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I QUESTIONARI

Il questionario è un insieme strutturato di domande e risposte, che possono essere raggruppate in categorie definite da chi lo costruisce (domande chiuse) oppure liberamente articolate dall'intervistato (domande aperte). Per quanto riguarda la presentazione del materiale stimolo, generalmente i questionari sono in forma carta e matita, con un settore riservato alle risposte o con i fogli di risposta separati. Gli ambiti di applicazione sono molteplici, ma prevalgono gli scopi di ricerca, in particolare per sondaggi sulle opinioni, sulle abitudini delle persone, sui loro atteggiamenti verso argomenti sociali, politici o culturali, sugli acquisti, ecc.

La costruzione

Per prima cosa si deve definire il più chiaramente possibile gli obiettivi, che devono essere realistici e raggiungibili. Inoltre è fondamentale valutare l'ambito in cui dovrà essere somministrato, comprendente non solo il campo d'indagine, ma anche il settore

d'intervento.- La formulazione delle domande Vi sono tre tipi principali di domande: di opinione, di conoscenza, e quelle dette fattuali. Sullescelte degli intervistati possono influire il modo in cui vengono presentate le domande, lealternative di risposta previste, il loro ordine, ecc. il questionario non elimina tutte le distorsioni,anche se riduce sicuramente quelle dovute all'interazione con l'intervistatore. Nella formulazionedelle domande è quindi fondamentale tenere conto di alcuni aspetti che possono influire sullarilevazione: il contesto (in quale tipo di indagine sono inserite, con quale modalità) e l'ordine incui sono poste; l'argomento, il tipo, il fraseggio delle domande (deve essere chiaronell'esposizione, e non induttivo).- I formati di risposta Il questionario si differisce dall'intervista anche perché la forma scritta favorisce l'uso delledomande chiuse. In particolare, sul piano cognitivo, la domanda

chiusa richiede un compito di riconoscimento, mentre per quella aperta serve un richiamo in memoria di dati e informazioni, quindi è più complessa e di maggior sforzo.

Il colloquio in psicologia clinica

Introduzione

Per colloquio clinico si intende una situazione particolare che permette in assetto metodologicamente corretto e in un idoneo clima emotivo al paziente di presentarsi e di comunicare le proprie difficoltà dal clinico che osserverà rileverà e comprenderà queste ultime. Il colloquio per antonomasia è il colloquio di consultazione ovvero una situazione di conoscenza della sofferenza seguito da una valutazione delle risorse del soggetto ed una cura appositamente costruita. Il colloquio è il primo contatto che stabilisce la prima embrionale alleanza inoltre permette di portare a conoscenza dell'operatore della teoria ingenua sul proprio malessere.

Richiesta di appuntamento e invio

Già il modo in cui viene richiesto

L'appuntamento può fornire delle informazioni cliniche. Una modalità perentoria oppure una modalità che tende a stabilire subito delle regole fornisce subito delle supposizioni sulla personalità dell'individuo.

Il paziente che si autoinvita

In questo caso la richiesta di consultare uno psicologo deriva da un'embrionale ragionamento di tipo diagnostico che il paziente ha fatto su se stesso e sul convincimento di non essere in grado di farcela da solo. Già pensare di aver bisogno di aiuto allevia il livello di sofferenza ma comunque si innesca sempre una situazione conflittuale per cui spesso è anche imbarazzante parlare dei propri problemi. All'interno del colloquio si creano due forze il bisogno di mantenere autostima e la paura di perdere il rispetto del clinico che influenzano la libera espressione di pensieri e sensazioni.

Se il paziente è alla prima esperienza questa situazione è caratterizzata soprattutto dalla

Perplessità: infatti il paziente non è mai certo di essersi rivolto alla persona giusta per risolvere il suo problema, un'altra dinamica è la delusione di marca narcisistica infatti per molti pazienti il dover chiedere aiuto diventa una ferita che aggiunge malessere al suo malessere, anche altri sensi di colpa sono frequenti in tale situazione. Un'altra condizione presente è la confusione spesso indotta dall'avere ricevuto pareri informali sulla propria situazione o anche una propria autodiagnosi che influisce e può essere concordante o discordante dai pareri informali, infine un altro aspetto è quello dell'imbarazzo. Può anche succedere però che il paziente si rivolga ad un altro operatore perché insoddisfatto del precedente, magari perché la diagnosi proposta è discrepante con la propria autodiagnosi, o magari l'insoddisfazione deriva dallo scarto tra le aspettative e i risultati raggiunti.

