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RESTAURO COME ARCHITETTURA SULLE PREESISTENZE (PRIMA DEL 1700)
Prima del restauro modernamente inteso, gli interventi sulle preesistenze erano guidati dalla volontà di adeguare l'opera alle necessità della contemporaneità. Il restauro veniva fatto secondo la maniera del tempo cioè con lo stile di quell'epoca. La pratica di aggiornare la fabbrica del passato al presente si fondava sulla concezione dell'opera intesa come "opera aperta" capace di accogliere nuovi sviluppi conservativi.RESTAURO MODERNAMENTE INTESO (1700)
Nasceva verso la fine del '700 e si interveniva sull'edificio non per adeguarlo ma per conservarlo e trasmetterlo al futuro. L'opera veniva vista come chiusa e compiuta, che quindi non doveva essere aggiornata. Questo restauro aveva come primo obiettivo conoscere attentamente l'oggetto per riconoscerne il suo valore storico e artistico e salvaguardarlo. A volte l'oggetto per via delletrasformazionisubite nel tempo non rivelava quelli che erano i suoi valori; perciò era compito dell’intervento di restaurorimettere in evidenza i valori che l’oggetto possedeva. Il restauro poteva riguardare però non solo l’operama anche la sua relazione con il contesto (es. se si ampliava una piazza, la percezione dell’edificio presentecambiava). Non mancavano inoltre degli atteggiamenti conservativi, poiché si attribuiva all’opera il valoredi reliquia, come se fosse una parte di storia.
RESTAURO STILISTICO (1800-1850)
Nuova disciplina, prevalentemente Francese, inaugurata da Viollet Le Duc che si basava sul concetto dellaricomposizione stilistica. L’architetto era studioso e appassionato dell’architettura gotica, dove la forma eradettata dalla struttura; studiava quindi l’architettura del passato per riprodurla nei materiali, nelle tecnichecostruttive e nella forma, fedele allo stile gotico del passato.
L'obiettivo di questo restauro era l'unità distile, cioè portare gli edifici a una compiutezza che però spesso non era mai esistita; infatti essendo lunghi itempi di costruzione di un edificio, questo iniziava con uno stile ma la sua facciata veniva poi realizzata conun altro. Portando perciò tutto l'edifico ad avere lo stesso stile e rimuovendo le parti aggiunte in epochesuccessive alla prima formulazione dell'opera, si producevano forme e situazioni sbagliate.
Il restauro stilistico ricostruiva quindi in stile in modo mimetico, perché uno dei suoi obiettivi era passareinosservato. Le parti mancanti o degradate si ricostruivano seguendo tre criteri, il primo più scientifico e glialtri due più dettati dalla fantasia:
- il primo era basato sull'analisi attenta diretta e indiretta dell'opera, raccogliendo informazioni certesullo stato originario dell'edificio
- il secondo, detto criterio analogico,
andava ad analizzare gli edifici costruiti dallo stesso architetto nello stesso periodo e nella stessa area geografica, facendo un confronto analogico con le altre opere. L'ultimo criterio applicava la regola dello stile, ovvero, conoscendo il repertorio di forme del periodo storico, si applicavano le regole dello stile agendo come avrebbe fatto l'architetto che ha realizzato l'opera.
Il restauro stilistico nel mondo inglese
Il pensiero del mondo inglese era rappresentato da Pugin, Ruskin e Morris. In particolare, Ruskin, critico e letterato non architetto, esprimeva il suo pensiero in forma teoretica. In ragione dell'aspetto moralistico inglese, definiva il restauro come la peggiore delle distruzioni perché alterava l'edificio con l'inserimento di parti nuove che non appartenevano alla storia dell'edificio e al posto del restauro proponeva una continua manutenzione. "Dove la struttura muraria mostra delle crepe, tenetela insieme usando il
ferro; dove essa cede puntellatela con travi; e non preoccupatevi per la bruttezza di questi elementi di sostegno: meglio avere una stampella che restare senza gamba”. Perciòriteneva necessario vigilare sugli edifici con una continua manutenzione e attraverso opere diconsolidamento per mantenere l’edificio e accompagnarlo in quello che sarebbe stato in suo naturaledisfacimento; infatti egli era consapevole che un edificio non poteva essere eterno ma era destinato amorire.RESTAURO STORICO (1850-1900)
Nasceva in Italia, come variante di quello stilistico, e mirava alla ricostruzione storica delle parti mancantinel loro stile dovuto. Le parti venivano ricostruite in stile ma ci si basava solo su dati certi, desunti dalmonumento, dai documenti grafici e scritti, basandoci quindi solo sul criterio scientifico, rifiutando gli altridue; inoltre venivano rispettate le stratificazioni del monumento. Il suo esponente era il professor Marconiche scrisse l’elogio del
ripristino (“il ripristino è il mezzo per garantire che l’edificio resti in vita come testimonianza concreta e fruibile dell’antica cultura”).
RESTAURO COME IPERMANUTENZIONE RIPRISTINO
Nasceva dal restauro storico e vedeva il ripristino come il mezzo per garantire che l’edificio restasse in vita come testimonianza concreta e fruibile dell’antica cultura; prevedeva la ricostruzione di parti mancanti attraverso lo studio dei documenti e la conoscenza dell’oggetto (criterio scientifico). Erano consentite la cautela eliminazione delle fasi involutive e le caute reintegrazioni necessarie per la conservazione del significato architettonico dell’opera. Le ricostruzioni in stile richiedevano una profonda conoscenza dei linguaggi architettonici del passato nonché della storia del singolo edificio.
