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Con il superamento della teoria del proiettile magico e l'introduzione delle teorie dell'influenza selettiva si

passava da una concettualizzazione relativamente semplice ad una molto complessa. Improvvisamente, tutti i

fattori, sia psicologici che sociologici, che differenziavano i singoli individui diventarono potenziali variabili

intervenienti. Esse agivano tra lo stimolo (S) da una parte (il contenuto diffuso dai mass media) e la risposta (R)

dall'altra (i cambiamenti prodotti nei sentimenti, nei pensieri o nelle azioni dei membri del pubblico che erano

venuti in contatto con quel contenuto). Invece della semplice dinamica S-R della teoria del proiettile magico,

priva di fattori operanti tra i media e la massa, c'erano ora diversi insiemi di variabili intervenienti che

modificavano la relazione.

S → differenze individuali → R

S → categorie sociali e socioculture → R

S → relazioni sociali → R

Si trattava di insiemi distinti di variabili intervenienti, che caratterizzavano i singoli pubblici ma che, nel processo

delle comunicazioni di massa, avevano effetti in qualche modo simili. Il concetto può essere compreso meglio se

consideriamo i quattro principi di base che governano le azioni dei pubblici influenzati da questi tre insiemi di

variabili intervenienti.

1. Il principio dell'attenzione selettiva. Per evitare il sovraccarico informativo, le persone sviluppano dei "filtri

mentali" che escludono grandi quantità di informazioni. Anche l'appartenenza alle categorie sociali influenza

l'attenzione degli individui. Per esempio, le trasmissioni religiose sono poco interessanti per gli ascoltatori laici,

ma sono accolte con entusiasmo dai devoti. Inoltre le persone che hanno forti legami sociali tendono a seguire

con particolare attenzione i temi e gli argomenti che sanno che interessano agli amici e ai famigliari (tante mogli

sopportano il calcio per far piacere ai mariti). Dunque il principio dell'attenzione selettiva dice che la struttura

cognitiva, la categoria di appartenenza e i legami sociali significativi danno origine a modelli di attenzione ai

contenuti dei media collegati a questi fattori.

2. Il principio della percezione selettiva. A causa delle differenze dei fattori cognitivi come gli interessi, le

opinioni, le conoscenze pregresse, gli atteggiamenti, i bisogni e i valori, gli individui percepiscono (cioè danno

significato a) pressoché qualsiasi insieme di stimoli in modo diverso rispetto a chi ha diverse strutture cognitive.

Il termine "percezione" fa riferimento all'attività psicologica per cui gli individui organizzano interpretazioni

dotate di senso dagli stimoli sensoriali che ricevono dall'ambiente circostante. I membri di determinate categorie

sociali, corrispondenti a particolari subculture, attribuiranno modelli distintivi di significato a determinati

contenuti mediali. I veterani della Seconda guerra mondiale vedono nei messaggi dei media sui tedeschi e

giapponesi significati diversi. La percezione selettiva e l'attribuzione di significato sono influenzate anche dalle

relazioni sociali. Dunque, il principio della percezione selettiva dice che le persone diverse per caratteristiche

psicologiche, orientamenti subculturali e reti sociali di appartenenza interpreteranno gli stessi contenuti mediali

in modi molto diversi.

3. Il principio della memorizzazione selettiva. Di alcuni tipi di contenuto alcune persone avranno una memoria

vivida e chiara per un lungo periodo, altri li dimenticheranno velocemente. Dunque, il principio della

memorizzazione selettiva corre in parallelo con quelli dell'attenzione e della percezione.

4. Il principio dell'azione selettiva. Non tutti agiranno nello stesso modo in seguito all'esposizione a determinati

messaggi dei media. L'azione è l'ultimo anello della catena. Prima che possa aver luogo, un membro del pubblico

deve fruire un prodotto dei media, percepirne il significato e ricordarne il contenuto. Le teorie dell'influenza

selettiva si possono riassumere in due modi: il primo è riferito alla natura delle condizioni intervenienti che esse

situano tra il contenuto dei media e le risposte delle persone; il secondo si riferisce ai quattro principi di

selettività che portano gli individui a seguire, interpretare, memorizzare e agire in modi distintivi in seguito ai

messaggi dei media. Possiamo riassumere le proposizioni di base delle teorie dell'influenza selettiva nei termini

che seguono:

1. Le variazioni nelle strutture cognitive degli individui sono il risultato delle esperienze di apprendimento

nell'ambiente sociale e culturale.

2. Nelle società complesse le categorie sociali sviluppano subculture distintive in quanto i loro membri elaborano

e condividono opinioni, atteggiamenti e modelli di azione che soddisfano i loro bisogni e li aiutano ad affrontare i

loro problemi specifici.

3. Nelle società urbano-industriali le persone conservano importanti legami con la famiglia, gli amici, i vicini di

casa, i colleghi di lavoro e così via.

4. Le differenze individuali nelle strutture cognitive, nelle subculture delle singole categorie e nelle relazioni

sociali tra i membri del pubblico generano negli individui modelli selettivi di attenzione, percezione,

memorizzazione e azione relativi a specifiche forme di contenuto mediale.

