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Secondo David Held, James N. Rosenau, Ian Clarke, invece, la globalizzazione è un processo
in atto già da lungo tempo, che non dissolve la sovranità statale, ma la trasforma
profondamente. Questi autori vedono la globalizzazione come un fenomeno del passato più
recente, che si fonda comunque su processi politici, economici e militari di lunga storia. A ciò
non mancano gli scettici della globalizzazione, Paul Hirst e Grahame Thompson, che la
interpretano come una copertura ideologica delle strategie americane per il controllo
dell’economia mondiale. 2
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CAP. 2 – DIMENSIONI DELLA GLOBALIZZAZIONE
1. Sistema-mondo, imperialismo, “global history”
L’uso del termine globalizzazione in senso stretto è cosa degli ultimi decenni; esso, però, è in
realtà il risultato di un lungo processo che gli storici hanno analizzato riferendosi a fenomeni
come le migrazioni, la comunicazione mondiale e gli scambi economici internazionali. Si sono
dunque sviluppati degli ambiti di ricerca storica i cui risultati sono utili anche per la storia della
globalizzazione:
Un primo ambito è la storia dell’economia mondiale, cioè la storia del commercio
1. internazionale e dei gruppi industriali multinazionali.
Un altro ambito è la ricerca sulle migrazioni, interessata agli spostamenti degli esseri
2. umani e in particolare alle motivazioni e alle circostanze dell'emigrazione; studia inoltre
le esperienze degli immigrati nei paesi d'arrivo. Uno dei suoi principali campi di
interesse riguarda le migrazioni oltre oceano e la tratta degli schiavi.
Un terzo ambito è la storia delle relazioni internazionali, cioè la storia delle relazioni
3. bilaterali tra gli Stati oppure la storia degli sviluppi interni al sistema europeo delle
grandi potenze.
Infine l'ultimo ambito che rappresenta una fonte particolarmente importante per la storia
4. della globalizzazione è la storia dell'imperialismo e del colonialismo. In Germania,
questo ambito di ricerca si è a lungo concentrato sulla storia delle colonie tedesche,
mentre negli ultimi due decenni si è aperto ad altre questioni, come a quella della storia
globale, attingendo spunti e sollecitazioni anche dalla etnologia e dalle critiche
all’eurocentrismo.
Nessuno di questi 4 ambiti spiega però in modo chiaro la globalizzazione. Nei primi anni
Novanta si sviluppa in Inghilterra un forte interesse per la storia globale. La differenza tra
questo tipo di storia e la storia mondiale, in particolare, è che quest’ultima tende ad analizzare
la storia delle diverse civiltà con particolare attenzione alla loro comparazione, mentre la storia
globale fa una disamina sulla storia dei contatti e degli scambi tra queste civiltà non soltanto
dal punto di vista politico ed economico. La globalizzazione si tratta quindi di un ambito di
ricerca specifica della storia globale, che comprende anche relazioni non direttamente
connesse con la globalizzazione. Immanuel Wallerstein a partire dal 1974 ha introdotto nella
letteratura storico-sociologica due concetti: il concetto di sistema-mondo e quello di
centro-periferia. Egli cerca di capire come per descrivere i rapporti di potere nella politica non
basti considerare i rapporti tra Stati occidentali, ma sia necessario guardare al mondo per
capire quali rapporti ci sono tra nord e sud del mondo; per questo egli parla di centro-periferia
e non di Stati. Egli, però, non parla solo di storia europea ma anche di altri continenti. Finora
Wallerstein ha attuato il suo progetto di ricerca per il periodo che va dal 1500 al 1850. Non è
ancora arrivato ai rapporti realmente globali, quindi, il suo approccio del sistema rimane
un’interpretazione dell’espansione capitalistica europea
Reti e spazi d’interazione
2.
Un modo per avvicinarsi alla preistoria della globalizzazione senza adottare questo approccio
“dall’alto” ci viene dato dagli studi antropologici, nei quali le storie parallele delle singole civiltà
si intrecciano in una rete d’interazione grazie a politiche matrimoniali, legami religiosi e flussi
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finanziari. Anche in questo approccio, però, le reti relazionali non sono coincidenti (parti del
tutto), è quindi preferibile studiare le connessioni mondiali sul terreno dell’agire individuale.
Nell’analisi economica mondiale dei primi del Novecento già si parlava di reti sociali, ogni
rapporto sociale per non costituisce di per sé una rete, che per essere tale deve presupporre
un certo grado di stabilità e di sostegno istituzionale. Secondo Castells, infatti, solo nell’epoca
presente sono disponibili gli strumenti con cui costruire le strutture portanti e gerarchiche della
vita economica e sociale, in cui il sistema di potere diventa meno visibile, ma più pervasivo,
veicolando i modi del pensiero sociale, mentre, secondo “la teoria delle relazioni internazionali”
di John W. Burton, i rapporti sociali sono strutturati come una “tela di ragno”, che prescinde dai
poteri e dai confini politici. Un limite nella nozione di rete consiste nel fatto che essa tende ad
appiattire l’intensità delle interazioni sociali e a minimizzare gerarchie e differenze di potere. In
questo caso la rete, intesa in senso lato, oltrepassa i confini esistenti, ma niente gli impedisce
di crearne di nuovi. Su questo fronte l’insistenza di Wallerstein sulle contraddizioni tra centro e
periferia agisce in senso correttivo: gli scambi, infatti, non si distribuiscono uniformemente su
tutto il territorio ma si creano al contrario degli spazi d’interazione più intensa ed è in questi
spazi che si fa la storia della globalizzazione.
