Riassunto esame epistemologia della ricerca qualitativa, docente Mortari, libro consigliato L'orto delle Emozioni, Valbusa, Mortari
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Un’adeguato metodo è la filosofia fenomenologico-ermeneutica, che permette
di indicare una via per l’analisi e la comprensione dei vissuti della coscienza:
- la sua versione eidetica ha il principio di descrivere la vita della mente, il
fluire delle unità di vissuto;
- la sua versione interpretativa permette di comprendere il senso di quanto ci
accade.
L’autocomprensione si realizza quando, sospendendo il coinvolgimento nelle
attività, la mente esamina mio che accade in se stessa. Nella fenomenologico-
ermeneutica si attiva lo sguardo interno per descrivere e interpretare i vissuti
della mente.
Nella teoria neostoica, l’analisi della vita della mente coglie il contenuto
cognitivo, l’oggetto della valutazione, il modo in cui il vissuto emotivo si
esprime, e eventuali modi di essere che innesca.
7. Il modo dell’autocomprensione affettiva
Il metodo fenomenologico-ermeneutico che ha per oggetto la vita interiore si
attua attraverso la descrizione e la narrazione dei vissuti affettivi in modo
dettagliato:
1. narrare l’accaduto emotivo;
2. descrivere cosa accade di sentire (tristezza può evidenziare un sentirsi
appesantiti e lontani dalle cose);
3. esplicitare l’atto cognitivo che ha generato il vissuto emotivo;
4. vedere cosa accade quando si vive un’emozione (es. sguardo spento durante
tristezza);
5. identificare la spinta espressiva di un atto affettivo, che può considerarsi
come atto sociale, ovvero il legame tra emozione e spinta corrispondente ad
agire verso una certa direzione.
Il processo di comprensione non deve affidarsi al pensare attraverso la logica,
ragione, ma deve affidarsi a un pensiero sensibile, ovvero quello che lascia
risuonare dentro sé la qualità dei vissuti affettivi che analizza. Non è protetto da
sistemicità razionali, ma deve portare del chiaro su certi vissuti che, se applicato
con continuità, consente alla mente di andare di chiaro in chiaro facendosi
cosciente a se stessa.
L’educazione affettiva deve procedere con delicatezza, promuovendo la
consapevolezza dell’importanza che ha la vita affettiva e che ha il conoscere sé
senza che l’attenzione ai vissuti interiori si traduca in un ruminare ossessivo. 5
8. Il valore dell’autocomprensione
Non si pesa il valore solo in termini di risultati verificabili in modo operativo,
ma spesso le cose di valore non sono misurabili e spendibili nell’immediato.
Gli effetti non si hanno in una interpretazione individuale ma nella relazione
con gli altri. Il pensare è dialogico (Platone), così che possiamo guardare ai
nostri vissuti da altri orizzonti.
L’autocomprensione è generativa di cambiamenti.
Cap. 2 PENSARE L’AFFETTIVITA’
(Valbusa)
1. Un problema educativo rilevante
L’educazione affettiva deve essere intesa come offerta di esperienze per
prevenire e contrastare il rischio dell’analfabetismo emozionale, ovvero la
difficoltà di :
- comprendere i propri vissuti durante disagio emotivo;
- mancanza di sensibilità e cultura emozionale che riguardano sia le proprie
emozioni, sia quelle altrui (Battista);
- sentire ma non capire cosa sia mio che si sente (Mariotti);
- chiamare per nome i propri sentimenti (Galimberti);
- accettare la propria vita affettiva e quella altrui (Contini);
- esprimere dunque esternare e verbalizzare, controllare e modificare i vissuti
affettivi, ovvero non solo le emozioni ma anche sentimenti, stati d’animo e le
passioni.
La scuola spesso si trova a dover affrontare situazioni di disagio emotiva.
Avendo come compito primario quello di facilitare lo sviluppo personale,
dovrebbe essere in grado dunque di facilitare anche quello affettivo, anche se
tradizionalmente l’educazione scolastica si è occupata quasi esclusivamente
sulle dinamiche cognitive, trascurando l’educazione affettiva.