RESTAURO FILOLOGICO (1883)
Avveniva il superamento dei criteri stilistici con il restauro filologico, che veniva codificato da Camillo
Boito, attraverso il Voto conclusivo del III congresso degli Ingegneri e Architetti Italiani del 1883. Questa tipologia di restauro considerava il monumento come un documento, una testimonianza storica, d'arte, di esperienza e di civiltà e operava senza alterare in alcun modo l'opera originale (rispetto e conservazione delle stratificazioni). Il voto conclusivo veniva considerato il manifesto del restauro filologico. Il monumento era un documento che ci dava informazioni sulla storia dei vari popoli e tempi, per questo doveva essere conservato senza interventi di natura mimetica che potevano trarre in inganno lo studioso o colui che guardava il monumento, creando confusione tra le parti originali e quelle aggiunte. Il manifesto di Boito si basava su determinati punti: - il consolidamento doveva essere preferito alla riparazione e quest'ultima al restauro - le aggiunte di parti mai esistite dovevano essere eseguite secondo la maniera moderna - le sostituzioni di parti mancanti dovevano essere eseguite con materiali diversi da quelli originali, in modo da distinguere chiaramente le parti originali da quelle aggiunte.parti distrutte o non ultimate dovevano essere condotte secondo le forme primitive ma con un materiale diverso e forme semplificate (tema della distinguibilità) - le opere di consolidamento dovevano essere condotte al minimo indispensabile - le aggiunte introdotte nell'edificio in epoche successive dovevano essere di regola mantenute (il monumento aveva duplice valore, storico ed estetico) - il restauro dei monumenti doveva essere corredato in ogni fase da studi e documentazione - sul monumento una lapide doveva ricordare la date e le principali opere di restauro effettuate
RESTAURO COME PURA CONSERVAZIONE
Derivava dal restauro filologico ed era una teoria portata avanti da M. Dezzi Bardeschi che non ammetteva il criterio di selezioni riguardo alle stratificazioni: si doveva conservare l'edificio così come era giunto fino a noi, frutto della mano dell'uomo e dell'azione del tempo. Si basava sulla conservazione assoluta dell'esistente, tuttavia
Ci potevano essere delle aggiunte necessarie a garantire una buona prestazione d'uso dell'edificio e queste dovevano necessariamente essere opere nuove. Questo restauro era quindi la sommatoria della conservazione dell'esistente (valore complessivo) e del progetto del nuovo come espressione del contemporaneo (valore aggiunto). Inoltre non era consentita la rimozione di parti aggiunte in epoche successive.
RESTAURO SCIENTIFICO (1932)
Seguiva l'indirizzo della matrice boitiana e veniva portato avanti da Giovannoni; i suoi principi si riflettevano nella Carta del restauro italiana del 1932. Gustavo Giovannoni pubblicava nel 1946 il volume "Il restauro dei monumenti" dove inseriva la sua definizione di monumento: non era più solo un'emergenza architettonica, ma qualsiasi costruzione del passato, anche modesta, anche i complessi monumentali costituiti da vie, piazze, quartieri. Si allargava quindi il campo disciplinare del restauro che si rivolgeva anche ad.
architetture minori e al tessuto edilizio. Definiva poi il metodo con il quale affrontare lo studio dei monumenti (storia analitica): - vaglio dei documenti (ricerca, raccolta e interpretazione delle fonti) - anatomia della costruzione (studio diretto dell'opera) - raffronti stilistici con le opere coeve (inserire l'opera nel contesto storico di riferimento) - disegno con rilievo e restituzione degli elementi sicuri (sintesi delle conoscenze acquisite) Successivamente parlava della teoria del restauro architettonico e distingueva quattro momenti: - il periodo romano (1798/99 - 1800/23) - il periodo francese - la teoria o tendenza modernista - la teoria intermedia (quella che Giovannoni attribuisce a sé). Il suo pensiero era leggibile nella carta del restauro del 1932: tutelava il monumento ma anche lo spazio che lo circondava che non doveva alterare la visione del monumento stesso. Si riassumevano poi i punti fondamentali sulle tipologie di intervento dellapratica di restauro:- consolidamento
- ricomposizione o anastilosi (ricomposizione delle parti crollate o smembrate di un monumento; alcune parti potevano essere rimesse al loro posto con piccoli interventi di integrazione per raccordare le superfici di contatto)
- liberazione (interventi volti a liberare il monumento da aggiunte prive di carattere artistico ma rispettando comunque il monumento con tutte le sue trasformazioni; criterio di selezione rispetto alla conservazione o rimozione delle aggiunte)
- completamento (integrazione delle parti mancanti che mirano a raggiungere la compiutezza dal punto di vista fisico dell'edificio, non stilistico; se ci sono parti mancanti necessarie all'utilizzo dell'edificio, come il tetto, si doveva intervenire con l'integrazione di esse)
- innovazione (solo in casi eccezionali, si aggiungevano parti essenziali ad una nuova concezione dell'edificio)
La cultura italiana fino al secondo dopoguerra era caratterizzata da un forte senso di ottimismo e fiducia nel progresso. Tuttavia, quando ci si rese conto che era impossibile risolvere tutti i problemi delle distruzioni belliche applicando i principi della cultura italiana, questa entrò in crisi.