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N
dipende dalla diversità degli obiettivi associati agli output che vengono realizzati, dalla
diversità interna (ossia dal numero diverso di input e di risorse impiegate) e dalla difficoltà
degli obiettivi di prestazione richiesti al compito in termini di efficienza ed efficacia (infatti,
più è elevato il livello di prestazioni più sono stringenti i vincoli di trade-off tra le
prestazioni e quindi aumenta il numero di variabili da considerare);
- L’informazione posseduta (I ): ossia quella che realmente possiedo;
P
L’incertezza può essere dunque ricondotta alla differenza tra questi due elementi, quanto più è
elevata questa differenza, maggiore è la capacità elaborativa richiesta, cioè lo sforzo in termini di
acquisizione delle informazioni ed elaborazione delle decisioni.
Lo step successivo, ci porta alla progettazione organizzativa basata sul trattamento
dell’informazione (ossia per dimensionare correttamente la capacità elaborativa), Galbraith
elenca prima i metodi classici per dimensionare la capacità elaborativa (successivamente ci
descrive delle strategie vediamo dopo):
Il ricorso alla gerarchia: un aumento d’incertezza può portare al sovraccarico dei canali di
o comunicazione verticali e portare a ritardi e distorsioni. È utile, in questi casi, ridurre
l’ampiezza di controllo cioè il numero di fonti d’informazione (e di eccezioni) per i capi
gerarchici. Questo strumento è limitato in termini di capacità; 5
Utilizzo di regole, programmi e procedure: esse sono decisioni che, data la loro ripetitività,
o possono essere definite in anticipo. Il vantaggio è di non richiedere ulteriore
comunicazione sia nei canali verticali sia nelle diverse unità, mentre lo svantaggio è la
difficoltà di fronteggiare un aumento d’incertezza;
Definizione di obiettivi e l’aumento dell’autonomia decisionale: si passa da coordinare
o supervisionando (p.to precedente) a coordinare definendo target e selezionando personale
con competenze adeguate;
L’utilizzo di questi metodi consente, tuttavia, di ottenere una capacità elaborativa limitata, per
questo occorre implementare altre tipologie d’interventi.
Per prima cosa si cerca di ridurre l’esigenza d’informazione in modo da ridurre la quantità
d’informazione da elaborare, si può ottenere questo risultato si può:
- Intervenire sull’ambiente: gli interventi sull’ambiente (es: azioni di marketing per
controllare la domanda) sono utili a ridurre l’incertezza influenzando l’ambiente esterno;
- Creazione di risorse di slack: consiste nell’aumento di disponibilità di risorse per lo
svolgimento di un task, queste risorse fanno da “cuscinetto” ossia consente di “assorbire”
le conseguenze dell’incertezza;
- Creazione di UO autosufficienti: si passa ad un’ottica di organizzazione funzionale basata
sugli input a una basata sugli output, questo per ridurre l’ammontare d’informazione da
processare aggregando le risorse necessarie per svolgere un task (riducendo la diversità
dell’output);
Una seconda tipologia d’interventi ha come obiettivo quello di aumentare la capacità elaborativa,
si da quindi per scontato che l’ammontare d’informazione necessaria sia fisso. Questo modo di
operare si ottiene con i seguenti interventi:
- Potenziamento dei sistemi informativi verticali: questo mi aumenta i flussi top-down e
bottom-up evitando l’overload informativo;
- Collegamenti laterali: sono processi informativi e decisionali che superano i confini della
struttura organizzativa, mi permettono di decentralizzare le decisioni collegando le UO
adatte ad affrontare e risolvere determinati problemi. I collegamenti laterali sono di
differenti tipi:
CONTATTI DIRETTI: ho due persone allo stesso livello gerarchico che comunicano
o senza passare a livelli gerarchici superiori, chiaramente è fondamentale la
comunicazione e la chiarezza degli obiettivi (facilitata dalle politiche di rotazione
all’interno delle UO);
RUOLI DI COLLEGAMENTO: sono ruoli creati appositamente per facilitare le
o comunicazioni fra le unità organizzative (es: uomo marketing in progettazione);
TASK FORCE: utili quando ho bisogno del coinvolgimento di più unità organizzative,
o si mette su una squadra composta da rappresentati di una serie di unità
organizzative (n.b. è temporanea);
TEAM: task force permanenti, fronteggiano problematiche ricorrenti (es: team di
o prodotto, fatto da marketing produzione e progettazione)
RUOLI DI INTEGRAZIONE: ruoli o UO dedicate al coordinamento, devono riuscire a
o farsi valere non avendo potere gerarchico (es: product manager);
MATRICE ORGANIZZATIVA: qui si complica ulteriormente la faccenda creando una
o doppia linea gerarchica che mette una stesa persona sotto la dipendenza di due
capi; 6
23/03
LA CULTURA ORGANIZZATIVA
Dalla seconda metà degli anni 1970 aumenta l’interesse negli studi organizzativi per aspetti “soft”,
come la cultura. La cultura è un elemento fondamentale tutte le volte che si va incontro al
cambiamento. Un altro elemento rilevante è che la condivisione della cultura porta le persone
all’interno della stessa azienda a condividere comportamenti appropriati che altrimenti non
riuscirei ad ottenere.
