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PORNOGRAFIA: ATTI LINGUISTICI DI RIDUZIONE AL SILENZIO

RIDUZIONE AL SILENZIO LOCUTORIO impedendogli fisicamente di parlare, di aprire bocca e articolare suoni, oppure creando un

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clima che lo renda riluttante a esprimersi – usando intimidazione o strumenti normativi.

RIDUZIONE AL SILENZIO ILLOCUTORIO creando condizioni che facciano sistematicamente fallire l’atto perché rendono impossibile il

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riconoscimento della sua forza illocutoria, o fanno si che essa venga sistematicamente fraintesa.

RIDUZIONE AL SILENZIO PERLOCUTORIO non si può impedire a qualcuno il compimento di un atto perlocutorio, creando condizioni

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che fanno si che l’atto illocutorio, pur felicemente compiuto e riconosciuto dal destinatario non venga rispettato.

La donna che tenta di rifiutare un rapporto sessuale è come l’attore sul palcoscenico che tenta di avvertire il pubblico di un incendio

scoppiato in teatro.

Il rifiuto delle avance sessuali può divenire problematico in almeno quattro modi diversi:

1. FALLIMENTO DELLA RECEZIONE – UPTAKE FAILURE – quando non viene riconosciuta l’intenzione illocutoria di rifiutare della

donna.

2. FALLIMENTO DELLA SINCERITÁ – SINCERITY FAILURE – quando il rifiuto della donna viene riconosciuto ma ritenuto insincero.

3. FALLIMENTO DELL’AUTORITÀ – AUTHORITY FAILURE – quando chi rifiuta non viene ritenuto un soggetto che possa

legittimamente formulare un atto di quel tipo.

4. TRUE FEELINGS FAILURE – quando il rifiuto viene riconosciuto e considerato sincero e legittimo, ma si ritiene che non rispecchi i

veri sentimenti e desideri della donna, mascherati da paure e fisime – sentimenti e desideri che l’uomo conosce meglio di lei.

La pornografia avrebbe allora il potere di stabilire o modificare le condizioni di felicità di altri atti linguistici – il potere di modificare le

condizioni su ciò che è permesso fare e ciò che non è permesso fare con le proprie parole, almeno limitamente alla sfera sessuale.

Se il rifiuto di rapporti sessuali è un atto linguistico per compiere il quale occorre godere di autorità sul proprio corpo, allora la

pornografia rende problematico per le donne soddisfare la condizione d’autorità necessaria per compiere quell’atto di rifiuto.

ATTI LINGUISTICI PORNOGRAFICI natura esercitiva – stabiliscono quello che possiamo fare con le nostre parole. Strumento utilizzato

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creazione o rinforzo di certe credenze dannose.

SESSO, BUGIE, MITI

STUPRO definizione influenzata da false credenze che circoscrivono il fenomeno in modi assai ristretti rispetto alla realtà. La

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stragrande maggioranza degli stupri avviene ad opera di conoscenti.

Spesso sottovalutate le conseguenze psicologiche di uno stupro.

False credenze tendono ad attribuire responsabilità alla vittima.

Correlazione fra il consumo di pornografia e le aggressioni sessuali – in modo indiretto.

Correlazione fra il consumo di pornografia e accettazione dei miti legati allo stupro.

Correlazione fra accettazione dei miti legati allo stupro e aggressioni sessuali.

Spesso i ragazzi non hanno difficoltà a comprendere i segnali di rifiuto delle ragazze e usano strategicamente il mito di una

comunicazione problematica per giustificare l’uso della coercizione.

L’A M O R E A I TEM P I D ELL ’O D IO

LE RELAZIONI PERICOLOSE: CONSENSO E RIFIUTO 6

NEGOZIAZIONE SESSUALE legame stretto con il dibattito sullo hate speech.

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La nozione di consenso è al cuore del dibattito sulla definizione di violenza sessuale.

