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KELSEN
Il terzo criterio di differenza è quello della dinamicità formulato da Kelsen, cioè quello della validità
formale.
Questo vale a dire che solo nel diritto esiste il principio di autorità. Le norme morali non rispondo a
questo criterio.
Nella morale ciò che conta è il contenuto. Per Kelsen le nostre morali sono costruite come una
gerarchia da cui deducono diversi contenuti, questo sia per la morale individuale e sociale.
Esistono non perché c’è un’autorità che le ha poste e quindi non c’è il principio di autorità.
Anche nei nostri ordinamenti c’è una validità non formale.
Nella morale non c’è come legittimità “perché lo dico io o perché è una legge”, servono delle
motivazioni per far sì che quel comportamento sia accettato.
Questa differenza è problematica per le religioni dove ad esempio c’è un testo sacro e delle autorità
religiose che lo gestiscono.
Quindi c’è per loro un principio di autorità.
Tesi moderna:
Altro criterio trova la differenza con la presenza di una sanzione istituzionalizzata. Questo non vuol
dire che tutte le norme prevedono una sanzione ma che tutto l’ordinamento nel suo complesso ha il
monopolio della forza fisica. Ci sono organi apposta che devono gestire questa sanzione.
Stabiliscono che deve decidere se applicare la sanzione, come, chi deve farla applicare prevede un
massimo ed un minimo di una sanzione.
Nella morale sociale sicuramente questo elemento manca. Allo stesso tempo nella morale religiosa ci
sono delle sanzioni “trascendenti” cioè le punizioni saranno dopo la morte, esistono però anche nelle
religioni delle sanzioni istituzionalizzate (es. scomunica).
Anche in quest’ultima non c’è una distinzione netta. E’ la migliore però.
Lezione di Damiano Canale.
I conflitti pratici
Cosa è un conflitto pratico? Cosa possiamo intendere con conflitto pratico?
Che tipi di conflitti pratici incontriamo nella nostra esperienza quotidiana?
Ci sono quelli che riguardano le norme morali e le norme giuridiche.
Si ha conflitto pratico quando due o più norme incompatibili tra di loro regolano la stessa cosa.
Esigono condotte incompatibili tra loro. Quando?
Se tengo una condotta non posso tenere l’altra: qualunque cosa faccia violo una norma.
L’idea è che i conflitti pratici sono pervasivi nella nostra esperienza quotidiana, tutti i giorni.
Ma non si tratta solo di norme giuridiche, ma di un concetto più ampio di norme.
Le norme personali, una regola di condotta che ciascun individuo dà a se stesso quasi nella forma di
dialogo interiore.
Chi si trova nel conflitto pratico è preso in scacco: è immobilizzato perché non sa che condotta tenere.
(es. Bianca che ama gli animali e per nulla al mondo ucciderebbe un animale, e c’è uno che soffre e se
non lo si ammazza soffre di più).
Ci sono anche norme sociali (o convenzioni sociali), ad esempio la moda.
Un terzo tipo di norme (si parla di norme in senso lato e si potrebbe usare il termine regole) sono le
norme morali.
La norma morale è una norma sociale incondizionata, cioè che ha origine all’interno delle condotte sociali
(o c’è chi dice di origine convenzionale) ma che avanza la pretesa di condurre le azioni a partire da
qualsiasi condizioni. Si vuole indicare la ragione ultima, le regole ultime che giustificano le nostre
azioni. Non ammette eccezioni, non può. Mai essere resa defettibile (per alcune visioni).
Ci sono due famiglie delle norme morali:
Etiche deontologiche: è l’etica del dovere. Si fonda su alcuni principi indefettibili, non ammette eccezione.
Etica dei costumi di Kant: bisogna sempre dire a verità. Etiche di consequenzialità: è un etica che fonda i
giudizi sulle conseguenze delle nostre azioni. In questo campo c’è l’utilitarismo.
Ma se si tratta dire ad una persona che è in un fin di vita?
Uno può pensare deontologicamente di dire sempre la verità, ma un altro può utilitaristicamente dire
che è meglio di no per evitare conseguenze peggiori.
Ciò che giustifica le nostre risposte sono teorie generale della morale e cosa noi pensiamo sia la morale.
Quando deve giustificare la mia scelta faccio ricorso a determinate norme morali.
Ci sono altre famiglie morali, ad esempio per alcuni autori il particolarismo morale, per questo i principi
morali non esistono (a differenza delle altre due che le presuppongono).
In certi casi va bene fare una cosa, in altri no: ci sono solo contesti in cui il nostro ragionamento morale
si sviluppa non regole precise e definite.
Quando c’è un conflitto morale entrano i gioco concezioni diverse e dottrine della morale diverse tra
loro.
Un caso particolare sono i dilemmi morali, cioè conflitto morali particolarmente difficili.
Se il conflitto:
1. Include la circostanza in cui devo fare o una o l’altra cosa: tertium non datur
2. Le norme sono sullo stesso piano
Una madre che deve scegliere uno dei suoi figli.
Negli ultimi 40 anni c’è stato un dibattito sui dilemmi morali.
Per alcuni i dilemmi radicali non esistono. Secondo una logica utilitaristica secondo il calcolo dell’utilità
scegliere uno o l’altro figlio è uguale, si farà comunque la scelta giusta (qualora non possa differenziare i
due figli), quindi non c’è dilemma.