La ricerca pedagogia si deve occupare di problemi che emergono
dall’esperienza quotidiana di chi educa, nella risoluzione dei problemi concreti,
per la formazione dell’essere umano. 6
2. L’oggetto della ricerca
Si deve fare una differenziazione dei singoli fenomeni affettivi, ovvero:
1. le tonalità emotive, o stati d’animo, che attribuiscono il clima emotivo
ma non indirizzano verso una precisa direzione o oggetto specifico. Non
rivelano chi siamo ma come stiamo;
2. le emozioni, che si manifestano in modo improvviso come conseguenza
di un fatto ben individuabile e della durata visibile. Sono risposte re-attive e
immediatamente motorie, che si esprimono mediante il corpo;
3. i sentimenti, che hanno durata significativa e fondati su precise
valutazioni, intenzionali e riferite ad un oggetto preciso, oppure tensioni se
tengono la mente verso l’aperto. Hanno un’intensità qualitativa e interiore e
nutrono la personalità e la vita personale;
4. le passioni, che possono essere intese come una forma di eccesso quando
il sentire si disgiunge dal pensare riflessivo, che possono modificare la
condotta anche negativamente, ma anche positivamente se si tratta di
passioni come fonti di energia capace di muovere verso qualcosa valutato
come significativo.
Si distinguono in vissuti positivi, quando permettono di stare con piacere
nelle relazioni, e negativi quando ostacolano una buona relazione con se stessi e
gli altri.
3. La ricerca pedagogica tra teoria e prassi
Una buona teoria pedagogica deve nascere sia dalla ricerca teoretica che da
quella empirica
4. L’investigazione teoretica: gli interrogativi di partenza
Tre le questioni fondamentali:
1. perché l’educazione affettiva è importante?
2. è possibile un’educazione affettiva?
3. se si, in che modo?
Le seguenti risposte ottenute grazie all’esplorazione della letteratura.
1. L’educazione affettiva è importante perché
la maturazione affettiva è un aspetto costitutivo della maturazione
•
personale; 7
l’esperienza affettiva influenza il modo di essere e di vivere, di rapportarsi
•
agli altri e al mondo.
2. E’ possibile un’educazione affettiva?:
è concepita se pensata alla luce di una concezione cognitiva dei vissuto
•
affettivi, che permette di affermare che sentimenti, emozioni, stati d’animo e
passioni possano diventare oggetto di comprensione del soggetto che li vive.
3. Se si, in che modo?:
l’analfabetismo emozionale può essere contrastato facilitando
•
l’autocomprensione affettiva, che si attua nella forma del pensare il proprio
sentire, promuovendo una conoscenza riflessiva della nostra interiorità. Il fine
non è il totale controllo sui vissuti affettivi ma favorire l’acquisizione di una
consapevolezza riflessiva che permetta di comprendere come si è quando si
vive. Cap. 3 PEDAGOGIA DELL’AFFETTIVITA’
(Valbusa)
1. Dimensione affettiva ed educazione scolastica
Per molto tempo la scuola ha trascurato l’educazione affettiva a causa del
pregiudizio secondo cui le abilità cognitive sarebbero più importanti delle
competenze socio-affettive. Spesso le emozioni a scuola sono state percepite
come disturbanti per la dimensione cognitiva. E’ stato inoltre sottovalutato il
potere del vuole delle emozioni giocato nel processo complessivo di
maturazione della persona.
Al giorno d’oggi il pensiero pedagogico mette in luce la connessione tra sfera
cognitiva e sfera affettiva, perché nelle emozioni sono presenti elementi
cognitivi e le elaborazioni cognitive sono esse stesse intrinsecamente
emozionali (Contini).
2. La centralità della dimensione affettiva
Tre elementi che emergono nella letteratura pedagogica:
1. interdipendenza fra pensieri ed emozioni;
2. ruolo delle emozioni nell’apprendimento; 8
3. connotazione emozionale delle relazioni interpersonali.
2.1 Interdipendenza fra pensieri ed emozioni.
Non è possibile considerare pensieri ed emozioni come separati dalla vita della
mente., anche se è radicata l’idea di una contrapposizione tra dimensione
cognitiva e emotiva, influenzano anche l’impostazione dell’educazione
scolastica.
E’ necessario invece riconoscere l’interdipendenza fra pensieri ed emozioni, dal
quale consegue la consapevolezza di non poter privilegiare la prima dimensione
a discapito della scuola, ma considerare entrambe le dimensioni reciprocamente
condizionatesi.
