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MARTIN LUTERO
Epistola sull’arte del tradurre e sulla intercessione dei Santi
Anzitutto io se avessi potuto pensare che i papisti fossero tanto capaci di tradurre esattamente e
bene un capitolo della Scrittura, per umiltà mi sarei certamente abbassato a chiedere il loro aiuto e
la loro assistenza nella traduzione in tedesco del Nuovo Testamento. Ma siccome sapevo che
nessuno di loro sa come si deve tradurre o parlare in tedesco ritengo questa fatica inutile. Inoltre
essi imparano a parlare e a scrivere in tedesco dal mio modo di tradurre, mi rubano la lingua e
invece di ringraziarmi la usano contro di me. Sono il mio Testamento e la mia traduzione e devono
essere e rimanere miei. Se ho commesso degli errori non tollero che i papisti ne siano giudici. So
bene quale arte ci voglia e quale diligenza, intelligenza e comprensione per essere un buon
traduttore. Nella mia traduzione non mi sono allontanato troppo liberamente dalla lettere, anzi
nell’esame mi sono molto preoccupato di rimanere il più possibile aderente al testo. Ma ho
preferito allontanarmi dall’uso corrente della lingua tedesca piuttosto che allontanarmi dal testo.
(Fedeltà al testo originale e utilizzo di un tedesco + moderno)
JOHANN WOLFGANG GOETHE
Note e saggi sul divan orientale-occidentale
Ci sono tre generi di traduzioni.
1. Il primo ci fa conoscere l’estero dalla nostra prospettiva; una traduzione prosaica è la
migliore poiché la prosa neutralizza completamente tutte le particolarità di ogni arte poetica
e riduce anche l’entusiasmo poetico a un livello comune.
2. A questo segue una seconda epoca in cui ci si sforza di trasferirsi nelle situazioni del paese
straniero, ma in realtà tende solo ad appropriarsi del senso a noi estraneo e a raffigurarlo
nuovamente nel proprio senso, nel proprio contesto. Questa epoca è detta parodistica ed
adatta le parole straniere alla propria lingua e allo stesso modo procede anche con i
sentimenti, i pensieri e gli oggetti.
3. Ecco un terzo periodo che deve essere detto l’ultimo e il più elevato, ovverosia quello in cui
si desidera rendere la traduzione identica all’originale sicché l’una non sia surrogato
dell’altro, bensì lo rappresenti paritariamente. Il traduttore che aderisce totalmente al suo
originale, rinuncia più o meno all’originalità della sua nazione,creando una terza entità alla
quale il gusto della folla deve innanzitutto educarsi. (Il lettore deve avvicinarsi al testo
originale)
Una traduzione che tende ad identificarsi con l’originale facilita enormemente la comprensione
dell’originale; con ciò veniamo condotti al testo di base e l’intero cerchio entro il quale si muove
l’approssimarsi dell’estraneo e del consueto,del noto e dell’ignoto viene alla fine chiuso.