Una conseguenza del modello del NO è che il silenzio conterebbe come consenso tale conseguenza è potenzialmente assai

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dannosa perché non tiene conto delle reazioni all’aggressione di molte vittime di violenza, che hanno esperienze di paralisi

involontaria e di dissociazione, che impediscono loro di muoversi e parlare.

COLLEGE, STEREOTIPI E TAZZE DI TÈ

Le ragazze che vanno al college sono vittime di violenza quattro volte di più rispetto a ogni altro gruppo di età. Nel 90% dei casi la

vittima conosceva il perpetratore.

Corsi di educazione sessuale e programmi di prevenzione dello stupro nei college americani programmi che ruotano attorno

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all’idea della violenza sessuale come frutto di fallimenti comunicativi e assegnano alle ragazze la responsabilità di evitare

fraintendimenti.

Codice dell’Università di Yale qua si stabilisce che il consenso dell’altro a ogni attività sessuale non può essere inferito dall’assenza di

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un “no”, ma deve essere determinato dalla presenza di un chiaro “si”.

Si sottolinea dunque l’importanza della comunicazione prima di impegnarsi in un’attività sessuale.

P A R O LE C O M E P IE TR E : FA R E C O S E C O N P A R O LE D’O D IO

P R O LO G O : JE FFR E Y E U G E N ID E S, M ID D LE SE X

Le parole ci dicono chi siamo – e definiscono anche quello che possiamo diventare. Le parole plasmano le nostre identità, plurali e

multiformi, e quelle degli altri.

Linguaggio = specchio della società riflette i fenomeni sociali, le classificazioni, le distinzioni, ma anche le gerarchie e le

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contrapposizioni sociali.

Definizioni e categorizzazioni influenzano ciò che gli altri si aspettano da noi e come ci tratteranno – le parole possono essere

concepite come strumenti di controllo e di gestione sociale.

EPITETI DENIGRATORI espressioni che hanno una notevole valenza emotiva di carattere negativo, tale da escludere quasi dal

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dominio del dicibile. Gli epiteti hanno la caratteristica di colpire insieme un individuo e un gruppo sociale.

- Esprimono disprezzo, derisione e ostilità verso certi gruppi perché rispecchiano il sessismo, il razzismo e l’omofobia che

caratterizzano la nostra società.

- Gli epiteti non si limitano a rispecchiare – ma contribuiscono a generare e rinforzare disprezzo, derisione e ostilità.

C H E C O SA SO N O G LI E P ITE TI D E N IG R A TO R I

EPITETI DENIGRATORI o SLUR espressioni che comunicano derisione, disprezzo o odio verso gruppi sociali – i gruppi target vengono

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identificati di volta in volta sulla base di certi tratti sociali.

PAROLE

EPITETI DENIGRATORI:

i) Espressioni che comunicano odio verso gruppi sociali e verso individui in quanto membri di un certo gruppo sociale.

ii) Posseggono generalmente una controparte neutra – un termine non denigratorio che è il correlato dell’epiteto e viene

usato per riferirsi allo stesso gruppo.

iii) Gli epiteti denigratori hanno vasta diffusione e grandissima varietà – difficilmente si ammette di utilizzarli.

iv) Da un punto di vista psicolinguistico gli enunciati che contengono epiteti sono non solo perfettamente compresi da

qualunque parlante competente, ma anche compresi con estrema rapidità.

v) Il potenziale offensivo degli epiteti è però variabile – alcune espressioni sono percepite come più denigratorie di altre,

anche quando sono rivolte contro lo stesso gruppo target.

vi) Il potenziale denigratorio degli epiteti è apparentemente indipendente dagli stati mentali del parlante. Nella maggior

parte dei casi chi usa un epiteto denigratorio comunica disprezzo per l’individuo e la categoria target,

indipendentemente dal fatto che provi o meno disprezzo nei loro confronti.

vii) Il potenziale denigratorio degli epiteti varia nel corso del tempo.

