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2. IMMAGINE, MEDIUM E CORPO:

Un medium è ciò che rende visibile un’immagine e fa sì che venga trasmessa.

Betting fa la distinzione tra “immagini mentali” e “immagini materiali”, anche le prime sono veicolate da

quel medium che è il nostro corpo. Secondo lui è possibile ricostruire una storia delle immagini che si evolve

senza soluzione di continuità fino alle immagini digitali.

Per ovvie ragioni l’immagine rimane ed è ora affiancata da “medium” e “corpo”, il medium è lo strumento

grazie al quale le immagini vengono trasmette mentre corpo significa sia il corpo che agisce sia quello che

percepisce. Le immagini non esistono di per se ma accadono, hanno luogo sia che si tratti di immagini

statiche sia in movimento. Esse accadono grazie alla trasmissione e alla percezione.

Importante è la distinzione tra “pictures” e “images”, le prime sono materiali, le seconde mentali.

L’approccio recente considera le due tipologie di immagine come le facce della stessa medaglia. Il cosa di

un’immagine dipende da come essa trasmette il proprio messaggio, il come è in larga misura determinato dal

medium visivo in cui si manifesta l’immagine.

La loro possibilità di essere viste dipende dalla specificità del medium in cui si trovano. Quando

distinguiamo in un quadro la tela dall’immagine ci concentriamo su una delle due alla volta, come si fossero

due entità separate ma non è così, esse sono distinguibili solo quando noi vogliamo renderle tali.

Noi ricordiamo l’immagine addirittura a partire dalla specifica forma mediale in cui le abbiamo incontrate la

prima volta, ricordare vuol dire liberare le immagini dai loto media originari poi ridare loro corpo nel nostro

cervello. 2

Un medium è una forma o trasmette la forma propria con cui noi percepiamo le immagini, mal il processo di

mediazione non può essere ridotto alla tecnologia. Le politiche delle immagini si basano sulla medialità dal

momento che la medialità è normalmente controllata dalla istituzioni ed è al servizio dell’interesse del potere

pubblico. Le politiche delle immagini hanno bisogno di un medium per trasformare un’immagine

immateriale in una materiale.

Tuttavia le immagini non sono semplicemente prodotte dai loro media poiché non possono essere descritte in

maniere soddisfacente da un approccio esclusivamente mediologico.

L’uso dei media visivi ha un ruolo centrale nel reciproco con scambio tra immagine e corpo; tutti noi

abbiamo delle immagini che vivono nei nostri corpi o sogni e che aspettano di essere richiamate dai nostri

corpi per mostrarsi. La medialità delle immagini si estende oltre la dimensione del univoco; il linguaggio

trasmette delle immagini verbali ogni volta che noi trasformiamo le parole in nostre proprie immagini

mentali.

La lingua parlata è collegata al corpo che la emette mentre quella scritta si allontana dal corpo e si ritira in un

libro. L’atto di leggere dipende dalle nostre capacità di scindere la parola dal medium; i media visivi

corrispondono in una certa misura alla lingua scritta.

La percezione che abbiamo del nostro corpo è un requisito importante per l’invenzione dei media poiché le

immagini vivano nei media come noi nel nostro corpo.

Noi animiamo l’immagine mediatica affinché possa essere intesa come “viva”; un medium è “l’oggetto”, un

immagine “l’obbiettivo” dell’animazione; quest’ultima descrive l’uso delle immagini.

Gli oggetti visivi dipendono da una percezione di tipo simbolico. Questo genere di scambio simbolico era

molto in uso nel passato quando la memoria di un defunto veniva animata attraverso immagini e oggetti; la

consacrazione religiosa era ad esempio utilizzata per trasformare un oggetto in un’immagine “animata” che

da quel momento poteva esercitare il suo “potere”.

I media visivi non agiscono solo come protesi del corpo, ma servono anche da riflessi del corpo stesso,

grazie ai quali esso può osservarsi. Le immagini digitali ispirano quelle mentali e viceversa; la percezione

che facciamo dell’immagine è di due tipi: analitica (tecnologia) e sintetica (legata all’immagine mentale).

Le immagini resistono alla scansione temporale, potrebbero essere antiche persino utilizzate dai media

moderni, spostandosi da un media all’altro dire nomadi.

Immagine e medium sono legati al corpo che deve essere considerato come terzo parametro. I corpi non

hanno mai smesso di essere esposti alla mediazione, ma non sono recipienti passivi, le immagini “accadono”

e sono “negoziate” tra corpo e media. I corpi esibiscono e percepiscono le immagini dall’esterno.

Platone si oppose alla scrittura in quanto pericolo per la memoria vivente del corpo; riguardo la memoria

introdusse una distinzione tra corpi vivi e immagini senza vita, le prime in grado di ricordare e le altre solo in

grado di raffigurare.

Le immagini materiali quindi duplicano mentre quelle della memoria donano nuova vita. Ad ogni modo le

immagini interagiscono con il nostro corpo in quanto le percepiamo, le sogniamo e le immaginiamo.

Le immagini sostituiscono l’assenza del corpo con la “presenza iconica”; queste vivono grazie al paradosso

che mette in scena “la presenza di un assenza”. In questo modo le immagini sono presenti nei media

mettendo in scena un assenza che rendono visibile.