2.2 Il ruolo delle emozioni nell’apprendimento .
Anche l’apprendimento avviene nell’ambito di una interdipendenza con le
dinamiche affettive della personalità.
L’aspetto emotivo è connesso anche alla motivazione, che sta alla base
dell’apprendimento, e spesso la motivazione è nutrita dalla passione che un
soggetto avverte verso determinati ambiti di studio, e sono proprio le passioni
che muovono il desiderio di sapere.
2.3 La connotazione emozionale delle relazioni.
L’educazione è strettamente connessa alla relazione tra educante e discente. La
connotazione emozionale delle relazioni interpersonali hanno un ruolo centrale
nella strutturazione dell’identità.
Le esperienze affettive infantili condizionano sulla strutturazione dell’identità e
questo comporta a chi ha compiti educativi di prendersi particolare cura della
vita affettiva dei bambini, a partire dai genitori.
L’insegnante esprime continuamente una qualificazione affettiva, sociale,
intellettuale che può essere facilitante o ostacolante.
3. L’educazione affettiva
Indica la dimensione della vita personale costituito da emozioni, sentimenti,
passioni, stati d’animo. L’oggetto dell’educazione affettiva è rappresentato
dunque da tutte quelle esperienze affettivamente connotate.
I 4 obiettivi dell’educazione affettiva, ovvero favorire: 9
1. l’alfabetizzazione affettiva;
2. l’ascolto si se e degli altri;
3. l’autoconsapevolezza affettiva;
4. la maturazione personale.
Sono strettamente legati fra loro, l’uno richiamo l’altro.
3.1 L’alfabetizzazione affettiva
E’ il guadagno di un vocabolario dell’affettività e di una grammatica degli
affetti, la padronanza del linguaggio affettivo, di quei termini che consentano di
esprimere le emozioni, stati d’animo, passioni.
E’ il potenziamento di disposizioni relazionali, quali la fiducia, la cordialità, la
disponibilità e la cooperazione.
3.2 L’ascolto di se e degli altri
L’educazione affettiva deve prevedere anche le’ducazione all’ascolto del sé.
L’ascoltarsi è elemento costitutivo per la comprensione della propria affettività
e di conoscenza del sé. E’ uno strumento prezioso per “l’autoscopia e
valutazione del sé” (Rossi)., un tirocinio di autoriflessione e approfondimento
di sé, una rilettura e ri-trascrizione, reinterpretazione e ricostruzione personale.
3.3 L’autoconsapevolezza affettiva
Deve avvalersi di strumenti quali riflessione e introspezione. Implica
un’attenzione metacognitiva, uno sguardo che la mente deve aprire su se stessa,
onesto, limpido e libero da interpretazioni che potrebbero falsificare la realtà
interiore. Esaminare cioè la propria geografia emozionare ion modo onesto,
attraverso la ragione e l’autoascolto.
L’educatore è chiamato a riconoscere i vissuti, in particolare quelli fonte di
disagio; non deve sottovalutarli ma offrire uno spazio per l’individuazione e
l’espressione di tali vissuti per la comprensione. Se non c’è luogo per riversare i
vissuti emotivi negativi, si riverseranno altrove (Riva).
Facilitare l’autocomprensione per l’autoconsapevolezza affettiva è importante
obiettivo sia per la consapevolezza di se, sia per rendere possibile una maggiore
comprensione dei vissuti altrui.
3.4 Maturazione affettiva e maturazione personale
L’educazione affettiva contribuisce all’educazione umana nel suo complesso. 10
La fioritura personale è strettamente correlata a quella affettiva, che incarna
l’individualità personale nella sua unicità.
L’educazione affettiva è anche parte integrante dell’educazione sociale perché
influenza sul modo in cui ci si approccia agli altri. Matura all’interno di reti
comunicative dove sono presenti altre umanità affettivamente connotate. E’ un
aiutare la persona a farsi autrice di rinascita sociale e culturale, rinnovamento
storico e civile.
4. Insegnanti ed educatori: lavorare con le emozioni
Chi svolge questo compito è chiamato ad un doppio ruolo:
- aver cura delle relazioni altrui,
- avere cura delle proprie relazioni affettive.
