità di andare a ottenere in alcuni siti specifici la reale e completa

decontaminazione della tasca sottogengivale per delle difficoltà anatomiche reali che ci

ostacolano la detersione (es. biforcazione disto-palatale di un molare superiore, e in

generale i siti distali), nonché per la capacità dei batteri di traslocare da un sito che non sia

stato trattato o sia stato solo parzialmente trattato ad un sito adeguatamente

decontaminato, o cmq la capacità di traslocare da quelli che vengono considerati dei reali

serbatoi microbici verso le tasche parodontali decontaminate (si pensi alla superficie

linguale, che essendo villosa, accoglie centinaia di migliaia di batteri, o le superfici mucose

delle guance, le labbra, le cripte tonsillari). Questo è lo stesso motivo per cui un paziente

che è destinato alla terapia implantare, ma ha anche un problema parodontale, va prima

trattata la parodontite e poi andranno inseriti gli impianti, proprio perché dalle tasche non

trattate, i batteri, potrebbero traslocare nei siti implantari e innescare perimplantiti.

A ciò si aggiunge anche la capacità che hanno molti batteri, principalmente A. Actinom. e

P. Gingivalis, di penetrare all’interno dei tubuli dentinali e all’interno delle cellule epiteliali

della parete molle della tasca e in queste aree, con la strumentazione meccanica, non

riusciremmo mai ad arrivare. Per ovviare a questi inconvenienti ci si è chiesti se, l’aggiunta

di una terapia antisettica o antibiotica alla nostra terapia meccanica, possa portare a un

reale beneficio.

Una volta deciso di abbinare una terapia farmacologica a quella meccanica, bisognerà

scegliere oltre al tipo di farmaco, anche la via di somministrazione (sistemica o locale).

Indipendentemente da ciò, è anche necessario che il principio attivo abbia dimostrato,

negli studi in vitro e su animali e uomo, di essere efficace contro i microorganismi che

intendiamo colpire con la terapia farmacologica. Bisognerà anche dimostrare che questo

farmaco sia terapeuticamente efficace a dosi facilmente somministrabili nell’uomo, che si

riesca facilmente ad ottenere e mantenere all’interno del nostro sito bersaglio, (cioè nella

tasca parodontale, nelle sue porzioni più profonde). Bisognerà anche valutare gli effetti

collaterali legati al dosaggio che è necessario ottenere e valutare il rapporto rischi/benefici.

Si deve anche individuare un veicolo, un mezzo di somministrazione o cmq un farmaco

che riesca a mantenere una certa stabilità alla dose terapeuticamente efficace all’interno

della tasca parod per un periodo sufficientemente lungo. Questo perché abbiamo

all’interno del cavo orale, nei nostri siti bersaglio specifici, degli inconvenienti come

l’azione di lavaggio del fluido crevicolare, la necessità di dover introdurre un farmaco in un

ambiente come la tasca parod che può essere difficile da raggiungere, soprattutto nelle

sue porzioni più profonde e in cui è difficile mantenere un principio attivo o un veicolo di

esso, perché qualunque cosa venga inserita all’interno della tasca non solo tende ad

essere lavata via dal fluido crevicolare, ma viene anche ad essere spiazzata dalla

pressione dei tessuti molli che tendono a far fuoriuscire qualsiasi cosa penetri nella tasca

parod.

Per cui si deve individuare un veicolo che abbia un cambio di viscosità o una buona

stabilità fisica una volta inserito nella tasca parod, in modo da garantire una dose costante

e sufficientemente alta per sufficiente tempo.

Sia la via di somministrazione sistemica, sia la locale, hanno svantaggi e vantaggi: quella

sistemica ha il vantaggio di garantire un’ampia distribuzione del farmaco, per altro con una

migliore compliance da parte del paziente. Tuttavia, proprio per questa sua ampia

distribuzione, la dose che riuscirà a raggiungere il sito specifico, sarà sicuramente più

bassa per l’ampia diluizione che il principio attivo ha a livello ematico o cmq per la forte

distribuzione anche in altri distretti corporei. Per la sua ampia distribuzione, il farmaco

somministrato per via sistemica avrà anche maggiori effetti collaterali rispetto a un

farmaco somministrato localmente . La somministrazione per via locale, ha come

svantaggio la non ampia distribuzione, quindi è vero che non ha una grossa diluizione a

livello di tutti i distretti corporei, per cui localmente si troverà più concentrato, ma è anche

vero che agirà solo in quei siti (tasche) in cui verrà introdotto, in altri siti non andrà ad agire

e raggiungerà meno o per niente i batteri penetrati nella parete molle della tasca. Per cui ci

potrà essere una reinfezione di siti trattati con il principio attivo da parte di batteri presenti

in siti in cui non è stato applicato localmente il farmaco. Una sommin locale è anche meno

facilmente gestibile per il paziente, perché un conto sarà assumere una compressina di

antibiotico, un conto sarà andare a (20.04) un prodotto all’interno di tutte le tasche

parodontali.

