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PRESUPPOSIZIONI, IMPLICATURE, CONSEGUENZE LOGICHE
La distinzione può essere chiarita esaminando i diversi tipi di SANZIONE che viene applicata
quando la proposizione legata a un dato enunciato, è falsa.
Se A implica logicamente B e B è falsa, allora A è falsa: "Bea ha venduto il Colosseo ai
○ Giapponesi", implica logicamente B ("Qualcuno ha venduto il Colosseo ai Giapponesi"). Se B è
falsa,
allora la prima frase è falsa.
Se A presuppone B e B è falsa, allora A è deviante o priva di valore di verità: "È stata Bea a
○ vendere il Colosseo ai Giapponesi", presuppone B ("Il Colosseo è stato venduto ai Giapponesi").
Se
B è falsa, allora la prima frase è prima di valore di verità.
Se A implica conversazionalmente B e B è falsa, allora A è fuorviante: se Paolo chiede "Dov'è il
○ latte?" e Francesca risponde "Guarda nel frigo!", implica conversazionalmente B ("Il latte è in
frigo"). Se B è falsa, allora la risposta di Francesca frase è fuorviante.
Se A implica convenzionalmente B e B è falsa, allora A è mal formulata o addirittura falsa:
○ "Francesca è povera ma onesta", implica convenzionalmente B ("C'è un contrasto fra povertà e
onestà"). Se B è falsa allora la prima frase è quantomeno mal formulata.
CORTESIA
Con cortesia si intende quell'insieme di strategie che mirano a stabilire, conservare o alterare
relazioni fra gli interlocutori. Per esempio "Ti dispiace buttare quella sigaretta?" risulta più
cortese
di "Butta quella sigaretta!", pur esprimendo la stessa richiesta di buttare la sigaretta. Ma non
sempre l'imperativo risulta scortese, come accade per "Prendi un'altra fetta di torta!", più cortese
rispetto a "Puoi prendere un'altra fetta di torta". Siamo in grado di giudicare se un certo enunciato
è più cortese di un altro.
REGOLE DELLA CONVERSAZIONE E REGOLE DELLA CORTESIA
RobYn Lakoff individua 2 gruppi di regole pragmatiche:
1. Quelle che regolano la conversazione: sintetizzate nella massima "Sii chiaro" e corrispondono
sostanzialmente alle massime griceane;
2. Le regole della cortesia: sintetizzate nella massima "Sii cortese". Come le massime griceane,
anche le regole della cortesia possono essere violate, è possibile intenzionalmente essere
scortesi.
Le regole della cortesia si dividono in 3 sottogruppi che regolano i rapporti in situazioni di diversa
distanza sociale:
1) Nel discorso FORMALE→ le regole “non ti imporre”, "sta sulle tue", "non ti immischiare" si
applicano al discorso formale, in cui si suppone una differenza di status o di potere fra i
partecipanti. È meglio evitare di domandare o dare opinioni personali; è meglio astenersi da
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una serie di argomenti di conversazione, come il sesso, i bisogni corporali, il denaro, la morte, o
se
li affronta, chiedere il permesso o usare termini tecnici come "copulare", "defecare",
"condizioni
disagiate", "deceduto". Un esempio di situazione formale è quando il cameriere dice al cliente "Il
pranzo è servito".
2) Nel discorso FRA PARI→ la massima “offri delle alternative” che regola il discorso fra
partecipanti di pari status e potere ma senza particolare intimità, impone di lasciare che sia
l'interlocutore a decidere come reagire. La massima si concretizza:
Nell'uso di espressioni come "Bush è in qualche misura un conservatore";
Nella scelta di esprimere opinioni e richieste in modo tale che possano essere ignorate, senza
perdere la faccia, come in "Suppongo sia ora di andare"
Nella scelta di eufemismi come "Andare a letto", "andare in bagno", "scomparso".
3) Nel discorso INFORMALE→ la regola “Sii amichevole” si applica al discordo informale, fra
partecipanti di pari status legati da relazioni di amicizia o intimità.
La regola:
Impone di far sentire l'interlocutore a proprio agio e di mostrare interesse nei suoi
confronti;
Si concretizza nel dare e domandare opinioni personali;
Nel dare del tu e usare nomi propri e soprannomi;
Nell'usare espressioni che dimostrano partecipazione attiva come "se ti va", "sai", "voglio
dire";
Nell'uso di un linguaggio diretto, e anche crudo, per gli argomenti tabù.
FACCIA
Un enunciato può essere considerato accettabile in base allo status relativo dei partecipanti
all'interazione verbale, come l'età, il sesso, il potere, la condizione sociale: tutti fattori esterni e
stabili. Ma ne fanno parte anche fattori interni, come il grado di intimità o di amicizia.
Ogni interazione rappresenta un potenziale rischio per quella che viene definita la "faccia" (o
reputazione) e cioè l'immagine di sé pubblica, emotiva e sociale. In questa prospettiva la cortesia
viene definita come quell'insieme di mezzi impiegati da un parlante per mostrare consapevolezza
della faccia dell'altro. La faccia ha due aspetti:
1) FACCIA NEGATIVA, che corrisponde al bisogno di essere indipendenti e di avere libert à di
agire.
