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Web. In ogni caso, attraverso questi scambi, questa compenetrazione di spazi, si realizza
concretamente, per la prima volta, l'unificazione del mondo, un mondo senza centro ma con molte
periferie, unificato ma non unitario. Questo determina profonde conseguenze sul piano politico. La
moderna centralità dello spazio dello Stato è infatti gravemente scossa, oltre che dal fenomeno
migratorio, dalla "dispersione" dell'economico; si ha quindi un restringimento dello spazio dello
Stato sociale, l'allentarsi della presa redistributiva dello Stato sulla società, e il conseguente
liberarsi della "mobilità" relativa al soggetto individuale e al suo produrre sociale. Ogni spazio
politico inizialmente chiuso e omogeneo diventa dunque ora potenzialmente un miscuglio etnico,
che dovrà far fronte al multiculturalismo e alle lotte per il riconoscimento che si manifestano
all'interno di Stati che non sono più spazi politici monoculturali. Tuttavia, le aperture dello spazio
politico moderno rese possibili dai flussi economici e di persone determinano anche fenomeni di
agorafobia, insorgenze locali e nuovi comunitarismi, si assiste cioè a una reazione da parte di
coloro che rifiutano la convivenza multietnica e perciò danno vita a nuove forme di esclusione
verso i nuovi venuti. Tramite questa costruzione di etnie e di culture, si realizza poi la disgiunzione
del nesso moderno tra Stato e nazione. Anche questa pluralità di culture però è problematica:
infatti, la tesi del multiculturalismo secondo cui il conflitto di culture rappresenta la nuova cifra del
presente, e che la vera questione politica di oggi consista nel permettere l'esistenza di una pluralità
di identità determinate culturalmente e qualificate all'interno di uno spazio politico libero da effetti di
monopolizzazione e di esclusione, non tiene conto né del fatto che queste "culture" sono a loro
volta tutt'altro che naturali, ma al contrario modificate dalle contraddizioni sociali che le
attraversano, né dell'evenienza che l'identità del singolo possa determinarsi contro di esse e non
grazie ad esse; e ciò renderebbe dunque ancora indispensabile che il singolo individuo faccia
ricorso a un insieme di norme derivate per forza di cose dallo Stato. Un altro indicatore della
globalizzazione è quindi la perdita di confini dell'agire quotidiano.
1.3 Relazioni internazionali
Per quanto riguarda invece le relazioni internazionali, la globalizzazione consiste nel fatto che la
politica più che internazionale diventa ora globale; è cioè uno spazio turbolento dove le linee di
conflitto si moltiplicano e dove si manifestano fenomeni contraddittori: da una parte, il policentrismo
dovuto alla permanenza di alcuni residui della forma-Stato o, secondo altri, alla crescita di
organizzazioni internazionali (quali l'Onu e i tribunali mondiali) e transnazionali (quali la Banca
mondiale, il Fmi e il Wto), oppure al nascere di una pluralità di "regimi regionali" (tra cui l'Europa) in
grado di configurare la distribuzione del potere globale; dall'altra parte, però, l'assenza di centro
dovuta al delinearsi su scala globale di un'unica superpotenza, non riesce a mettere in ordine il
mondo.
2. La contraddizione non resa sistema
La globalizzazione è quindi reale ma contraddittoria e non può essere letta come un processo
unidirezionale. La cosiddetta "età dell'individualismo” vede piuttosto il trionfo di una economia in
cui è difficile riconoscere il moderno universalismo dell'utile; vede inoltre il soggetto libero
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affermare la propria identità a prescindere dallo Stato, dalla nazione e dalla società, ma al
contempo lo vede anche essere distaccato non solo da ciò che produce ma anche dalla propria
cultura; lo vede così libero ma disorientato, attraversare tutti i confini ma allo stesso tempo lo vede
escluso dalla società multietnica. Allo stesso modo, i diversi scenari globali che si manifestano
sono una molteplicità di spazi privi però di una logica, di un orientamento. Volendo interpretare
questo processo nella maniera più ottimistica, la modernità viene vista come riflessiva, cioè in
grado di far interagire ininterrottamente il livello dell'azione con il livello della cultura è ciò può
offrire all'agire politico nuove opportunità, privandolo però di ogni certezza. La questione, in
sostanza, è che quello che nello spazio politico dello Stato sociale, nello spazio della democrazia,
costituiva il pluralismo degli interessi e delle ideologie, oggi, nello spazio globalizzato, è diventato
un processo altamente complesso. Questo insieme di universalizzazione e particolarizzazione, di
omogeneizzazione e differenziazione, di integrazione e di frammentazione, di aperture e di
chiusure, è dunque una contraddizione che non è però sistema; e non è neppure una
contraddizione semplice, immediata: infatti, il fatto che le geometrie politiche moderne siano ormai
obsolete, e le categorie spaziali del moderno non bastino più a descrivere la complessità della
globalizzazione contemporanea non significa che la spazialità artificiale della modernità sia stata
sostituita da un ritorno allo "stato di natura"; infatti, l'artificio è stato soppiantato dal virtuale, che
potrà essere lo spazio di nuove forme di libertà extraterritoriale, ma che per ora è soltanto l'ultimo
volto della tecnica; quest'ultima, a sua volta, sembra poi oggi volta in primo luogo ad escludere e a
far dimenticare agli utenti che possa esistere un mondo materiale, formato da mediazioni ancora
sotto il controllo di qualche soggettività.
