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OBIETTIVI E POSIZIONE MDP
Ci sono tre famiglie di obiettivi:
NORMALI (35/50mm) che riproducono la visione umana.
GRANDANGOLARI (sotto i 35mm) a focale corta che aumentano la profondità di
campo, allargando lo spazio: una versione estrema è il fisheye che abbraccia un
campo di 180°.
TELEOBIETTIVI (75/300mm) a focale lunga che avvicinano gli oggetti lontani.
Con uno zoom ovviamente l’obiettivo cambia la lunghezza focale. Nei film si usano
quelli normali.
In 2001: odissea nello Spazio per alcune inquadrature in interno sono state usate
inquadrature grandangolari.
Altra tematica è il rapporto tra la posizione della mdp e la scena inquadrata ovvero
l’angolazione e l’inclinazione rispetto l’orizzonte.
Dal punto di vista dell’asse di ripresa la mdp può riprendere con inquadrature sull’asse
(dette in bolla) cioè con l’asse di ripresa che è parallelo all’asse dell’orizzonte oppure
fuori asse (fuori bolla) cioè obliquamente.
Nel cinema narrativo si tende a collocare la macchina da presa di fronte agli attori, vi
possono poi essere inquadrature dall’alto e dal basso per sottolineare determinati
aspetti come in Notorious.
Nel cinema dei primi tempo la mdp era tendenzialmente fissa tranne qlc film come
quello dei Lumiere che osava riprese su mezzi di locomozione o su gondola. La
conquista della mobilità fu legata all’evoluzione del linguaggio cinematografico, con la
diffusione del lungometraggio.
La mobilità può essere prodotta da movimenti fisici della mdp:
Panoramica – la macchina fissata su un cavalletto ruota intorno al proprio asse in
senso orizzontale o verticale. A schiaffo se il movimento è veloce.
Carrellata – la macchina è collocata su una base in movimento: questa base è
comunemente un carrello su binari, ma può essere anche un auto (camera car) o un
aereo (carrellata aerea). La carrellata può essere anche a precedere o a seguire. La
carrellata ottica si ottiene con lo zoom, la macchina è ferma e cambia la lunghezza
focale.
Dolly – è una sorta di piattaforma elevatrice posta all’estremità di un braccio collegato
a terra con un carrello mobile: la macchina con l’operatore è collocata sopra.
Gru – è simile ma di maggiori dimensioni permettendo movimenti più ampi.
Correzione – un movimento morbido e inavvertito che serve a riequilibrare il quadro
tipico del cinema classico.
Macchina a mano – la macchina può essere fisicamente legata all’operatore.
Steadycam – il cinema contemporaneo ci ha abituato ad inquadrature realizzati con
questa macchina collegata direttamente al corpo dotata di ammortizzatori cosicchè i
movimenti non riverberano sull’inquadratura. (es in Shining).
Il cinema contemporaneo permette di trasportare la mdp anche molto lontano
dall’operatore i principali sono louma (fissata ad un braccio mobile) e skycam (fissata
a un cavo scorrevole).
Capitolo 3 – La colonna sonora
La colonna sonora si compone di tre tipi di suoni: le parole, i rumori, le musiche.
Un suono diegetico fa parte della storia, uno extradiegetico è ad esempio una voce,
che può anche essere quella di uno dei protagonisti (es Viale del tramonto dove l’eroe
che parla è il protagonista morto).
Il suono si rapporta all’immagine in tre modi:
• Suono IN quando vediamo la fonte sonora che lo produce
• Suono OFF quando la fonte non è visibile nell’immagine ma è fuoricampo
• Suono OVER quando il suono non appartiene all’universo del racconto.
Suoni In e Off sono diegetici, il suono over è extradiegetico.
Sul piano visivo, la frattura tra i credits (cartelli) e l’inizio della storia è netta.
Le parole nel cinema sono fondamentali, il volume del suono d’ambiente può sembrare
innaturale (se due parlano il volume del traffico sarà basso per consentire agli
spettatori di sentire quello che dicono).
Il cinema classico era l’erede del muto che aveva imparato a raccontare senza parlare.
Hitchcock, Lubitsch avevano iniziato la carriera con il muto ecco perché i loro film sono
capaci di narrare molto anche senza dialogo.
Chion parla di vococentrismo della colonna sonora del cinema classico, ovvero la
tendenza a creare un racconto compatto che scorre verso una conclusione appagante
per il pubblico. Lo spettatore è felice se la storia si chiude in modo netto, le parole
sono fondamentali perché devono essere funzionali alla storia.
Age, uno dei grandi sceneggiatori della commedia all’italiana, diceva che non si può
scrivere un dialogo assolutamente vero, perché nella vita ci sono frasi incompiute,
anacoluti; il cinema della modernità permette proprio queste imperfezioni. Antonioni,
Godard rompono l’equilibrio del racconto classico.
Il girovagare di Mastroianni in La Dolce Vita di Fellini è fine a se stesso poiché torna
sempre al punto di partenza.
Molti esponenti del cinema moderno hanno giocato con i suoni sporchi che compaiono
solo negli anni 60 con la presa diretta. Il cinema classico poteva registrare solo in
studio poiché i registratori non erano abbastanza potenti per registrare al momento.
Con l’arrivo dei registratori portatili come il Nagra si inizia a registrare in esterno e
quindi si ottiene un suono vero che si colloca bene con la Nouvelle Vague. Lo troviamo
ad esempio in Bande a part di Godard.