Di solito è produttivo in questi casi indagare i motivi che hanno spinto il paziente a lamentarsi del collega. Il paziente inviato dai familiari. In questo caso il ragionamento diagnostico è stato fatto dai famigliari, si parla quindi di situazioni ad elevato rischio conflittuale che può coinvolgere anche l'operatore. Prima di ogni iniziativi è quindi necessario comprendere il ragionamento clinico operato dai familiari e accertare la posizione del paziente soprattutto se sostiene di non aver bisogno di cure. A quel punto capire se il soggetto a ragione a pensare in quel modo oppure se è spaventato dalla situazione e nega le sue difficoltà oppure se pensa che nessuno possa aiutarlo o se ha qualche motivo magari in seguito ad esperienze negative di evitare un consulente scelto dai familiari. Il paziente inviato da un altro clinico. Il caso più frequente è quando un medico si accorge che esistono problemi psicologici che devono essere.affrontati da mani più competenti, accade anche che uno psicologo chieda il parere ad un altro esperto su un dubbio diagnostico. Naturalmente neanche in questo caso è stato fatto dal paziente nessun tipo di ragionamento e quindi valgono tutti gli intoppi del paragrafo precedente. Inoltre il paziente proprio perché in cura da un altro specialista può sentirsi scaricato o ritenersi così grave da essere difficilmente trattato o anche ridurre la profondità della consultazione con il nuovo specialista per tornare velocemente al proprio curante scelto. Il paziente invitato da agenzie sociali In questo caso è importantissimo verificare la correttezza dell'indicazione, in genere chi fa l'invito accetta difficilmente uno sbaglio ma è fondamentale rimanere sulle proprie idee e non affrontare situazioni che sarebbero meglio assolte da colleghi più competenti. Conduzione del colloquio In letteratura si distinguono i contenuti daiprocessi i primi infatti si riferisco alla quantità e alla qualità delle informazioni i secondi invece identificano le diverse fasi dell'interazione sviluppata dai due interlocutori a scopo didattico è bene dividere anche tra variabili legate al cliente e variabili legate al conduttore. Variabili relative al paziente Il contesto in cui ha luogo il colloquio è importantissimo, inoltre anche la gravità della situazione deve influire sul relativo intervento. La gravità si rileva in base alla intensità e durata degli episodi psicopatologici. Le situazioni gravi devono essere distinte in acute e croniche perché ciascuna di esse richiede modalità di conduzione di colloquio differenti. Variabili relative all'operatore Anche le variabili relative all'operatore sono importanti nel trattamento clinico. Un elemento fondamentale è l'ansia del clinico che deriva dal dubbio di risolvere il problema del paziente.

paziente. Quindi un misto tra ansia di prestazione e preoccupazione per l'incontro di una nuova persona. Tale ansia provoca dei meccanismi di sicurezza che possono influenzare il trattamento:

  • Chiusura rigida in una teoria psicopatologica e quindi si chiede al paziente di rientrare in alcuni canoni perdendo completamente di flessibilità necessaria invece per una buona alleanza, in realtà invece è necessario modificare la propria tecnica in base al paziente
  • Massiccia identificazione con il proprio ruolo professionale che si identifica in atteggiamenti di freddezza e distanza oppure anche il contrario assumendo atteggiamenti troppo amichevoli
  • Iperattività nelle domande nelle interpretazioni e nei commenti l'operatore si manifesta visibilmente ansioso oppure il suo contrario l'ipoattività il paziente è sostanzialmente lasciato a se stesso e il clinico non reagisce a nessun stimolo da parte del paziente
  • Fretta di
giungere ad una conclusione che porta ad un'ipotesi tirata via selezionando solo informazioni che la confermano e scartando quelle altre per evitare una dissonanza. Inoltre, per sviluppare un buon colloquio, il tecnico dovrebbe avere delle capacità tecniche minime e quindi deve capire e saper lavorare con una varia gamma di personalità. Tecniche di conduzione del colloquio clinico Lo scopo di queste tecniche è costruire un canale di comunicazione all'interno del quale possono fluire la maggior parte dei contenuti informativi. Non esiste una tecnica migliore delle altre, l'utilità della tecnica dipende dalla sua efficacia, ovvero dalla sua capacità di produrre risultati significativi con uno specifico paziente. Naturalmente, tali tecniche non devono essere sfruttate per difendersi dagli effetti emotivi del rapporto con il cliente, ma solo ad uso manipolatorio. Domande Questa è la tecnica maggiormente utilizzata, in genere si raccomanda un

Certo equilibrio tra domanda aperta o chiusa. Qualsiasi siano il tipo delle domande esse dovrebbero essere indirizzate agli obiettivi che si propone l'operatore. Mantenere una netta distinzione tra domanda aperta e chiusa non è facile tanto è vero che di solito si arriva ad un compromesso tra le due tecniche con le domande checklist.

Tecniche di facilitazione:

  1. Incoraggiamento: "Continui pure, mi sembra interessante"
  2. Risposte riflesso: attraverso le quali l'operatore riafferma gli aspetti cognitivi ed emotivi espliciti in ciò che ha detto il paziente
  3. Sintesi: possiamo riassumere

Esistono poi anche tecniche più direttive come il riportare il paziente a un argomento oppure favorire il passaggio verso un altro oppure comunicare al paziente di non aver

ne si fa riferimento a una serie di tecniche utilizzate nella comunicazione terapeutica per favorire la comprensione e la chiarezza del messaggio tra paziente e clinico. Queste tecniche possono essere utilizzate per aiutare il paziente a esprimere i propri pensieri, sentimenti e preoccupazioni in modo più chiaro e comprensibile. Alcune delle tecniche di chiarificazione più comuni includono: 1. Ripetizione: il clinico ripete le parole o le frasi del paziente per confermare la comprensione e incoraggiare ulteriori approfondimenti. 2. Parafrasi: il clinico riassume o ripete ciò che il paziente ha detto utilizzando le proprie parole, per verificare la comprensione e facilitare la comunicazione. 3. Domande aperte: il clinico pone domande che richiedono risposte più dettagliate e approfondite, per incoraggiare il paziente a esplorare ulteriormente i propri pensieri e sentimenti. 4. Richieste di chiarimento: il clinico chiede al paziente di spiegare ulteriormente ciò che ha detto, per ottenere una comprensione più chiara e approfondita. 5. Riflessione: il clinico riflette i sentimenti o le emozioni del paziente, per mostrare empatia e incoraggiare una maggiore esplorazione. L'utilizzo di queste tecniche di chiarificazione può favorire una comunicazione più efficace e una migliore comprensione reciproca tra paziente e clinico.
Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
32 pagine
37 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/03 Psicometria

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher assidua di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Teoria e pratica dei test e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Cuzzocrea Francesca.