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Le due posizioni sulla mimesis
Esistono due posizioni simmetriche e opposte in relazione alla mimesis: la prima ipertrofizza l'istanza imitativa, associandola ad una manifestazione sensibile dell'essere (Platone); la seconda, legata all'ascesa del nominalismo nel XVII sec., la relega ad un livello secondario d'importanza, in quanto la somiglianza dipenderebbe solo da una concordanza esterna, da una conformità convenzionale che esclude qualsiasi rapporto intimo di filiazione (semiologia convenzionalistica).
1. La Riproduzione del modello
Il pensiero della mimetica identitaria privilegia l'aspetto imitativo delle immagini (riproduzione del medesimo) e nasce all'interno di un contesto filosofico che concepisce la creazione come riproduzione. Sia a livello divino che umano, la creazione è il risultato di un'attività demiurgica che può però dispiegarsi intorno a due logiche antitetiche: come riproduzione esterna (pensiero classico greco) o come
riproduzione interna (filiazione – teologia cristiana - a partire dal dogma dell’incarnazione). La creazione demiurgica (poiesis) come riproduzione esterna, che prende spunto dal naturale primato che ha per l’uomo la capacità di costruire artefatti, realizza, a partire da un prototipo, la trasposizione fisica di un’idea. La Forma intelligibile viene a manifestarsi nello spazio-tempo determinato dell’opera, e la somiglianza tra il modello originario e la sua immagine è garantita dall’intenzionalità stessa del demiurgo. La creazione consiste pertanto nella riproduzione da parte di un demiurgo divino della sua stessa essenza. Il mondo fenomenico è il risultato della propagazione, a partire dalla Forma originaria, delle successive diffrazioni dell’essere, lungo una catena che rimane però sempre sotto l’egida della somiglianza e della ripetizione del medesimo. La realtà è la manifestazione sensibile.Dell'essere intelligibile. Platone concepisce la Forma originaria caratterizzandola più in base a peculiarità estetiche che non ontologiche: pur essendo immateriale e non legata ad alcun spazio-tempo determinato, la Forma nella filosofia platonica tradisce infatti la sua predisposizione ad essere guardata (anche se da uno sguardo spirituale liberato dalla materia), ad irradiare sé stessa fuori di sé, aprendosi al molteplice; il risultato ultimo della nostra risalita verso l'intelligibile mondo delle idee è la contemplazione della bellezza dell'essere. La catena riproduttiva delle immagini è così strutturata: all'origine c'è la Forma prima, intelligibile, immateriale, spettacolare (ma non indistinta o astratta); da essa discendono le forme-immagini matematiche, che inscrivono la Forma pura all'interno di strutture numeriche e geometriche determinate, pur rimanendo separate dalla materia.
L'idea-forma rappresenta la fase di mediazione tra la Forma prima e la realtà sensibile (chora: luogo semi-intelligibile e semi-sensibile, che ha la funzione di fare da ricettacolo per l'essere, modellandosi di volta in volta e generando le forme sensibili; anello di congiunzione tra immateriale e reale che favorisce la riproduzione dell'essere dall'intelligibile al sensibile). Quindi le immagini matematiche si riproducono nella materialità, prendendo corpo in uno spazio ed un tempo finiti.
La riproduzione mimetica delle immagini si differenzia ulteriormente se l'imitazione si basa sulla riproduzione delle proporzioni reali del modello (mimesi icastica - icone) o se essa altera deliberatamente queste proporzioni in maniera da conferire maggior bellezza al modello, privilegiando l'apparenza alla verità (mimesi dell'apparenza - arte - idoli) generando immagini fantastiche o idoli che ingannano i nostri occhi, essendo
più falsamente somiglianti chedissomiglianti. Dal punto di vista ontologico, le immagini fantasmatiche, pur non rispettando lastruttura matematica della forma, rimangono comunque inscritte nella circolarità della riproduzionedell’essere, non costituendo in questo senso alcuna frattura.
La teologia cristiana si differenzia dal pensiero classico greco per la sua rivalutazione dell’idea digenesi naturale, rispetto a quello di imitazione: la riproduzione avviene in termini di filiazione, ossiasi ha procreazione (diversa da creazione) che mantiene somiglianza tra il generante e il generato, mamai identità e sempre all’interno di un rapporto a senso univoco. Dio, incarnandosi egli stesso nelFiglio, genera una nuova immagine vivente di sé. Cristo è l’immagine visibile del Dio invisibile,generata da Dio Padre, secondo una relazione di somiglianza interna e non di riproduzione esterna.Padre e Figlio partecipano della stessa natura.
