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2° TAPPA: LA RELATIVITÀ DEL DIRITTO (VICO E MONTESQUIEU)
Relatività del diritto nel tempo (Vico) e nello spazio (Montesquieu).
Giambattista Vico
Giambattista Vico (La scienza nuova, 1730) espresse tra la fine del XVII secolo e l'inizio del seguente una visione relativistica del diritto naturale basata sull'importanza della storia. La storia, cioè tutto ciò che è stato concretamente fatto dall'uomo, è la sola cosa che può essere studiata e conosciuta. E come essa "corre in tempo", così anche il diritto scivola in avanti e cambia forma, mutando nei diversi stadi di sviluppo della natura umana, dominata prima dalle passioni, poi dalla forza e poi dalla ragione. Ad ogni caratterizzazione della natura umana corrisponde una certa concezione del diritto naturale: per questo esso cambia, pur restando naturale. La storia conosce corsi e ricorsi.
Metodi di studio originali: riferimenti al linguaggio, alle leggende,
allastoriografia e alla produzione culturale della classicità. Tre epoche:
Epoca degli dei
Caratteristiche della natura umana: fierezza e passioni primitive, fantasia, natura poetica. Timore degli dei.
Diritto naturale divino: tutto decidono gli dei.
Governo divino: il diritto naturale si coglie con oracoli, sogni. Governo teocratico, patriarcato.
Giurisprudenza: cerimonie simboliche e magiche.
Epoca degli eroi
Caratteristiche della natura umana: nobiltà naturale, disprezzo del volgo; il nobile è capace di frenare le passioni.
Diritto naturale eroico: la base è la forza, mitigata dalla religione o da leggi, se ci sono.
Governo eroico: distinzione tra pochi (nobili) e molti (volgo). Il nobile interpreta il diritto naturale.
Giurisprudenza: formule rigide e solenni.
Epoca degli uomini
Caratteristiche della natura umana: ragione, coscienza, senso del dovere. La ragione dimostra l'uguaglianza delle persone.
Diritto naturale umano: ragione e uguaglianza naturale di tutti gli uomini.
Governo umano:
uguaglianza e ragione sono meglio espressi nella forma della repubblica, o della monarchia che tutt'eguaglia.
Giurisprudenza: fondata sulla ragione, perizia e analisi dei fatti.
Charles de Secondat, barone di Montesquieu (Lo spirito delle leggi, 1748), osserva durante un viaggio in Inghilterra la struttura della divisione del potere che, là frutto di esperienza storica, nella sua opera diviene oggetto di teorizzazione.
Concezione della fragilità dell'uomo e della sua inevitabile attitudine "che il potere stesso freni il potere!".
Necessità dunque di una divisione, sia della titolarità che della gestione dei 3 poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario.
Ma la relativizzazione del diritto attiene ad un'altra caratteristica della sua opera. Montesquieu, utilizzando relazioni di viaggi, statistiche e notizie storiche, compie nell'Esprit un'analisi dei
Lois differenti substrati storico-ambientale di diversi paesi del mondo (analizzando fattori come il clima, la fertilità del suolo, la vicinanza al mare, il tipo di economia, ecc.), e a queste caratteristiche lega le relative tipologie di diritto, in quanto adatte alle diverse situazioni.
Così, Montesquieu supera sia l'idea di stato di natura che quella di immutabilità del diritto naturale: già nel titolo della sua opera troviamo un riferimento non al diritto (al singolare) ma alle leggi (al plurale).
La parola "spirito", nel titolo dell'opera, riferita all'insieme di fattori che rendono unica ogni situazione socio-ambientale, riecheggia un concetto che nel romanticismo diventerà centrale: quello di "spirito del popolo".
3° TAPPA: IL DIRITTO COME PRODOTTO DELLO SPIRITO DEL POPOLO: SAVIGNY
Friedrich Carl von Savigny fu il padre della scuola storia del diritto che nacque in Germania all'inizio dell'800.
L'epoca è quella del Romanticismo, senso della storia e delle tradizioni che rendono ogni popolo unico. Il diritto, come il folklore e il linguaggio, è visto come un insieme di regole prodotte spontaneamente dalla società, e rispecchianti l'identità della società, il Volkgeist (spirito del popolo). Esso è dunque in primo luogo elemento politico, prodotto dal popolo. Solo in un secondo momento esso si tecnicizza (elemento tecnico) ad opera dei giuristi. Esiste dunque nel diritto un elemento politico ed un elemento tecnico (questo ultimo elemento sarà quello fondamentale per la Giurisprudenza dei Concetti tedesca). In "Sulla vocazione del nostro tempo per la giurisprudenza" (1814) Savigny respinge la proposta di Thibaut di realizzare una codificazione del diritto civile tedesco (allora coacervo di diritto giustinianeo e diritto statale), sostenendo che un codice così formato sarebbe artificiale, ben lontano daldiritto prodotto genuinamente dal popolo, e sarebbe inoltre bloccato nella sua spontanea evoluzione. Invece della codificazione propone una teoria generale del diritto forte e sviluppata, capace di formulare concetti generali applicabili ai diversi sistemi giuridici tedeschi.
