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Il trapasso dalla norma all'applicazione
Nel trapasso dalla norma all'applicazione, questi raggruppamenti devono servire di punto di riferimento, allo stesso modo che lo strumento per l'attuazione della norma giuridica è dato dal regolamento. In tal senso è necessario iniziare l'esposizione partendo dall'istanza storica relativa all'opera d'arte in quanto oggetto possibile di restauro. Poiché se l'opera d'arte è in primo luogo una resultante del fare umano, si pone tuttavia una priorità alla considerazione storica rispetto a quella estetica.
Dobbiamo concentrarci sulle modalità di conservazione del rudero, del quale non si può trarre leggi di conservazione, poiché il concetto di "rudero" non si limita a questo, ma anche al passato (che deriva dal suo valore) e futuro (per il quale deve garantire la propria sopravvivenza), quindi solo possono essere considerate rudero quelle opere che sono testimonianza di un tempo umano.
dall'aspetto esteriore, che è molto diverso da quello che aveva inizialmente. Pertanto, il restauro, che si concentra sul rudere, può solo essere un consolidamento e una conservazione dello stato attuale, a meno che il rudere non fosse già un'opera che conteneva ancora una sua vitalità implicita per poter essere reintegrata nella sua unità potenziale originaria. Oltre all'intervento diretto, c'è anche un intervento indiretto che riguarda lo spazio-ambiente del rudere, che diventa un problema urbanistico per l'architettura e un problema di presentazione e ambientazione per la pittura e la scultura. Noi dobbiamo accettare il rudere come il residuo di un monumento storico o artistico che può rimanere solo ciò che è, quindi il restauro può consistere solo nella sua conservazione, utilizzando i procedimenti tecnici necessari. Quindi, iniziamo con il rudere anche dal suo aspetto esteriore.l'opera d'arte ai fini di restauro, dal primissimo grado oltre il quale, la materia che già informò l'opera d'arte, tornò materia grezza. Si da il caso delle cosiddette bellezze naturali, che, pur meritando un esame a parte, data la ricchissima casistica che presentano, meritano fin d'ora d'essere elencate fra quei casi nei quali il restauro come restauro preventivo e come intervento conservativo deve essere esteso anche a ciò che non è prodotto diretto del fare umano, ma la cui considerazione, nel campo del giudizio, deriva da una assimilazione all'opera d'arte. Tornando al proprio distretto delle opere d'arte allora il doppio problema della conservazione o dell'eliminazione delle aggiunte, e in secondo luogo quello della conservazione o dell'eliminazione dei rifacimenti. Come l'opera d'arte si presenta con la bipolarità della storicità e dell'esteticità.La conservazione e la remozione non potranno attuarsi né a dispetto dell'una né all'insaputa dell'altra. Dal punto di vista storico l'aggiunta subita da un'opera d'arte non è che una nuova testimonianza del fare umano e dunque della storia: in questo senso l'aggiunta non differisce dal ceppo originario ed ha gli stessi diritti ad essere conservata. Invece la remozione in realtà distrugge un documento e non documenta se stessa, donde porterebbe alla negazione e distruzione di un trapasso storico e alla falsificazione del dato; va sempre giustificata e comunque deve essere fatta in modo da lasciare traccia di se stessa e sull'opera stessa. Discende da ciò che la conservazione dell'aggiunta deve considerarsi regolare: eccezionale la remozione. Anche un rifacimento testimonia l'intervento umano, anche al rifacimento viene ad essere affidato un momento della storia. Ma un rifacimento non è la stessa cosa di un'aggiunta.