3. La mobilitazione globale e il “glocalismo”
Lo spazio tipico della globalizzazione si configura come uno spazio amorfo e immediato nel senso
che la mediazione politica non ha più un ruolo rilevante nel determinare le forme della spazialità.
La spazialità universale e amorfa della globalizzazione non è però un'immediatezza semplice,
naturale, ma piuttosto l'immediatezza universale delle mediazioni, ovvero la mediazione universale
dequalificata, casuale: lo spazio globale è infatti universale ma non unitario. Lo spazio della
globalizzazione è poi caratterizzato in positivo dalla mobilità, da un moto perpetuo che crea una
polarizzazione tra "ricchi globalizzati", "turisti", per i quali lo spazio tende a scomparire, e "poveri
localizzati", intrappolati all'interno di spazi dequalificati e costretti a muoversi, o meglio a essere
vagabondi; si determina così una polarità tra l'individuo cosmopolita, colui che si sente ovunque a
casa propria, e chi invece si sente indesiderato e respinto ovunque. Nonostante la profonda
differenza che vi è tra queste figure, si manifesta però in esse un unico destino, una comune
mancanza di direzionalità, di orientamento: infatti, mentre il capitalismo di fine secolo stimola nei
ricchi desideri e aspirazioni e innesca nei poveri nuove migrazioni, tutti in realtà si muovono senza
una meta precisa, nell'incertezza e nell’ansia che caratterizzano il mondo globale. La mobilitazione
globale cancella in realtà ogni determinazione spaziale moderna in quanto conosce soltanto
energie di movimento. Questa sua caratteristica, tuttavia, non la rende affine alla mobilitazione
totalitaria. Il totalitarismo, infatti, rappresenta la degenerazione di spazi politici moderni e delle loro
dinamiche interne, sulla base di un'energia distruttiva prevalentemente politica, mentre la
globalizzazione conosce una mobilitazione in primo luogo economica; inoltre, il primo rappresenta
una fine, un'implosione, mentre la seconda, al contrario, è un inizio, un'esplosione. L'assenza di
spazialità politica moderna è inoltre testimoniata dal fatto che la mobilitazione globale non conosce
altra spazialità se non quella che si definisce attraverso il rapporto tra locale e globale. Un rapporto
che in realtà è indeterminato al punto da non significare nulla a parte l'estrema dequalificazione
dello spazio, che non ha più centro né periferia; inoltre, non si tratta di una vera opposizione, dal
momento che nessun luogo ha più la forza di opporsi alle logiche globali. Questo rapporto
significa, comunque, che ogni punto può essere esposto immediatamente alla totalità delle
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mediazioni immediate: non a caso, si parla a questo proposito di glocalizzazione. Questa
caratteristica dello spazio globale non significa però che tutti i punti sono uguali, ma che si è avuta
la perdita di ogni riferimento organizzativo dello spazio, che il mondo è in frammenti. La
mobilitazione globale significa insomma che ovunque può succedere di tutto, anche se in certi
luoghi un po' meno: l'Occidente, ad esempio, è oggi considerato più che l'ovest geografico e
storico, quella fascia settentrionale del mondo europeo e americano che, pur penetrata da quello
che una volta era il terzo mondo, ha minori probabilità di ospitare al suo interno guerre o dittature.
4. Risposte a sfida
Definiti i caratteri generali della globalizzazione, Galli prende poi in esame le principali risposte alla
sfida interpretativa che essa pone.
4.1 La democrazia fra globalità e rispazializzazione
In primo luogo vi sono coloro i quali interpretano il fenomeno come l’affermazione di “uno spazio
liscio”, cioè come il trionfo del liberalismo, sorretto da un’ideologia definita pensiero unico. Nella
dialettica fra particolare e universale, la globalizzazione coinciderebbe dunque per questi analisti
con la supremazia del primo sul secondo. Vi sono, poi, coloro i quali intendono il fenomeno in
modo più positivo, ovvero come l’opportunità di incrementare gli universalismi nati negli spazi
politici moderni e da sempre prigionieri delle geometrie politiche della modernità: ovvero gli
universalismi razionali, progressivi e dei diritti umani. Questa giuridificazione totale però da un lato
si pretende svincolata dallo Stato e, dall’altro, ne assume, come se fosse scontato, uno dei
principali effetti: l’esistenza cioè di una società su scala mondiale, alla quale applicare grazie
all’opera dei tribunali uno jus cogens, un diritto cogente, cioè le norme consuetudinarie che, nel
diritto internazionale, sono poste a tutela di valori considerati fondamentali e inderogabili.
Insomma: l’idea, dipendente per intero dalla concettualità moderna, è che la Weltpolitik possa
essere trasformata in Weltinnenpolitik, in politica interna mondiale. In questo modo, però, lo spazio
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