4° TAPPA: IL DIRITTO COME COMANDO DEL SOVRANO. IL GIUSPOSITIVISMO
Il giuspositivismo è la concezione del diritto che esclude l'esistenza del diritto naturale e considera come diritto solamente quello "posto", formulato concretamente. Nell'ambito del giuspositivismo distinguiamo 3 scuole e 3 ambiti culturali: inglese, tedesco e francese.
4.A INGHILTERRA
In Inghilterra, Hobbes può essere considerato come un anello di congiunzione tra giusnaturalismo e giuspositivismo (per Hobbes, infatti, prima del pactum subjectionis il diritto naturale è troppo vago; dopo l'istituzione del sovrano invece il diritto è ciò che egli comanda) e produce solo guerra. Dopo Hobbes
possiamo ricordare Jeremy Bentham e l'analytical jurisprudence:Jeremy Bentham visse tra il 1748 e il 1832. Fu esponente della tradizione empirista inglese, e, sulla scia di Hobbes, concepì il diritto in chiave imperativistica, come il comando del sovrano. A differenza che nella concezione di Savigny, dunque, per Bentham il diritto non "segue" la società ma la "guida", dettando le norme di condotta legate alla volontà del sovrano. Per questa ragione è bene:
- che il diritto sia codificato, cosa che aumenterebbe la certezza dei cittadini riguardo alle possibili conseguenze delle loro azioni;
- che il sovrano segua, nello scegliere le leggi, un criterio di giustizia e non l'arbitrio.
Coerentemente con l'empirismo di fondo della sua dottrina, anche il criterio di giustizia proposto da Bentham ha valenza empirica: è quello dell'utilità. La legge giusta è cioè quella, tra le tante possibili, che
realizza il maggiorbenessere aggregato nella società. Per Bentham dunque è necessario separare le due questioni: cos'è il diritto (questione descrittiva, oggetto dunque della "expository jurisprudence") e se il diritto esistente sia buono o possa essere migliorato (questione valutativa, oggetto quindi della "censorial jurisprudence"). "legge per cui non si può ricavare un'affermazione valutativa a partire da premesse solo descrittive. Allievo di Bentham fu John Austin che espanse e ridefinì la dottrina imperativistica nell'opera "The Province of Jurisprudence Determined", la quale influenzò in maniera determinante la cultura giuridica anglosassone. Dal punto di vista metodologico Bentham e Austin sono i primi esponenti della scuola analitica inglese, per la quale uno strumento indispensabile per comprendere la realtà giuridica è l'analisi del linguaggio.
sia profano che specialistico.–4.B GERMANIA In Germania la scuola storica del diritto accentuò presto il suo carattere tecnicistico dimenticando la sua origine storico-romantica e acquisendo un carattere spiccatamente formalistico. La è il prodotto di quest'evoluzione, finì infatti per occuparsi solo delle Giurisprudenza dei concetti, norme formalmente valide emanate dal sovrano (visto come rappresentante della coscienza del popolo). Secondo questa corrente, il compito della scienza giuridica era quello di classificare per via razionalistico-deduttiva le norme positive, ottenendo così un sistema unico, coerente e completo (senza antinomie e senza lacune), dotato di una sua logica interna e autosufficiente. La condizione di esistenza delle norme in tale sistema non era la loro efficacia di fatto, ma la loro validità giuridica. Per questa via si arrivò poi fino al giuspositivismo di Hans Kelsen e alla sua netta contrapposizione tra mondo del dover essere, dove sisitua la logica del diritto, e mondo dell'essere, ad essa estraneo. Tanto netta è tale separazione nella concezione kelseniana, che egli si dedicò ad uno studio del tanto staccato dal mondo dell'essere da potersi definire "puro" (La dottrina pura del diritto, 1934).
Hans Kelsen parte dal presupposto di una divisione ontologica tra mondo dell'essere (Sein), - dominato dalla legge di causalità (il müssen deterministico e necessitato proprio delle leggi - per es. "se inciampo cado"), e - mondo del dover essere (Sollen) proprio delle norme di condotta umana come quelle giuridiche e morali, che hanno come sfondo la libertà (il wollen), esprimibili con la formula (rapporto di imputazione, per es. "se x deve essere y qualcuno ruba deve essere punito").
Per Kelsen le norme del sollen possono essere legate tra loro in modo da formare un sistema.
modi.Il primo è quello tipico degli ordinamenti statici, caratteristici dellamorale, che contengono solo norme di condotta legate tra di loroper ragioni contenutistiche, ovvero in ragione di ciò cheprescrivono.Il secondo è quello proprio degli ordinamenti dinamici,caratteristici del diritto, che contengono oltre alle norme di condottaanche norme di competenza che stabiliscono le condizioninecessarie per l’emanazione di nuove norme valide. In questiordinamenti le norme sono legate per il fatto di essere stateemanate, in ossequio