All’epoca del muto, l’esportazione dei film era semplice perché bastava cambiare le
didascalie. Nei primi anni del parlato vengono usate delle tecniche particolari, il film
veniva girato più volte in varie lingue (es l’opera da tre soldi di Pabst). L’arrivo del
doppiaggio nel 1932 rende tutto più semplice ma apre una questione filologica: molti
discutono l’attendibilità e la bellezza di un film doppiato. Se serve a livello linguistico
da un lato, dall’altro alcuni impedimenti di carattere tecnico non consentono una
traduzione perfetta di quanto viene detto e per questo i dialoghi finiscono con l’essere
distorti.
Tuttavia pur inserendo i sottotitoli diviene complesso perché lo spettatore perde tempo
a leggere piuttosto che a guardare il film e per registi come Hitchcock e Kubrick è
impensabile.
Importanti doppiatori sono stati negli anni 50/60 Rina Morelli che ha doppiato molti
film di Visconti tra gui personaggi come Grace Kelly, Laura Betti che presta la voce alla
bambina dell’esorcista, Giancarlo Giannini che ha doppiato Al Pacino, Dustin Hoffman,
Jack Nicholson.
Il doppiaggio può anche aggiungere qualcosa, ad esempio nel finale di Manhattan
quando Allen corre in Università, dove insegna un amico, lui chiede “come hai
superato i bidelli?” risponde con la voce di Oreste Lionello “che domande…sul piano
culturale”. In inglese invece era: “come hai superato gli uomini della sicurezza?” “Ho
tirato dritto”.
Altro elemento fondamentale è la musica presente dalle origini. Agli inizi i compositori
creavano musiche apposite, per Cabiria di Pastrone, Pizzetti creò una sinfonia. Con
l’introduzione del film sonoro nel 1927 le colonne sono diventate parte fondamentale,
nel cinema classico talvolta invasive poiché cercavano di ribadire le immagini.
Un esempio strano è il finale di I quattrocento colpi in cui non c’è musica, nella
versione italiana è stata aggiunta.
I rumori, seppur sottovalutati, sono una parte importante del film. Possono essere
registrati in presa diretta o dopo con l’ausilio di rumoristi. Sono importanti, ad esempio
nel prologo dell’Esorcista l’ossessivo suono metallico del fabbro orbo che batte
sull’incudine crea terrore.
Il suono è stato potenziato poi con la stereofonia negli anni 50, con i formati
panoramici, con il Dolby e poi il surround.
Capitolo 4 – Montaggio e racconto
Il montaggio è l’unione di due inquadrature, eliminando la testa e la coda delle riprese.
Ci sono vari modi per unire delle inquadrature quello più frequente è lo STACCO ovvero
un taglio netto. Un passaggio morbido è la DISSOLVENZA che può essere di vario tipo:
INCROCIATA quando un’immagine scompare e a poco a poco ne compare un’altra, in
APERTURA quando dallo schermo nero emerge un’immagine, in CHIUSURA quando
l’immagine svanisce inghiottita dal nero.
Nel cinema classico le dissolvenze funzionavano come un punto, per dividere in modo
netto due scene. Nel cinema muto si trovano le dissolvenze anche all’interno di
un’unica scena per addolcire l’allontanamento/avvicinamento della camera.
Ci sono tuttavia delle eccezioni: in Taxi Driver di Scorsese all’inizio del film, Robert De
Niro cammina in strada, una dissolvenza, e lo ritroviamo a bere da una bottiglia.
Questo stacco è stato chiaramente inutile.
Nell’epoca classica vigeva una grammatica del film, ovvero una serie di regole a cui
bisognava sottostare per girare e montare un film. Con il tempo queste regole sono
andate perdute.
Altra forma di transizione tra inquadrature è la TENDINA usata nel cinema classico ma
tuttavia ripresa in seguito come in Guerre Stellari (l’inquadratura scorre fino a ricoprire
l’inquadratura A).
Altro metodo è l’IRIS un mascherino mobile circolare che può stringersi o allargarsi
usato nel cinema muto ma ripreso anche in alcuni film (Jules e Jim).
Il montaggio ovviamente, oltre ad essere un’opera tecnica è la cosa che dà corpo al
film. In The Others di Alejandro Amenabar, in una scena Nicole Kidman ordina alla
governante di buttare l’album di foto di morti. In seguito la vediamo seduta davanti al
camino. Questo ci fa credere che l’album sia stato buttato, invece in seguito
scopriamo che non è mai stato gettato nel fuoco.
Caso simile è l’EFFETTO KULESOV Nel 1918 Kulešov, con l'intenzione di dimostrare
le sue idee riguardo l'importanza del montaggio nel film, effettuò un esperimento: da
un vecchio film dell'epoca zarista scelse un grosso piano sul viso abbastanza
inespressivo dell'attore principale, che replicò in tre esemplari. Affiancò allora a
ciascuno di essi un altro piano.
Nel primo caso, si ha il piano di un tavolo sul quale è posta una scodella di zuppa: gli
spettatori, interrogati, affermano che negli occhi del personaggio si evidenzia che ha
fame. Nel secondo caso, si affianca al grosso piano del viso il piano di un cadavere
disteso: gli spettatori affermano negli occhi dell'attore si scorge una grande tristezza.
Nel terzo caso, si affianca al piano del viso quello di una donna nuda: gli spettatori
afferma