Indipendentemente dalla via di somministrazione, si deve considerare che qualsiasi

principio attivo non è esente da effetti collaterali e che si può anche sviluppare resistenza

batterica, quindi non si potrà ricorrere alla terapia farmacologica in maniera indiscriminata

ed abituale.

Tra i farmaci maggiormente studiati e impiegati anche in ambito parodontale vi sono le

penicilline (battericidi che inibiscono la sintesi della parete cellulare con uno spettro

ristretto ai soli Gram+). Tra i primi farmaci antibiotici usati vi sono le tetracicline che hanno

il vantaggio di avere uno spettro d’azione più ampio (gram+ e gram- anaerobi), però hanno

un’azione non battericida ma batteriostatica di inibizione della sintesi proteica. Un altro loro

vantaggio è quello di essere dei chelanti del calcio. Ciò garantisce loro di adsorbirsi a

livello osseo o sulla superficie radicolare e ciò garantisce così anche un loro graduale

rilascio nel tempo mantenendo quindi una concentrazione alta per un periodo di tempo più

lungo. Le tetracicline oltre ad avere azione antibiotica possiedono anche un’azione anti-

collagenasica, ovvero di inibizione dell’elastasi, della collagenasi e delle metalloproteinasi

della matrice, che sono gli enzimi principalmente coinvolti nel danno diretto a livello

tessutale, tant’è che negli ultimi anni era stato introdotto un farmaco, il Periostat che è una

tetraciclina (la doxiciclina da 20mg da assumere 2 volte al giorno, un’ora prima di

colazione e una prima di coricarsi x 3mesi) che avrebbe dimostrato di contribuire al

miglioramento dei parametri clinici, soprattutto alla riduzione dei livelli di sanguinamento e

di citochine infiammatorie a livello del fluido crevicolare.

I macrolidi hanno un meccanismo e uno spettro di azione sovrapponibile alle tetracicline e

un altro farmaco ampiamente utilizzato in ambito parodontale è il Metronidazolo che è un

chemioterapico ad azione battericida che per funzionare deve essere internalizzato nella

cellula batterica dove viene scisso in metaboliti ad elevato peso molecolare ancora

metabolicamente attivi che si legano al DNA impedendone la duplicazione con

conseguente morte cellulare. Questo meccanismo coinvolge però le vie ossido-riduttive

che sono specifiche solo dei microorganismi anaerobi stretti e protozoi, per cui hanno un

meccanismo d’azione piuttosto limitato.

La letteratura ha studiato la possibilità di andare a trattare un problema parodontale con

una terapia antibiotica: in realtà è ormai accertato che una terapia antibiotica sistemica

non va a determinare alcun miglioramento del quadro clinico in assenza di una terapia

meccanica, se non nel breve tempo, in quanto c’è si una riduzione della carica microbica,

che nell’immediato porta a un miglioramento del quadro clinico, ma facilmente e

rapidamente c’è una ricolonizzazione. Quindi a lungo termine la terapia antibiotica non ha

effetto nel trattamento della parodontite.

Regina: se fatta da sola.

Risp: anche in associazione a una terapia meccanica nel trattamento di una forma cronica

di parodontite non ha alcun senso abbinare anche una terapia farmacologica di tipo

sistemico,

a meno che il paziente non abbia altre patologie sistemiche, per cui la terapia antibiotica

che andremo a prescrivere non sarà volta a migliorare il quadro parod ma a evitare delle

complicanze legate alla patol sistemica principale del paz.

I primi protocolli terapeutici farmacologici, abbinati alla strumentazione meccanica,

prevedevano la somministrazione di tetracicline in virtù del fatto che hanno uno spettro

d’azione molto ampio, con bassa tossicità e si pensava che dopo somministrazione orale

riuscissero ad ottenere un’alta concentrazione a livello del fluido crevicolare. In vitro si era

dimostrata una certa efficacia delle tetracicline contro dei batteri parodontopatogeni come

l’Aggregatibacter. Il protocollo terapeutico era abbastanza noioso da affrontare per il

paziente perché prevedeva 4 somministrazioni giornaliere da 250mg l’una di tetracicline

da ripetere ogni 15gg.

In ogni caso, tut

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Publisher
A.A. 2015-2016
18 pagine
SSD Scienze mediche MED/28 Malattie odontostomatologiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ottavoincluso di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Parodontologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Gabriele D'Annunzio di Chieti e Pescara o del prof Paolantonio Michele.