Per prima cosa metteremo a fuoco il concetto di cultura successivamente vedremo due approcci
d’intervento sulla cultura.
Una prima definizione di cultura: repertorio di comportamenti, atteggiamenti e valori condivisi
dalle persone che operano in azienda. Spesso è più facile notare la cultura di un’azienda
dall’esterno.
La cultura può essere vista come un elemento di coordinazione, in diversi contesti:
- All’interno dell’azienda:
Persone che condividono la cultura lavorano meglio insiemeà cultura come
o elemento d’integrazione;
La cultura aiuta le persone a coordinarsià la cultura come strumento di
o coordinamento;
- All’interno dei sistemi complessi:
Esempio dei distretti industriali, si condividono valori di riferimento nelle stesse
o zone geografiche; (es: bergamasco per i mobili, silicon valley).
La cultura è rilevante per il cambiamento organizzativo per i seguenti motivi:
- Se voglio apportare un cambiamento organizzativo devo per prima cosa capire con quale
cultura si opera nell’azienda (AS-IS);
- Nel momento in cui faccio un cambiamento importane, la cultura è spesso un elemento di
freno;
- La cultura è un elemento essenziale per il cambiamento, esso richiede infatti azioni
culturali, per cambiare la cultura devo agire su variabili che cambieranno col tempo la
cultura; 7
IL CONTRIBUTO DI SCHEIN
È stato il primo a definire la cultura dal p.to di vista del management e in secondo luogo ha cercato
di teorizzare gli aspetti della cultura attraverso l’osservazione partecipante (osservo fisicamente,
dentro l’azienda).
DEFINIZIONE DELLA CULTURA SECONDO SCHEIN
“la cultura organizzativa è l’insieme coerente di assunti fondamentali che un dato gruppo ha
inventato, scoperto o sviluppato imparando ad affrontare i suoi problemi di adattamento esterno e
di integrazione interna e che hanno funzionato abbastanza bene da poter essere considerati validi e
perciò tali da essere insegnati ai nuovi membri come il modo corretto di percepire, pensare e sentire
in relazione a quei problemi"
ASSUNTO: è un comportamento così radicato che uno lo mette in opera senza pensarci;
o INSIEME COERENTE: non ho culture uguali (ho tante piccole culture in un’azienda) ma
o mantengono una coerenza generale;
DATO GRUPPO: ossia c’è la cultura che l’insieme delle persone che lavora li ha inventato,
o scoperto e sviluppato (dalla conoscenza) dall’adattamento esterno e dall’integrazione
interna (sono due fonti di cultura);
INSEGNATI: quindi una volta trovato il modo di risolvere i problemi detti sopra gli insegno a
o chi entra. Questo perché la cultura diventa il modo corretto di pensare;
Secondo Schein la cultura si manifesta su differenti livelli, quali sono i livelli di manifestazione della
cultura?
- ARTEFATTI: sono aspetti visibili che sì mi fanno pensare ma non mi descrivono la cultura
(es: comportamenti, tecnologia, ecc.);
- VALORI ESPLICITI: sono quei valori con cui un’azienda si presenza, vengono manifestasti
dall’azienda. Questo mi avvicina a conoscere la cultura ma non sempre sono coerenti con
la realtà;
- ASSUNTI DI BASE: sono quelle regole, modi di fare che sono così interiorizzati che uno
mette in opera in modo inconsapevole, questo è il lato più descrittivo di cultura che ci
fanno veramente comprendere la cultura (es: relazioni fra persone, rapporto con
l’ambiente);
Il terzo aspetto evidenziato da Schein è come studiare la cultura aziendale, lui dice che sono 4
aspetti importanti da considerare:
1) Processi e contenuti dell’inserimento delle persone nuove;
2) Risposte ad eventi critici, vado a vedere come reagisce l’azienda a eventi importanti;
3) Analizzare credenze, valori e assunti del fondatore, dei leader e di chi “produce” cultura
(ossia di quei soggetti più rilevanti);
4) Anomalie e tratti sorprendenti caratteristici dalle altre realtà;
CASO HP
Antefattià come sono vestiti, brindisi di birra pausa caffè;
Valori esplicitià lavoro di gruppo, rapporto di collaborazione tra diversi livelli gerarchici;
assunti di baseà sviluppo di idee con lavoro di gruppo; 8
Per trasmettere i valorià presento l’azienda, racconto storie, rituali, evento critico (riduzione
orario e non personale);
IL CONTRIBUTO DI G. HOFSTEDE
Hofstede da una definizione completamente differente “la programmazione collettiva della mente
che distingue i membri di un gruppo o di una categoria di persone da un altro”.
Dice anche lui che la cultura è un fatto sociale e non
individuale, usa poi la metafora della cipolla, per prima
cosa vedo i simboli, successivamente vedo gli eroi
(persone di valore all’interno dell’azienda), a un livello
più profondo vedo i rituali. Tutti questi 3 elemento sono
lo strato esterno ma la vera conoscenza della cultura
me la danno i valori.
La sua è una ricerca sulle culture nazionali è differente
rispetto a Schein, ha fatto un’analisi statistica (in IBM)
cercando di rilevare delle variabili rilevanti.
Individua 5 variabili che mi permetto di capire la cultura nazionale:
1) Distanza di potere: se guardo a chi non conta, che relazione si aspettano di avere con le
persone che contano all’interno d