Per Williams (un’autrice), la madre sceglie nel caso concreto il figlio che secondo lei ha più chances, ma
la madre per tutta la vita rimpiangerà il fatto di aver preso questa decisione venendo meno ai suoi
doveri di madre e che la condizionerà per tutta la vita successiva.
Per Williams quando c’è un dilemma morale, quando prendiamo qualsiasi decisione abbiamo comunque
un senso di deficienza morale che abbiamo (non il senso di colpa che si lega più alla tradizione
cattolica). Infatti dice che i casi di dilemmi morali sono sempre casi tragici.
Questi due esempi sono solo alcuni delle visioni dei dilemmi morali.
I conflitti tra norme giuridiche vengono chiamate nel linguaggio giuridico antinomie. Questo si
differenzia dalle norme morali non ci sono norme che mi permettono di risolvere i conflitti.
Quando ci sono conflitti tra i criteri della soluzione delle antinomie, la Cassazione ha detto che bisogna
guardare caso per caso, per alcuni autori vince sempre quello gerarchico.
Conflitto tra norme giuridiche e norme morali
La risposta dipende:
1. Dalla concezione del diritto che facciamo nostra: cosa è il diritto,…
2. Dalla concezione della morale che facciamo nostra: cosa è la morale, quando una cosa giusta o
cattiva,…
Ogni grande concezione del diritto ha una visone del diritto diversa del rapporto tra diritto e morale:
giusnaturalismo, giuspositivismo,..
Per i naturalisti c’è un rapporto tra diritto e morale. La capacità del diritto di guidare l’azione dipende
da norme morali.
Per alcuni si pensa che obbediamo al diritto se nel farlo obbediamo a norme morali.
In questi casi le norme che vincono sono le norme morali.
Per quelli più estremi se non segue la morale non è diritto mentre per altri perde la sua capacità
obbligatoria.
Se però se sono giuspositivista ritengono che non ci sia una relazione necessaria tra diritto e morale e
quindi se è in conflitto con la morale rimane comunque valida.
Relazioni tra diritto e morale
In letteratura sono state individuate 4 differenze tra diritto e morale: autonomia, disciplina, validità
formale (autorità) e presenza di una sanzione istituzionalizzata.
Dalla lezione precedente si rileva un’altra differenza tra diritto e morale: la morale è una norma
categorica, non condizionata, doveri assoluti: devi sempre dire la verità.
Per contro il diritto è sempre costituito da norme condizionate, cioè se ci sono determinate
circostanze.
Perfino il divieto di uccidere ha delle condizioni, ad esempio in guerra è lecito.
Questa è una differenza che deriva da una determinata concezione della morale, una concezione
deontologia. Un’azione è sempre buona o cattiva in maniera indipendente da i suoi effetti.
Ovviamente se si adotta una morale utilitaristica bisogna vedere anche le circostanza.
Uccidere per una morale deontologica è sempre sbagliato.
Se si adotta una morale particolarità i doveri morali si adattano al contesto.
Oggi si parla di relazioni tra diritto e morale. Ci sono relazioni necessarie tra diritto e morale?
Bisogna distinguere 2 tipi di necessità.
Necessità empirica (o scientifica, o fattuale): deriva da relazioni di causa ed effetto. Ad esempio relazioni
• di tipo fisico dominate dalla legge di causalità.
Da questa va distinta la necessità logica concettuale: 1+1= 2 per definizione. E’ necessario che tutte le
• vedove abbiano un marito morto.
La grossa differenza è che per scoprire la necessità empirica io devo guardare al mondo.
La necessità empirica si scopre, quella logica per scoprirla non bisogna indagare il mondo, per questa
devo guardare il linguaggio o la matematica,…
Quindi si parla tra diritto e morale dobbiamo distinguere queste 2 relazioni.
Concettualmente devono esserci relazioni tra diritto e morale.
Dal punto di vista empirico è necessario che il diritto e la morale coincidano?
Secondo un primo argomento questa coincidenza è necessaria almeno parzialmente perché la maggior
parte della gente non conosce la maggior parte della legge. Quindi in questo caso il diritto deve
coincidere alla morale prevalete.
Questo assicura l’effettività del diritto.
Una caso ad esempio è quando trovo delle cose per strada e per me le tengo: il diritto dice una cosa (non
puoi tenerle) la morale invece no (me le tengo). Quindi c’è una minore effettività di questa norma
giuridica.
Altro aspetto di questa questione è che se l’adesione tra diritto e morale allora è vero che il diritto
sarebbe ineffettivo se non coincide con la morale?
Un diritto potrebbe essere ineffettivo anche se la maggior parte delle persone lo considerano ingiusto?
I regimi totalitari avevano l’appoggio della maggior parte delle persone, ma se queste invece iniziano a
trovarlo ingiusto e quindi la maggior parte non lo vuole?
Quindi perché allora si obbedisce al diritto?
Solo per paura della sanzione? Dal punto di vista teorico questo è fallace perché è difficile che davvero
tutti siano sanzionati per disobbedienza.
Servono un giudice, un pubblico ufficiale,… Serve qualcuno comunque che obbedisce per paura di una
sanzione, in que