E’ fondamentale saper ascoltare, comprendere, esprimere ed elaborare i vissuti
della propria interiorità affettiva.
Occorre non solo saper riconoscere i vissuti emotiva ma anche saperli
esprimere ed è una competenza che deve essere allenata. La proposta di Contini
suggerisce uno spazio di apprendimento della comunicazione emotiva
all’interno dei programmi di formazione per gli educatori, un training in gruppo
per apprendere la capita di esprimere con le parole i propri vissuti emotivi.
Una ulteriore capacità è quella di saper interpretare e comprendere le diverse
situazioni relazionali.
Aver cura di sé è la condizione fondamentale per poter aver cura dell’altro in
modo autentico, dunque gli educatori e formatori devono essere per primi
disposti a mettere in atto le pratiche di auto-indagine rivolta alla propria
interiorità affettiva. 11
PARTE II
RICERCA EMPIRICA
Cap. 4 PROGETTO DI UNA RICERCA EDUCATIVA
(Mortari, Valbusa)
1. Educazione come offerta di esperienze
Educare significa anche alimentare e nutrire l’essere al fine di farlo fiorire. Ma
di cosa si alimenta l’essere di una persona? Di buone esperienze che
favoriscano la maturazione delle potenzialità dell’esistenza. Per questo è
necessaria la relazione fra processo dell’esperienza effettiva e educazione
(Dewey). Il problema dell’educazione basata sull’esperienza è quello di
scegliere il tipo di esperienze che possa offrire per nutrire l’essere, per aiutare a
coltivare la dimensione affettiva, al fine di acquisire miglior consapevolezza.
In questa seconda parte del testo verrà trattata la ricerca fatta per i bambini della
scuola primaria, ai quali sono state proposte alcune esperienze educative.
2. Le domande empiriche e gli obiettivi generali
Due sono state le domande empiriche che hanno orientato il percorso di ricerca:
- una domanda educativa: come strutturare una ricerca educativa capace di
offrire esperienze che sappiano sviluppare autentiche competenze affettive?
- una domanda di ricerca: quali modi dell’autocomprensione affettiva
emergono da un’esperienza educativa strutturata a partire da una concezione
cognitiva dei vissuti affettivi?
La ricerca può dire di aver raggiunto l’obiettivo se ha ipotizzato un percorso
educativo dove i soggetti coinvolti hanno potuto fare esperienza di processi di
autocomprensione e se su queste esperienze è stato realizzato un serio progetto
di ricerca.
3. I partecipanti
Trovare innanzitutto scuole disponibili. Sono state scelte 4 classi di IV (classi
filtro), per un totale di 57 alunni (45 effettivi perché per 12 bambini i diari non
risultavano completi o non comprensibili), per la durata di 4 mesi per ogni
12
classe, 9 incontri fra ricercatrice e classe dove venivano organizzate le attività
che permettessero lo sviluppo dell’apprendimento delle proprie emozioni.
Introdotto poi un lavoro di scrittura quotidiana dei diari della vita affettiva a
settimane alterne (tra un incontro e l’altro)
4. Quale esperienza di autocomprensione affettiva offrire?
Proporre strumenti per facilitare la riflessione. su emozioni, stati d’animo,
passioni, sentimenti, che devono essere coerenti e funzionali rispetto
all’obiettivo educativo; devono inoltre avere una valenza euristica, cioè
consentire di raccogliere dati significativi per la ricerca.
4.1 Il “diario della vita affettiva”: racconto e analisi.
Il diario della vita affettiva ha lo scopo di coinvolgere i partecipanti in una
attività quotidiana di riflessione sulla propria esperienza affettiva. Scrivere
infatti è importante perché aiuta a riflettere e ciò che si deposita sul foglio resta
come deposito prezioso di pensieri.
E’ stato ripensato e adattato per gli alunni della scuola primaria e si è
concretizzato in due diverse attività: il racconto di un vissuto affettivo e
l’analisi di tale vissuto.
Raccontare le emozioni:
ai bambini è stato chiesto di raccontare un’emozione vissuta durante la giornata.
E’ stato semplificato evitando le distinzioni tra emozioni, stati d’animo,
sentimenti…, e si è deciso semplicemente di parlare di emozioni.
La scrittura viene lasciata completamente libera: essa aiuta a mettere a fuoco
fenomeni affettivi che spesso sfuggono; inoltre ha una significatività euristica
perché strumento per la raccolta dati privilegiato.