2) FACCIA POSITIVA, che corrisponde al bisogno di essere accettati, e di piacere.
Di conseguenza, un atto comunicativo può essere di cortesia negativa (volto a preservare la libertà
d'azione dell'altro) o di cortesia positiva (finalizzato a incoraggiare i sentimenti di amicizia e
solidarietà).
Per esempio se Paolo sta guardando la tv e Francesca si ferma davanti il televisore, Paolo potrebbe
non dire nulla e fare alcuni sforzi per cercare di vedere, sporgendosi dalla poltrona e allungando il
collo, per manifestando l'intenzione di comunicare a Francesca il proprio desiderio di farla spostare
da lì davanti. Oppure potrebbe dire qualcosa, trovando molte espressioni come:
"Spostati!": ha il vantaggio della chiarezza, ma è una minaccia per la faccia di Francesca; si
○ utilizza in casi estremi;
"Per favore spostati": mitigando un ordine;
○ "Ti sarei grato se ti spostassi": strategia di cortesia positiva;
○ "Ti dispiacerebbe spostarti?": strategia di cortesia negativa, tipicamente espressa con la forma
○ interrogativa;
"Non riesco a vedere nulla": implicatura;
○ "Sei bella ma non sei trasparente": implicatura ironica.
○
ANALISI DELLA CONVERSAZIONE
I partecipanti ad una conversazione non parlano tutti insieme, ma uno alla volta, senza lasciare
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I partecipanti ad una conversazione non parlano tutti insieme, ma uno alla volta, senza lasciare
momenti imbarazzanti di silenzio; solo quando una conversazione non scorre in modo fluido è
necessario stabilire delle regole che la gestiscano. Tali regole stabiliscono a chi tocca parlare, per
quanto tempo, chi può intervenire, e in che modo, quali espressioni segnalano la fine di un turno
nella
conversazione, e così via. Conversare è un'attività cooperativa che richiede coordinazione fra i
partner. Conversare comporta anche una lotta per il controllo della parola: presa, possesso e
cessione della parola sono regolati da convenzioni e consuetudini. In genere in una conversazione ci
sono due o più partecipanti, che parlano uno alla volta, senza sovrapposizioni e senza silenzi troppo
lunghi. Al contrario si creerebbe una situazione di disagio, imbarazzo, disaccordo o ostilità: Si
tratta
di casi in cui il parlante comunica più di quanto non dica. Naturalmente l'esempio più frequente è il
silenzio. "Cosa hai fatto oggi?"-> nessuna risposta. In questi casi tale silenzio comunica un
contenuto
che può essere molto più ricco della parola. Questo perché la domanda posta prima è un'esplicita
cessione del proprio turno di parola all'interlocutore. Si tratta di schemi automatici che
rappresentano dei veri e propri atti sociali: se il destinatario della prima parte non fornisce la
seconda parte, o ne fornisce una inattesa, tale mancanza verrà considerata significativa, e
comunicherà più di quanto non dica.
DAL MODELLO DEL CODICE AL MODELLO INFERENZIALE
Per Aristotele, la comunicazione orale, si basava sul modello del Codice cioè nella codifica e nella
decodifica dei messaggi. Il codice è un sistema che permette a due dispositivi (di trattamento
dell'informazione) di comunicare stabilendo una corrispondenza fra messaggi interni al dispositivo e
segnali esterni.
Il modello del codice è caratterizzato da tre tesi:
1. Un codice permette di associare a ogni senso o pensiero un'espressione, e viceversa;
2. Le lingue naturali sono codici;
3. "P" codifica il senso che vuole comunicare a "D" con un'espressione che "D" decodifica,
identificando in questo modo il senso, o pensiero, comunicato da "P".
A questo modello abbiamo più volte opposto che la rappresentazione semantica di una frase spesso
non coincide affatto con i pensieri che possono essere espressi proferendo quella frase. Per
esempio, se alla domanda "Hai fame?" si risponde "Sono rimasta all'università", l'ascoltatore riesce
solo in parte a decodificare il significato della frase. Dunque, in diversi casi, la comunicazione ha
bisogno di fare appello a dei processi inferenziali, che permettono all'ascoltatore di riconoscere le
intenzioni del parlante.
INFERENZE
L'inferenza è processo deduttivo che da un certo numero di premesse consente di derivare
conseguenze logiche. È sinonimo di ragionamento; è un'operazione mentale che facciamo quando a
partire da ciò che abbiamo davanti, a disposizione, arriviamo a conclusioni nuove; ha a che fare con
l'ascoltatore. Parlare, comprendere, significa proprio fare inferenze.
Un inferenza risulterà valido se preserva la verità, ciò significa che se le premesse sono vere,
○ per conseguenza logica sarà vera anche la conclusione.
Premessa: tutti gli uomini sono mortali
Premessa: Socrate è un uomo
Conclusione: Socrate è mortale
Un inferenza risulterà falsa quando non preserva la verità, cioè quando una delle due premesse è
○ falsa, per conseguenza logica sarà falsa anche la conclusione.
Premessa: tutti gli uomini odiano la violenza
Premessa: Attila è un uomo
Conclusione: Attila odia la violenza
Nelle inferenze logiche, un'inferenza fallisce quando una delle premesse è falsa. Nel caso del