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1.LA RICERCA CON I BAMBINI

Nella ricerca sui bambini dall'interno della sociologia è maturata la consapevolezza che i bambini sono stati

frequentemente trattati come oggetti di socializzazione; la psicologia dello sviluppo ha rilevato il limite di aver spesso

valutato i bambini da una prospettiva adulta e la tendenza a considerarli più per quello che diventerebbero che per lo

stato di sviluppo in cui si trovano; inoltre a prevalso una ricerca quantitativa e sperimentale che fornisce una

questione riduttiva e semplificata delle questioni affrontate.

L'approccio quantitativo è associato al metodo sperimentale perchè secondo l'epistemologia positivistica una

conoscenza valida è quella cui si perviene testando ipotesi attraverso osservazioni sistematiche e procedure

sperimentali.

A lungo poi la vita e l'esperienza dei bambini è stata esplorata solo attraverso lo sguardo e le parole degli adulti, e i dati

ottenuti direttamente dai bambini erano considerati inattendibili perchè si pensava che non avessero le competenze per

capire il loro mondo e mancassero delle abilità linguistiche necessarie a mettere in parola i loro pensieri.

Questa visione dell'infanzia era supportata dal development model, l'idea secondo la quale i bambini non sono soggetti

pienamente compiuti ma si trovano in una delle fasi del processo di sviluppo che li porterà a realizzare pienamente le

loro potenzialità; sono considerati quindi immaturi e incompleti.

La svolta viene fatta risalire alla pubblicazione della Convenzione dei diritti dell'infanzia nel 1989, quando si è

cominciato a parlare di ricerca con i bambini considerandoli come attori, come produttori di significati e come detentori

di diritti. A questa svolta non deve essere fatta risalire la valorizzazione del pensiero del bambino, ma si deve invece

ricondurre il prendere forma dell'idea che i bambini possono essere soggetti attivi del processo di ricerca fino al punto

di assumere un ruolo di co-ricercatori.

Questa è la prospettiva assunta dalla sociologia dell'infanzia la quale non ha tenuto in considerazione la psicologia

dell'educazione e quindi alcuni contributi importanti antecedenti il 1989 che già prendevano in considerazione i bambini

come soggetti competenti: il contributo di Piaget con il metodo d'indagine clinica e Vygotsky con il costruttivismo

secondo cui i bambini sono soggetti che costruiscono il pensiero nello scambio con altri.

Molta della ricerca condotta dalla psicologia dell'educazione viene svolta nelle scuole che in collaborazione con i pratici

ha quindi reso possibile una diversa considerazione dei bambini.

In sintesi la ricerca con i bambini si concretizza nell'ascoltare e nel far partecipare e queste azioni epistemiche sono

finalizzate a realizzare una ricerca che assume i bambini al centro del suo interesse.

ASOLTARE I BAMBINI

La ricerca come processo di ascolto dei bambini afferma la necessità di accedere al loro punto di vista.

Il termine ascoltare comunemente è una parola che indica l'atteggiamento ricettivo di prestare attenzione al dire

dell'altro. Clark,però, nell'ambito della cultura di ricerca definisce l'ascolto come un attivo processo di comunicazione

che implica l'ascoltare, l'interpretare e il costruire significati; un'azione che non si limita al linguaggio delle parole e che

implica una fase necessaria di partecipazione.

L'ascolto implica fondamentalmente una dimensione di passività, di ricettività, uno stare in attesa del dirsi dell'altro;

implica un coinvolgimento attivo con l'altro quando si traduce in uno scambio conversazionale in quanto ascoltare non

significa estrarre informazioni dai bambini ma costruire un processo dinamico di scambio fra bambini e adulti che

insieme elaborano significati.

Gli strumenti di indagine che rispecchiano il principio di ascolto sono:

la primarietà della conversazione guidata ma non direttiva;

– l'uso di tecniche vicine all'esperienza dei bambini per invitarli a esprimere il loro pensiero, quindi, strumenti

– simili a quelli che usa l'insegnante;

l'elaborazione creativa di tecniche nuove per la fascia di soggetti oltre i cinque anni.

Una ricerca che si pone in ascolto dei bambini è importane: le ricerche di ascolto dei bambini, per cogliere i loro punti

di vista, possono quindi essere molto utili.

Un criterio per individuare le ricerche per le quali è giusto impiegare tempo dovrebbe essere quello di comprendere

cosa è importante per i bambini e quali sono le condizioni esperenziali (relazioni con gli altri, situazioni ambientali,

attività praticabili, risorse di cui disporre) che consentono al bambino di sentirsi bene e di crescere bene, e poi cercare di

capire come facilitare tali condizioni.

La ricerca con i bambini è piena di trappole: si tratta quindi di riflette non solo su quello che si può fare con i bambini,

ma anche su quello che ha senso fare per i bambini.

FAVORIRE LA PARTECIPAZIONE

Coinvolgere i bambini nella qualità di co-ricercatori è il senso che viene dato all'espressione ricerca con i bambini dalla

sociologia dell'infanzia: si afferma quindi l'opportunità di coinvolgerli in ogni fase della ricerca come co-ricercatori.

Chiedere ai bambini e ai ragazzi di collaborare all'interpretazione dei dati che essi hanno fornito viene considerata una

condizione necessaria per rendere i risultati più autentici.