WILHELM VON HUMBOLDT
Introduzione alla traduzione dell’Agamennone di Eschilo
Ho riservato quanto più cura possibile all’aspetto metrico del lavoro: purezza e giustezza
metrica,essendo questa fondamento d’ogni altra bellezza e credo che per essa il traduttore non
faccia mai abbastanza. Il ritmo che domina nei poeti greci drammatici è mondo a sé. I greci sono
l’unico popolo per il quale sappiamo essere caratteristico un tale ritmo e ciò li distingue e qualifica
maggiormente. Un traduttore,specialmente dei lirici antichi, sovente avrebbe da guadagnare se si
prendesse delle libertà; anzi molti preferiscono una certa naturalezza a una superiore bellezza
ritmica. Ma al riguardo un traduttore deve esercitare abnegazione e severità verso se stesso. Poiché
le traduzioni più che opere durature sono in prima linea lavori che saggiano lo stato della lingua
in una determinata epoca. Così quella parte di nazione che non può leggere da sola gli antichi, li
conoscerà meglio tramite più traduzioni che non ricorrendo ad un'unica traduzione, poiché il vero
spirito di un testo riposa solo nell’originale. (fedeltà al testo originale)
FRIEDRICH SCHLEIERMACHER
Sui diversi metodi del tradurre
Con la traduzione possono entrare in contatto persone magari originariamente distanti tra loro e in
una lingua possono venire accolti i prodotti di un’altra. Se ci soffermiamo sulla traduzione da una
lingua straniera nella nostra dovremo distinguere due campi diversi. L’interprete assolve il suo
compito nell’ambito dell’attività quotidiana mentre, il traduttore vero e proprio lo assolve in quello
della scienza e dell’arte. Per interpretazione s’intende un’attività orale, per traduzione si intende
un’attività di scrittura. All’ambito dell’arte e della scienza si addice la scrittura,la quale soltanto è in
grado di renderne duratura l’opera. Vi sono due modi per tradurre: parafrasi e rifacimento. La
parafrasi si propone di superare l’irrazionalità delle lingue, ma soltanto in maniera meccanica. Essa
ritiene che,se anche nella mia lingua non trovo una parola corrispondente a quella della lingua
straniera,posso tentare di renderne il valore mediante l’aggiunta di specificazioni limitative ed
estensive. Di fronte a composizioni difficili la parafrasi tende a trasformarsi in commentario. Il
rifacimento si piega all’irrazionalità della lingua, esso riconosce che è impossibile produrre una
copia di un’opera d’arte letteraria in un’altra lingua, per cui,di fronte alla diversità delle lingue si
rassegna a elaborare una imitazione i cui effetti sono simili a quelli del modello originale. Il
traduttore deve proporsi di offrire al proprio lettore un’idea e un godimento come quelli offerti
dalla lettura dell’opera nella lingua originale.
Inoltre diverso è il loro ambito e modo di applicazione:
La parafrasi viene praticata nel campo delle scienze e mira al contenuto, mentre il rifacimento viene
applicato nel campo delle arti e si concentra sullo stile e sulla forma.
JOSÈ ORTEGA Y GASSET
Miseria e splendore della traduzione
Tradurre non è un desiderio irrimediabilmente utopistico? È quindi un’utopia credere che due
vocaboli appartenenti a due lingue, (che il dizionario ci indica come traduzione l’uno dell’altro)
facciano riferimento esattamente agli stessi oggetti. È naturale che le lingue, formatesi in paesaggi
differenti e in base ad esperienze diverse, siano incongruenti. Il cattivo utopista non starà troppo
tempo a pensare al problema di come bisogna tradurre, ma comincerà il lavoro senza indugi. Ecco
perché quasi tutte le traduzioni fatte finora sono cattive. Il buon utopista al contrario pensa che,
sebbene sia auspicabile liberare gli uomini dalla distanza imposta loro dalle lingue, non è probabile
che ci si possa riuscire; e quindi ci si deve limitare ad un risultato approssimativo. La lingua non
soltanto pone delle difficoltà all’espressione di certi pensieri,ma ostacola la ricezione di alcuni
altri,paralizza la nostra intelligenza in determinate direzioni. Bisogna partire dal correggere l’idea di
ciò che può e deve essere una traduzione. Essa viene forse intesa come un’operazione magica in
virtù della quale un’opera scritta in una lingua risorge repentinamente in un’altra? Se è così siamo
perduti. La traduzione non è un doppione del testo originale,non deve pretendere di essere la stessa
opera con un lessico diverso. La traduzione non appartiene neppure allo stesso genere letterario
dell’opera tradotta. È necessario mettere l’accento su questo e affermare che la traduzione è un
genere letterario a sé, diverso dagli altri, con regole e finalità proprie, in cui bisogna portare il
lettore verso la lingua originale.