L’immagine della rete non deve però suscitare l’idea banale che tutto sia dipendente da tutto. A
volte non vi è infatti reciprocità negli scambi: per esempio il commercio transatlantico degli
schiavi nella prima età moderna, anche se faceva parte di una rete transcontinentale si
svolgeva in un'unica direzione, dal momento che quasi nessuno degli africani deportati faceva
ritorno nella sua terra di origine. A determinare l’estensione degli scambi e la loro importanza è
il fatto che alcuni paesi hanno preso parte alle emigrazioni d’oltreoceano dell’800-900 a
scapito di altri paesi che, invece, si sono trovati privi di una consistente forza lavoro a causa
della migrazione. L'estensione e l'importanza degli scambi devono poi essere valutate in
rapporto reciproco: le reti locali, infatti, sono sempre esistite, ma con la globalizzazione
aumenta l'importanza delle reti di grande estensione. Le reti di differenziano inoltre per
intensità, velocità e per i canali che adottano. L'intensità e la velocità dipendono dai mezzi
tecnici a disposizione e dalle condizioni organizzative indispensabili per utilizzare al meglio la
tecnologia. Per quanto riguarda invece i canali tramite cui avviene il collegamento in rete si
distinguono altri due fattori rilevanti: la durata dell'interazione e la sua frequenza. In particolare,
attraverso la ripetizione regolare, i singoli scambi possono trasformarsi in una rete stabile in
cui tra i partecipanti si crea una stabile divisione internazionale del lavoro orientata ai bisogni
economici e ai sistemi simbolico-culturali.
Periodizzazioni
3.
Il processo della globalizzazione si estende lungo migliaia di anni. I processi storici, però,
raramente procedono con regolarità: più spesso si strutturano nel tempo attraverso
accelerazioni e rallentamenti, punti alti e punti bassi di sviluppo, mentre i confini tra le "epoche"
appaiono ovvi solo nel caso in cui coincidano con date importanti della storia degli eventi
politici e militari. Anche questi eventi, queste particolari svolte, però non necessariamente
significano ulteriori cesure negli ambiti della vita. Dal momento che la globalizzazione
interessa alcuni di questi ambiti (come l’economia, la politica, la cultura e la tecnica) si
intrecciano diverse periodizzazioni. È quindi molto difficile stabilire un ordine univoco della
storia, di conseguenza ogni proposta di periodizzazione risulta sempre discutibile. Seguendo
Wallerstein, Osterhammel sostiene che l’avvio della globalizzazione sia cominciato con la
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costruzione degli imperi coloniali portoghese e spagnolo a partire dal 1500 circa e quindi con
la conseguente interdipendenza multilaterale. Una intensificazione del processo si ebbe con la
rivoluzione industriale che comportò la dissoluzione degli imperi coloniali in favore del libero
commercio e dell’esportazione del modello istituzionale europeo. Successivamente, dopo il
1880, le volontà nazionali sviluppatesi in modo preponderante tenderanno a intendere
l’economia mondiale in funzione della potenza nazionale, andando così ad incrinare il
processo globalizzante almeno fino alla fine della II Guerra Mondiale, quando la ricerca di
ricostruzione portò alla nascita dei due blocchi di potere alternativo. Da un lato, nacquero le
strutture all'interno delle quali si è sviluppata anche la globalizzazione che noi conosciamo.
Dall'altro lato, invece, fece la sua comparsa un nuovo tipo di globalizzazione che vedeva il
mondo come una comunità di destino di fronte alla possibilità del suo annientamento nucleare
e al graduale affacciarsi sulla scena di problemi ambientali che oltrepassavano i confini
nazionali. 5
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CAP. 3 – FINO AL 1750: COSTRUZIONE E CONSOLIDAMENTO DEI LEGAMI MONDIALI
1. Commercio a distanza, grandi imperi, ecumeni
Il sistema-mondo di Wallerstein dette origine a delle critiche secondo le quali non fu il ’500 il
secolo dell’inizio della storia globalizzata. Infatti, secondo i detrattori, si può già parlare di
sistemi-mondo per i secoli precedenti retrodatandoli addirittura a 5000 anni fa. Uno degli
elementi per l’integrazione macro spaziale dei tempi antichi fu l’aggregazione di molti territori
sotto l’egemonia di un impero. Nella formazione di simili imperi le unità politiche minori erano
inglobate in un insieme più grande caratterizzato da una gerarchia di potere interamente
imperiale, spesso con a capo un monarca; da un apparato militare e dalla pretesa del centro
dell'impero di essere contemporaneamente il centro di tutta la civiltà conosciuta. Altro
elemento fu l’ecumene religiosa, che aveva un raggio di azione molto più ampio ma confini
politici meno determinanti. Il grande impero e l’ecumene religiosa potevano più o meno
coincidere, ma non era la regola. Coincidevano soprattutto in Cina, dove l'impero coincideva
sostanzialmente con quel territorio il cui strato superiore si atteneva alla dottrina morale
confuciana. Il confucianesimo si diffuse anche in un paese vicino come i