La ricerca con i bambini è intesa quindi come un processo che prevede il coinvolgimento attivo dei soggetti non solo in

quanto produttori di pensiero, ma anche in quanto co-partecipi del progetto di ricerca. La prospettiva partecipativa

risulta positiva se adeguatamente ripensata in relazione all'età dei soggetti partecipanti. È necessaria una valutazione

critica sul se e sul come coinvolgere i bambini, e ogni decisione va giustificata.

Premessa argomentativa di tipo pedagogico che poggia su un presupposto ontologico: la materia della vita è il tempo e

l'essere umano è chiamato a dare senso al suo tempo. Proprio perchè il tempo è prezioso e la maggior forma di incuria

consiste nel non aver cura del proprio tempo, il compito dell'educazione consiste nell'orientare l'altro a far fiorire di

senso il proprio tempo.

Il compito di un ricercatore che opera con i bambini è quello di offrire buone esperienze educative dalla quali essi

possano apprendere.

Emergono differenti modi di interpretare la partecipazione: in certi casi la ricerca partecipativa con i bambini è quella

che coinvolge i bambini in attività per loro ordinarie (disegnare, fare foto, scrivere, raccontare storie); in altri casi la

partecipazione si realizza chiedendo ai bambini di progettare e condurre insieme ai ricercatori le varie azioni di ricerca,

responsabilizzandoli su un piano che può risultare problematico.

Assumere i bambini come co-ricercatori può essere quindi problematico in quanto richiede la padronanza di

competenze che i bambini non sono tenuti ad avere o che per la loro età non risultano accessibili.

Quando si parla di ricerca con i bambini ci si riferisce a soggetti compresi in una fascia di età che va da zero a diciotto

anni e occorre quindi tener conto del differente carico di lavoro cognitivo sostenibile col variare dell'età.

Non si può demandare al soggetto che non ha esperienza di ricerca e di cui noi in quanto adulti abbiamo la

responsabilità, di prendere una decisione su qualcosa in merito a cui non dispone degli elementi necessari per attuare

una deliberazione fondata.

La ricerca è una pratica adulta e prima di chiedere un impegno di tipo partecipativo ai bambini e ai ragazzi è necessario

capire cosa pensano del lavoro di ricerca e se veramente possono essere interessati.

La responsabilità delle azioni di ricerca è del ricercatore. I riferimenti per valutare il coinvolgimento dei bambini sono:

l'età: quando si parla di ricerca con i bambini ci si riferisce ai soggetti compresi in fascia di età 0-18 anni);

– gli interessi primari dei bambini: siamo sicuri che il loro interesse sia discutere con i ricercatori su come

– condurre un'intervista?

quali fasi della ricerca: il lavoro di analisi è un lavoro lungo, faticoso e duro.

Solo nei casi in cui si rintraccia per il ragazzo la possibilità di un esperienza formata lo si può coinvolgere nel pensare a

fare ricerca.

Il limite che si è verificato nel passaggio dalla ricerca sui bambini alla ricerca con i bambini è quello di interpretare

come oppositive le due seguenti concezioni dell'infanzia: quella che considera i bambini soggetti vulnerabili e

bisognosi di cura e quella che li considera attivi e competenti; quella che li considera destinatari di azioni di

protezione e quelli che li pensa come soggetti autonomi capaci di contribuire come co-ricercatori a un progetto di

indagine. Assumere queste due prospettive come alternative significa cadere in una visione riduttiva e semplificatrice

dell'infanzia.

I bambini sono soggetti competenti, ma anche vulnerabili; sanno partecipare ma è necessario valutare cosa comporta ai

differenti livelli di età questo impegno; sanno essere attivi ma hanno anche bisogno di passività.

Anche con i soggetti preadolescenti e adolescenti vanno adottate le cautele critiche individuate, mettendo sempre al

centro una valutazione del potenziale educativo della ricerca per i soggetti.

Sono molte le questioni da affrontare quando si fa ricerca con i bambini:

Quali sono i compiti che possono essere chiesti ai bambini?

– Quanto rilevanti devono essere le attività proposte per i bambini a confronto di quanto devono esserlo per il

– ricercatore?

Come possiamo rappresentare fedelmente il punto di vista dei bambini?

– Che cosa dobbiamo fare per cogliere e tenere conto degli interessi dei bambini nella ricerca?

– Ci sono reali benefici per i bambini nell'essere coinvolti in un processo di ricerca?

QUALE POSSIBILE RICERCA CON I BAMBINI

Affinchè il soggetto riesca a dire i suoi pensieri, a mettere in parole i suoi vissuti, a sostenere le sue teorie è necessario

consentirgli di pensare a partire da sé e, quindi, di avere la possibilità di esprimere il suo pensiero e il suo sentire:

significa raccogliere dati che richiedono un'analisi qualitativa.

Per capire il mondo dell'altro è necessario che:

l'indagine si sviluppo negli ambienti reali di vita del bambino;

– si ricorra all'uso di tecniche di ricerca che consentano all'altro di sentirsi a proprio agio;

– si interpreti il metodo di ricerca non come uno strumento predefinito ma come qualcosa che si può

– rimodulare nel contesto.

Cornice epistemologica

Per definire quali possono essere gli scenari epistemol

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
11 pagine
5 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/02 Storia della pedagogia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Mecchina di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Teorie e metodi dell'educazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Verona o del prof Mortari Luigina.