CONTESTI

Negli USA il tabù intorno agli epiteti razzisti è fortissimo – gli usi non denigratori sembrano confinati all’interno di un numero limitato di

contesti conversazionali.

EPITETI NON DENIGRATORI:

viii) CONTESTI CITAZIONALI – le virgolette avrebbero il potere di neutralizzare o sigillare al loro interno il potenziale denigratorio

dell’epiteto.

ix) CONTESTI PEDAGOGICI – in cui i contenuti razzisti degli epiteti vengono esplicitati o messi in discussione.

x) CONTESTI FITTIZI – in cui l’uso degli epiteti sembra giustificato dall’obiettivo di descrivere accuratamente un ambiente

sociale o un periodo storico.

xi) CONTESTI DI RIAPPROPRIAZIONE – gli usi riappropriativi sono quegli usi di epiteti da parte di membri del gruppo target volti

ad esprimere senso di intimità e solidarietà, a demarcare il gruppo rispetto ai non membri e quindi a rinsaldare i legami

identitari.

Però per gli epiteti più odiosi il tabù investe anche i contesti pedagogici e citazionali.

TARGET, DESTINATARI, ASCOLTATORI CASUALI

LINGUAGGIO D’ODIO PROVOCA DANNO anche gli ascoltatori che non fanno parte del gruppo oggetto di denigrazione, nei quali

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causa la formazione di credenze razziste o sessiste, e induce comportamenti discriminatori nei confronti dei target. 7

xii) Essere oggetto di insulti razzisti, epiteti denigratori e frasi d’odio causa negli individui target DANNI FISICI e PSICOLOGICI.

AMPLIFICAZIONE DISTANZA IN-GROUP e OUT-GROUP. Gli out-group provano sollievo nel constatare di non esserne

oggetto – mentre negli in-group si rinforza il sospetto e l’ostilità nei confronti del gruppo dominante.

xiii) IMPATTO SUGLI ASTANTI non appartenenti al gruppo oggetto di denigrazione – spesso hanno esperienze negative simili a

quelle sperimentate dagli individui target. La mera esposizione agli epiteti provoca agli astanti cambiamenti. Persino

nella percezione di sé – essere spettatori di epiteti omofobici rivolti ad altri conduce i maschi eterosessuali a enfatizzare la

propria identità sessuale e a distanziarsi dalle persone omosessuali. SINTOMO di omofobia e anche RINFORZO

dell’omofobia.

xiv) ASSISTERE = PARZIALMENTE RESPONSABILI – COMPLICITÀ LINGUISTICA – il fatto che nella nostra lingua esistono etichette

atte a comunicare disprezzo verso individui in virtù della loro sola appartenenza a certe categorie sociali segnala che la

valutazione negativa è talmente diffusa nella società da essersi cristallizzata in parole di derisione e di odio.

C O M E FU N ZIO N A N O G LI E P ITE TI D E N IG R A TO R I

TEORIE DEGLI EPITETI classificazione in tre gruppi:

1. STRATEGIE SEMANTICHE – il potenziale denigratorio di un epiteto è parte di quello che la parola dice o esprime – parte del suo

significato letterale.

2. STRATEGIE PRAGMATICHE – il potenziale denigratorio di un epiteto non è parte del suo significato letterale, ma viene veicolato

dall’uso che di tale espressione si fa in contesto.

3. STRATEGIE SOCIALI – il potenziale denigratorio di un epiteto non è questione del suo significato, né espresso né veicolato, ma

dipende esclusivamente da fattori sociali.

STRATEGIE SEMANTICHE: DIRE L’ODIO

STRATEGIE SEMANTICHE il potenziale denigratorio di un epiteto è pa

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Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/05 Filosofia e teoria dei linguaggi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Marydf00 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia del linguaggio e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Trieste o del prof Labinaz Paolo.
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