L'immagine in questo caso è caratterizzata dalla stessa pienezza ontologica del modello. Il cristianesimo si affranca così facendo dall'ebraismo, per il quale Dio non può essere rappresentato, sia dal platonismo per il quale le immagini sono artefatti esteriori. L'inscrizione del divino all'interno di una forma materiale e finita, senza che vi sia alterazione dell'essere, è alla base della ricchissima tradizione iconografica e artistica dell'occidente. La produzione di icone, in particolare, nasce all'insegna del principio di somiglianza, sulla scia del mito dell'icona Acheropita (non generata da mano umana - mito della sindone), per cui esiste un'immagine sensibile del divino che permane nel mondo anche dopo che questo ha lasciato il visibile. Le icone, che riflettono particolari canoni derivanti appunto dall'immagine archetipica, partecipano senza soluzione di continuità all'essere stesso.
di Dio, svolgendo una funzione teofanica. Nonostante il cristianesimo privilegi il rapporto di filiazione a quello di creazione di artefatti, esso non smetterà di essere influenzato dalla metafisica platonica. Infatti la teologia medioevale, condivide col pensiero classico una concezione gerarchica del mondo, in cui la realtà visibile è lo specchio delle forme esemplari divine (da cui esemplarismo). Le immagini svolgono questa duplice funzione, speculare e mediatrice tra l'uomo e Dio, il ricongiungimento dello spirito con Dio avviene in seguito ad un percorso di ascesa che allontana l'uomo dalla materia e riavvicinandolo a Dio. Questa concezione gerarchica del mondo si struttura sempre all'interno di un registro mimetico, l'unico che garantisce la continuità ontologica fra reale e divino. Un altro contesto nel quale è ravvisabile l'influenza del platonismo e del neoplatonismo in ambito cristiano ci è dato dalle dottrine
estetiche rinascimentali, per le quali le immagini e l'arte devono rifarsi a forme archetipiche, ideali (Marsilio Ficino) il cui mondo rappresenta la perfezione e la purezza. L'arte rimane pertanto influenzata dal canone metafisico dell'imitazione delle forme pure, di cui la bellezza rappresenta un predicato essenziale.
2. Somiglianza e dissomiglianza
Il concetto di mimesis non si riduce solo all'ipertrofia dell'omologia e dell'istanza imitativa, ma si muove spesso in equilibrio tra le categorie del medesimo e dell'altro, di somiglianza e dissomiglianza.
La teologia medioevale ha utilizzato i mezzi ereditati dalla metafisica platonica e neoplatonica per indagare l'attività divina di produzione e creazione. La teologia e la metafisica hanno pertanto collaborato nelle riflessioni sulle immagini, indagando in particolare il rapporto tra il creatore e la creatura. Si possono distinguere alcuni schemi fondamentali concernenti la produzione di
immagini: l'immagine analogia, ridotta e espressiva. L'immagine analogica prende spunto dall'analogia, ovvero dal rapporto di proporzione così come viene formulato all'interno della logica aristotelica (a:b=c:d). Essa permette di descrivere il nesso ontologico tra Dio e le sue creature per mezzo di un rapporto di subordinazione che esclude qualsiasi identità tra creatore e creatura, evitando che il medesimo si ripeta, e tuttavia impedendo l'indipendenza assoluta che implicherebbe unicamente la partecipazione dell'altro da sé. Essa viene utilizzata in particolare da S. Tommaso d'Aquino, il quale stila una gerarchia degli esseri in cima alla quale l'uomo non partecipa tuttavia della natura divina, se non analogicamente; viene quindi esclusa la contemplazione estatica della natura divina, infinita, a causa della nostra natura finita.
L'immagine ridotta si basa sulla logica della complicatio e explicatio che consente
all'Uno dirivelarsi nel molteplice e al molteplice di risolversi nell'Uno. Una realtà infinita comprende tutto in sé ma si rivela nel sensibile, in un'immagine ridotta di sé, in una determinazione particolare. In Nicola Cusano, Dio è la forma contratta (complicatio) che si sviluppa nelle molteplici rappresentazioni visibili (explicatio) ciascuna delle quali è una rappresentazione finita dell'infinito. È possibile percorrere la catena delle immagini in senso discendente, dal divino al reale o viceversa, in senso ascendente. La rappresentazione del divino tramite icone, consente in tal senso al fedele di ricondurre il suo sguardo al cospetto dell'infinito che si cela dietro l'immagine stessa. Non vi è tuttavia continuità ontologica tra Dio e la sua rappresentazione: la somiglianza risiede più nello sguardo di chi osserva che non nell'immagine obiettiva. L'immagine espressiva sidifferenzia dalle altre due in quanto non assolve ad una funzione prettamente mimetica, bensì appunto espressiva: un dato contenuto, Dio o l'essere, si esplica in una molteplicità di figure, di tracce, differenti tra loro eppure ciascuna esatta nel suo rapportarsi al referente. L'immagine espressiva traduce Dio in una serie di forme distinte, che non sono il riflesso della natura divina, né consentono di partecipare di questa natura, ma ne sono tante diverse manifestazioni. L'immagine espressiva, introducendo una differenziazione tra le molteplici manifestazioni dell'uno, sposta il peso sul carattere della dissomiglianza, la quale però, coniugata al plurale, restituisce parzialmente alla luce l'identità della cosa.
Il processo espressivo conosce un forte sviluppo in seguito alla sua trasposizione nel linguaggio matematico, nel XVII sec. (Spinoza, Leibniz) cui si presta per le analogie ricavabili dalle rappresentazioni geometriche e
analitiche: come a partire dalla stessa forma generatrice siottengono diverse forme geometriche, così il divino si esprime nelle diverse manifestazionisensibili.
Conferendo maggior importanza al carattere della dissomiglianza, l’immagine espressiva segna il