Analizzare le emozioni
Si è chiesto ai bambini di analizzare le emozioni sulla base di tre elementi:
- il fatto da cui l’emozione scaturiva;
- le manifestazioni con le quali si era manifestata;
- i pensieri che l’avevano accompagnata.
L’attività di analisi ha avuto un ulteriore strumento: la metafora dell’"orto delle
emozioni”, che suggerisce di pensare che le emozioni sono piante e questo
stimola a interpretare il vissuto affettivo come la vitati un organismo vivente. 13
E’ il pensare le emozioni come piante e il processo di autocomprensione come il
lavoro di cura dell’orto delle emozioni che rappresenta il fulcro della teoria
dell’educazione affettiva che ha guidato la ricerca.
4.2 La metafora come seme del pensare
La metafora consiste nel trasferire a un oggetto il nome appartenente ad un
altro. La funzione della metafora è di aiuto al pensiero affinché possa nascere,
accompagnare i movimenti del venire alla luce delle idee.
La funzione della metafora non è ornamentale ma conoscitiva: è una forma di
presentazione della realtà che non può farlo direttamente, ciò che non può
esprimersi in modo diretto (Zambrano).
Questa forma di linguaggio così particolare svolge la funzione di definire una
realtà che la ragione non può comprendere ma che può essere captata in altro
modo.
L’orto delle emozioni
L’orto delle emozioni è la metafora usata nella ricerca per aiutare i bambini a
riflettere sui propri vissuti affettivi. Questa metafora prende l’associazione fra
vissuti emotivi e piantine di verdura, ovvero una similarità fra struttura di una
pianta e struttura di un’emozione. Ogni volta che i bambini raccontavano nei
loro diari un vissuto affettivo, erano invitati a disegnare una piantila che
rappresentasse tale vissuto.
4.3 Le narrazioni: ascoltare e inventare storie
E’ stato introdotta la narrazione come ulteriore strumento educativo e di ricerca:
- lettura di storie da parte della ricercatrice;
- l’invenzione di storie da parte dei bambini.
Ascoltare storie: comprendere le emozioni
I bambini hanno ascoltato 4 storie i cui protagonisti provavano emozioni di
gioia, tristezza, paura o rabbia. da cui si partiva per la riflessione e la
conversazione sul vissuto affettivo emerso dalla narrazione.
In due classi si è deciso di leggere storie costruite dalla ricercatrice da racconti
rinvenuto dai diari dei bambini, dai quali trattenuti alcuni elementi, riproposti
poi all’interno di una narrazione che aveva come protagonisti due cuginetti che
14
raccontano le loro emozioni seduti su un tronco, all’ombra di un ciliegio,
davanti all’orto della nonna.
Nella altre due classi, invece, le narrazioni lette sono state tratte da libri per
bambini.
Questa modalità di lettura storie si è scelta perché facilita i bambini la
comprensione della qualità e della struttura delle emozioni che scaturiscono dai
loro vissuti emotivi. Le emozioni, inoltre, hanno una complessa struttura
cognitiva che in parte è narrativa e solitamente legate a immagini e concreta
raffigurazione immaginaria di eventi (Nussbaum).
Inventare storie: raccontare le emozioni
I bambini, oltre a raccontare lue emozioni vissute nella giornata, hanno anche
inventato storie costruito attorno ad uno specifico vissuto emotivo. Questo ha
una significatività sia educativa che euristica, in quanto:
- la ragione educativa è rappresentata dalla convinzione che il racconto delle
emozioni altrui faciliti i bambini nel racconto delle proprie;
- la ragione euristica è rappresentata dalla produzione di storie che riguardano
emozioni altrui, che consente di verificare se per i bambini gli elementi di
analisi introdotti progressivamente (fatto, manifestazioni, pensieri)
rappresentano davvero elementi costitutivi di un’esperienza affettiva oppure
no.
L’uso di questo strumento è stato anticipato dal gioco dell’oca delle emozioni,
avvenuto durante due incontri, pensato per introdurre i bambini al compito
narrativo.