CAPITOLO VIII. La socializzazione e le teorie dell'influenza indiretta

Una delle principali caratteristiche delle teorie dell'influenza selettiva è che si concentrano sul qui ed ora. Le

teorie dell'influenza selettiva non sono pensate per spiegare gli effetti a lungo termine sugli individui o per

occuparsi degli effetti indiretti delle comunicazioni di massa sulla società e la cultura.

C'è motivo di pensare che la vera importanza delle comunicazioni di massa nella società non stia negli effetti

immediati su pubblici particolari ma nelle influenze indirette, sottili e a lungo termine sulla cultura umana e

sull'organizzazione della vita sociale.

1. Prospettive a breve termine "versus" prospettive a lungo termine

Ci sono due ragioni fondamentali per cui le teorie dell'influenza selettiva si riferiscono ad una prospettiva di

breve termine. La prima è che esse derivano dal paradigma cognitivo generale della psicologia, che è poco

interessato alle trasformazioni delle attività sociali che hanno luogo in lunghi archi temporali. L'altra ragione è

che a queste teorie si arrivò usando strategie metodologiche che erano idealmente tagliate per scoprire le

influenze immediate e puntuali delle variabili indipendenti sui fattori dipendenti e non l'accumulazione a lunga

scadenza di effetti ritardati nel tempo.

1.1 I limiti del paradigma

Le teorie dell'influenza selettiva sono varianti della forma concettuale S-O-R. Esse postulano che le

caratteristiche cognitive, subculturali e sociali degli individui siano tutte in qualche modo insiemi distinti di

fattori O che operano come influenze intervenienti.

1.2 I limiti del metodo

Una seconda ragione per cui le teorie dell'influenza selettiva si occuparono principalmente delle influenze a breve

termine è che si svilupparono sulla base di procedure metodologiche adatte allo studio degli effetti immediati e

diretti e non a quello delle relazioni tra variabili di tipo indiretto e a lungo termine. In particolare, fin dall'inizio la

psicologia ha assunto l'esperimento come strategia metodologica preferenziale e lo stesso ha fatto la sociologia

con il sondaggio campionario.

La prospettiva generale che fornisce un quadro di riferimento entro cui studiare le influenze indirette e a lungo

termine delle comunicazioni di massa è la socializzazione. Si tratta di un termine-ombrello. Un aspetto della

socializzazione riguarda direttamente i sistemi di risposta personale dell'individuo, cioè il modo in cui la persona

acquisisce nuove forme di azione, o nuove idee, che modificano i suoi modi abituali di rispondere all'ambiente

fisico o sociale. Un altro aspetto della socializzazione colloca gli individui in una cornice di interazione sociale in

modo da comprendere come vengono preparati ad entrare e a prendere parte a gruppi organizzati e a percorrere i

vari passaggi attraverso il proprio ciclo di vita.

2. I media come agenti di socializzazione

In tempi moderni lo sviluppo a lungo termine dell'essere umano dall'infanzia alla vecchiaia è stato il punto su cui

si è concentrato lo studio di tutte le scienze sociali generali fin da quando nacquero, nell'800.

2.1 La natura della socializzazione

Andando avanti nel ciclo di vita, gli individui sono chiamati ad assumere nuovi ruoli, ad accettare status diversi,

a cambiare responsabilità e a modificare la percezione di sé.

Nelle società tradizionali le fasi del ciclo di vita sono chiaramente segnate da vari riti di passaggio. Questo

sistema garantisce che i passaggi avvengano in modo ordinato e che l'individuo sia adeguatamente preparato a

passare da una fase all'altra. Nelle società urbano-industriali contemporanee questo processo non è affatto chiaro.

Nelle società moderne i mass media sono diventati una fonte pervasiva, onnipresente e irresistibile di definizioni

di come la gente dovrebbe comportarsi.

Il termine "socializzazione" è un'etichetta per un insieme complesso, a lungo termine e multidimensionale di

scambi comunicativi tra gli individui e vari agenti della società, che dà origine alla preparazione dell'individuo

alla vita in un ambiente socioculturale.

2.2 La socializzazione e l'individuo

Gli antropologi usano il termine "acculturazione" per definire il processo di acquisizione per cui i nuovi membri

di una società interiorizzano tutti gli aspetti della loro cultura: non soltanto i costumi e le tradizioni di un popolo,

ma anche il linguaggio, l'uso dei manufatti e tutto l'insieme delle leggende, dei miti, delle credenze condivise e

del folklore. Quando le persone passano da una società all'altra, si ha una ri-socializzazione e questo processo è

chiamato assimilazione.

Gli psicologi tendono ad identificare la socializzazione con l'apprendimento dei modi per controllare le pulsioni

innate. Freud: es, io e super-io. Egli pensava che questi tre aspetti della natura umana fossero in costante conflitto

per il controllo del comportamento dell'individuo. Per lui il compito della civiltà nell'educazione di bambini è di

"ingabbiare la bestia". La socializzazione, in altre parole, stimola l'individuo ad accettare gli standard della

società che stabiliscono cosa è giusto e cosa è sbagliato e a controllare le pulsioni innate alla gratificazione che

produrrebbero disgregazione e disappunto sociale.

Domanda: qual è il ruolo dei mass media come agenti della socializzazione? I sociologi sottolineano che la

socializzazione prepara gli individui alla partecipazione alla vita d

Dettagli
A.A. 2014-2015
20 pagine
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SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher francesca.serani di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Teoria e tecnica della comunicazione pubblica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Palumbo Raffaele.