L'aggiunta può completare, o può svolgere, soprattutto in un architettura, funzione diverse da quelle iniziali. Il rifacimento invece intende riplasmare l'opera, intervenire nel processo creativo originario, rifondere il vecchio e il nuovo così da non distinguersene e da abolire o ridurre al minimo l'intervallo di tempo che distacca i due momenti. Può capitare che il rifascimento vuole assorbire e trasfondere senza residuo l'opera preesistente, sebbene non rientri nel campo del restauro, può essere perfettamente legittimo anche storicamente, perché è sempre testimonianza autentica del presente di un fare umano, e come tale monumento non dubbio di storia. 6. Il restauro secondo l'istanza estetica: A rigor di logica sembrerebbe che, finché vestigia di artisticità rimangono in un prodotto, per quanto mutilo, dell'attività umana, non debba parlarsi di rudero, e che, viceversa, se quelle vestigia sonoperdute affatto, non possa esservi più questione di artisticità, ma solo di storicità: per cui la questione del rudero, dal punto di vista estetico, non possa essere posta senza intima contraddizione. Per noi, sarà esteticamente un rudero ogni avanzo di opera d'arte che non possa essere ricondotto all'unità potenziale senza che l'opera divenga una copia o un falso di se medesima. Ma il concetto di rudero dal punto di vista artistico presenta delle complicazioni sulle quali non si può passare, e cioè contempla l'eventualità che il rudero si integri ad un determinato complesso o monumentale o paesistico, o determini il carattere di una zona. Il collegamento del rudero ad altro complesso, senza o con soluzione di continuità, è fatto che non sposta i termini della conservazione in vita, come e dove rimane, senza completamenti di sorta. Poiché, se si tratta di una opera d'arte in cui il ruderoè contenuta la sua forza espressiva, la sua capacità di attrarre l'attenzione e di comunicare un messaggio. Non è più importante che l'opera sia completa e intatta, ma che sia in grado di interagire con l'ambiente circostante e di trasmettere un significato. La sua condizione di rudere diventa parte integrante della sua identità e del suo valore artistico. Pertanto, respingere l'ipotesi di completare l'opera o di ripristinarla nella sua forma originale significa riconoscere e apprezzare il potere evocativo e suggestivo che deriva dalla sua attuale condizione di rovina.L'opera determina una risoluzione ambientale sul piano pittorico, su quello che si indirizza ad una certa proposizione dell'oggetto, disposto, illuminato, artificiato secondo un particolare indirizzo formale. L'opera d'arte mutila ridiscende quindi ad oggetto costituito, ma costituito nel dato e nel fatto reale della sua attuale consistenza mutila e della sua co-presenza con altri oggetti.
Noi non possiamo che ribadire il concetto che il rudero, anche per l'istanza estetica, deve essere trattato come rudero, e l'azione da compiere restare conservativa e non integrativa. Si vede che anche su questo punto l'istanza storica o l'istanza estetica collimano nella ermeneutica dell'opera da intraprendere sotto forma di restauro.
Lo spazio dell'opera d'arte:
Per realizzarsi pienamente alla coscienza un'opera d'arte può impiegare degli anni durante i quali saranno radunati e messi a fuoco tutti quegli elementi che dovranno
Servire sia ad esplicitare il valore semantico dell'immagine, sia la figuratività peculiare di quella data immagine. È in questa elaborazione e coacervo di dati che rientra appunto il restauro come attualizzazione stessa dell'opera d'arte, ed è naturale che si debbano riconoscere due fasi. La prima è la ricostituzione del testo autentico dell'opera, la seconda è l'intervento sulla materia di cui risulta composta l'opera. La divisione di queste due fasi non corrisponde ad una successione nel tempo, poiché alla ricostituzione del testo autentico dell'opera dovrà o potrà collaborare attivamente l'intervento sulla materia di cui è costituita e su cui si possono avere aggiunte, superfetazioni, mascheramenti, fino al seppellimento volontario o no, che dà luogo ai ritrovamenti di scavo. Lo scavo non è che il preludio del restauro e non può considerare il restauro come una fase
secondaria o eventuale.Il primo intervento che noi dovremo considerare, non sarà quello diretto sulla materia stessa dell'opera, ma quello volto ad assicurare le condizioni necessarie a che la spazialità dell'opera non sia ostacolata al suo affermarsi entro lo spazio fisico dell'esistenza. Da questa proposizione discende che anche l'atto con cui un dipinto viene attaccato ad un muro, non indizia già una fase dell'arredamento, ma in primo luogo costituisce la enucleazione della spazialità dell'opera, il suo riconoscimento, e quindi gli accorgimenti presi perché sia tutelato dallo spazio fisico.
8. Il restauro preventivo:
Restauro preventivo è dizione inconsueta che potrebbe anche indurre nell'errore di credere che possa esservi una specie di profilassi che possa immunizzate l'opera d'arte nel suo corso nel tempo. Codesta profilassi non esiste né può esistere in quanto l'opera d'arte
monumento alla miniatura non può essere concepita alla stregua di un organismo vivente, ma solo nella sua realtà estetica e in quella materiale in cui sussiste, e che serve di tramite alla manifestazione dell'opera come realtà pura. L'opera d'arte è composta di un certo numero e quantità di materia, che, nel loro collegamento, e per un imprecisabile concorso di circostanze e di agenti specifici, possono subire alterazioni di vario genere che, nocive all'immagine, alla materia o ad ambedue, determina gli interventi di restauro. La possibilità allora di una prevenzione di queste alterazioni, dipende proprio dalle caratteristiche fisiche e chimiche delle materie di cui consta l'opera d'arte, che può avere, rispetto alla sua conservazione, esigenze contrarie o comunque limitative rispetto a quelle che le riconoscono per il suo godimento come opera d'arte. Il compito di conservare e trasmettere l'opera alIl futuro che il riconoscimento dell'opera d'arte impone a chi lo riconosce come tale, si pone come imperativo categorico al pari di quello morale e in questo stesso porsi come imperativo determina l'area del restauro.