4.4 La conversazione: uno spazio per pensare insieme
Un altro strumento educativo ed euristico usato nella ricerca è quello delle
conversazioni in classe, ovvero conversazioni guidate ma non direttive
(Mortari), in cui i bambini sono stati coinvolti dalla ricercatrice in un dialogo
allargato dove era possibile esperire il piacere di essere ascoltati e di ascoltare
gli altri.
Si è usata la tecnica piagetiana, definita anche approccio clinico, che richiede al
ricercatore la capacità di padroneggiare il saper ascoltare e nello stesso tempo il
saper cercare qualcosa di preciso, avere in ogni momento una ipotesi di lavoro,
una teoria da controllare. Serve molto allenamento, anche per apprendere ad
ascoltare i bambini avendo cura di non perdere nulla che potrebbe essere
15
rilevante. Per fare ciò occorre affinare quella sensibilità interpretativa (Piaget),
imparando ad attribuire il giusto valore alle diverse risposte dei bambini, e non
cedere alla tentazione di considerare tutto come proveniente da uno stesso piano
di coscienza ma collocare ogni risposta nel suo specifico contesto mentale.
Oltre ad una significatività educativa, la conversazione ha anche un potenziale
euristico se viene audioregistrata: la trascrizione delle audioregistrazioni
consente infatti di ripercorrere gli scambi dialogici, ricostruendo il processo co-
costruttivo di quanto è stato pensato insieme.
5. Quale tipo di ricerca condurre sull’esperienza educativa?
Il riferimento principale di questa ricerca è l’epistemologia naturalistica, la cui
tesi è quella secondo la quale il fenomeno che è oggetto di indagine deve essere
studiato nel contesto del suo apparire perché è proprio il contesto che struttura il
suo significato.
In questa ottica, uno degli ambienti prediligiate che coinvolga i bambini è la
scuola.
La ricerca pedagogica puo essere:
- ricognitiva-constatativa, per comprendere un fenomeno o un contesto per
aumentare la conoscenza riguardo un certo ambito di indagine;
- esperienzale-trasformativa, per realizzare un intervento nel contesto per
migliorarne la qualità. Si configurano come “service researches”, ovvero
ricerche promosse con l’intenzione di fornire un servizio e quindi un
beneficio ai partecipanti.
La ricerca in oggetto si configura come esperienzaiale-trasformativa infatti,
poiché non è guidata solo da un obiettivo euristico ma anche da un obiettivo
educativo, ovvero il facilitare l’autocomprensione affettiva dei bambini.
Condizione anche la relazione che si instaura tra bambini e il ricercatore. E’
una ricerca qualitativa. 16
Cap. 5 STORIA DELL’ESPERIENZA EDUCATIVA
(Valbusa)
1. Progettare “a-metodicamente”
La ricerca empirica è da considerarsi una domanda educativa che si interroga
sulla tipologia di intervento educativo a partire da un’esigenza educativo
rilevante sulla base di un approfondimento di un problema educativo concreto.
In questa ricerca la domanda educativa è:
- come strutturare una ricerca educativa capace di offrire esperienze che
sappiano sviluppare autentiche competenze affettive?
La domanda di ricerca è guidata dall’intenzione di andare in un contesto per
raccogliere dati che colmino una lacuna conoscitiva, mentre la domanda
educativa è dominata dall’intenzione di andare in un contesto per proporre
esperienze che rispondano a un bisogno educativo.
Sono due proposte che si differenziano x direzione e qualità della relazione fra
ricercatore e contesto:
- nella domanda di ricerca la risposta è costituita da qualcosa che il contesto
può dare al ricercatore (logica recettiva);
- nella domanda educativa la risposta è costituita da qualcosa che il ricercatore
può dare al contesto (logica donativa).
Tale progetto doveva:
- essere un progetto di educazione affettiva, in cui vi è la convinzione che la
maturazione affettiva costituisca un elemento essenziale della maturazione
personale;
- adottare l’idea che le emozioni, sentimenti, stati d’animo e passioni siano di
concezione cognitiva e che possano diventare oggetto di comprensione da
parte di chi li prova;
- prevedere un percorso di auto comprensione affettiva in cui coinvolgere i
partecipanti alla ricerca.
Occorre poi esplicitare l’ipotesi educativa che struttura il progetto: 17
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher brunasoul di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Epistemologia della ricerca qualitativa e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Verona - Univr o del prof Mortari Luigina.
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