Tramite le nuove tecnologie non siamo più in grado di verificare la relazione tra un’immagine e il suo

modello, dando più fiducia agli apparecchi ottici che ai nostri occhi. Lo spettacolo costringe il pubblico ad

imparare nuove tecniche di percezione e pertanto a padroneggiare nuove tecniche di rappresentazione.

I media interagiscono come intermediari anche tra loro correggendosi e censurandosi.

Nonostante l’evoluzione i vecchi media non scompaiono ma cambiano il loro ruolo, esempi ne sono la

pittura che continua a vivere nella fotografia ed il cinema nella televisione.

Si potrebbe dire che il quadro sia stato un medium per lo sguardo mentre la fotografia il cui corpo viene

registrato meccanicamente fu accolto come medium del corpo.

Il corpo come destinatario delle immagini, gestisce i media come estensione delle proprie funzioni visive. I

corpi ricevono le immagini trasmesse grazie alla percezione.

Le immagini non rispecchiano solo un mondo esteriore; esse rappresentano anche le strutture essenziali del

nostro pensiero.

La ricerca odierna sulla realtà virtuale e sulle intelligenze artificiali è a questo proposito un efficacie

conferma, come rivela l’urgenza di oltrepassare i limiti dei corpi reali e quindi di sconfiggere anche le

cosiddette immagini tradizionali. 3

Baudrillard distingueva nettamente le immagini dalla realtà e accusava le immagini contemporanee di creare

artificialmente la realtà.

Flusser sostiene inoltre che le immagini sono mediazioni fra il mondo e l’uomo; anziché rappresentare il

mondo lo alterano, fino a che l’uomo si mette a vivere in funzione delle immagini da lui create.

Ad ogni modo, non possiamo parlare di immagini solo in un senso, ma dobbiamo piuttosto classificarle a

seconda dei loro differenti scopi ed effetti; le immagini che utilizziamo per scopi conoscitivi sono molto

differenti da quelle che si rivolgono alla nostra immaginazione.

Le teorie contemporanee dell’immagine rappresentano di solito delle tradizioni di pensiero occidentali.

Eppure le immagini non occidentali hanno lasciato tracce in occidente per lungo tempo; ne sono da esempio

il “primitivismo” nel quale gli artisti estrapolarono le loro immagini da ciò che vedevano nei manufatti

africani, trasponendole nell’arte modernista; le immagini che i manufatti africani avevano lo scopo di

trasmettere in patria, erano completamente diverse da quelle che il pubblico occidentale avrebbe identificato

in esse.

Secondo esempio furono gli spagnoli che condannavano le immagini azteche come semplici oggetti, lo

stesso rifiuto veniva applicato alla religione indigena che non veniva considerata tale; l’importanza delle

immagini spagnole divenne un aspetto fondamentale della politica dei conquistadores.

Fu solo la spagna a classificare i manufatti aztechi come oggetti d’arte da collezione privandoli di ogni

significato politico e religioso.

Oggi il compito della nuova iconologia è quello di tracciare un collegamento tra l’arte e le immagini;

l’odierno consumo massiccio di immagini necessita una nostra reazione critica, la quale richiede una nostra

comprensione di come le immagini interagiscono su di noi.

3. CHE COSA VOGLIONO LE IMMAGINI?

Bisogna pensare alle immagini non come oggetti inerti del nostro sguardo ma come soggetti animati, dotati

di personalità, bisogni e desideri; queste vengono spesso considerate come capaci di sedurre e sviare lo

spettatore.

Attraverso la retorica delle immagini vogliamo sapere che cosa significano e fanno le immagini, esse

mostrano sia corpi fisici che virtuali, ci parlano alcune volte letteralmente e altre volte in modo figurato.

Ogni pubblicitario sa che le immagini “hanno le gambe”, ossia che alcune di esse sembrano capaci di dare

una svolta alla campagna pubblicitaria come se godessero di un’intelligenza propria.

L’idea che le immagini abbiano una specie di proprio potere fa parte della cultura visuale moderna. Le

immagini operano una manipolazione ideologica e sono un danno reale per la società; senza dubbio le

immagini non sono senza potere, ma potrebbero averne molto meno di quanto pensiamo. Il problema è

rendere più complessa e raffinata la nostra valutazione del loro potere e del modo in cui esso opera.

È il nodo di un doppio legame “adorazione” e “ripugnanza”.

Martin Jay pensa all’occhio come qualcosa che nella cultura occidentale è ripetutamente “rigettato”, e alla

visione come qualcosa che è stato oggetto di “denigrazione”.

Per quanto riguarda il genere delle immagini è chiaro che sia femminile, la donna è l’immagine mentre

l’uomo è lo spettatore (non immagini di donne, ma immagini come donne).

Ma cosa vorrebbero le immagini? Le idee sono divergenti, la risposta “sbagliata” di Chaucer prevedeva che

esse volessero molto denaro ed essere adorate e lodate avendo così un certo potere sugli spettatori.

Secondo Fried, invece, il desiderio dei dipinti è di scambiarsi di posto con lo spettatore, immobilizzando

l’osservatore e trasformandolo in un’immagine per lo sguardo del dipinto, in ciò che si potrebbe chiamare

“effetto Medusa”. Una versione di questo effetto è “Uncle Sam” la cui immagine si rivolge allo spettatore

verbalmente e cerca di immobilizzarlo con il s

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A.A. 2013-2014
7 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/04 Estetica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher emagiuffry di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Estetica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Pinotti Andrea.