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NORME DI RICONOSCIMENTO, ACCETTAZIONE E VALIDITÀ GIURIDICA (HART)

Il fondamento dell'ordinamento giuridico è l'accettazione di una norma secondaria di riconoscimento che fornisce i criteri dotati di autorità per individuare le norme primarie che impongono obblighi.

Le norme di riconoscimento nella maggior parte dei casi non sono valide ma la loro esistenza si manifesta nel modo in cui vengono individuate le norme particolari; l'uso di norme non espressamente formulate è un aspetto tipico del punto di vista interno, coloro che usano tali norme manifestano la loro accettazione di tali norme come guida.

Dunque non sono valide in quanto non esiste una norma che stabilisce i criteri per la sua validità ma sono efficaci, in quanto i funzionari le applicano nella produzione, consultazione e applicazione del diritto. Si può dire che sono accettate ma solo dai funzionari perché troppo complesse per poter essere conosciute da tutta la popolazione.

comunità, infatti può accadere che solo i funzionari accettino e usino le norme di riconoscimento, mentre i cittadini si possono limitare ad obbedire alle norme di condotta; dire che è accettata è un'affermazione esterna del fatto che un certo comportamento è in pratica generalmente accettato come criterio da seguire, la norma di riconoscimento esiste solo come una prassi seguita da tribunali, funzionari e privati. Inoltre è definitiva, perché seguendo il procedimento per risolvere conflitti tra le fonti, si arriva sempre alla norma di riconoscimento; è suprema (ma non illimitata, infatti può prevedere garanzie per il revisionamento di norme costituzionali), infatti i criteri che ne derivano per determinare le norme primarie sono validi anche se in contrasto con le norme di riconoscimento di altri ordinamenti giuridici e le norme inferiori sono invalide se in contrasto con la norma di riconoscimento. Se in una società non viè più obbedienza alle norme di condotta, valide grazie alla norma di riconoscimento, si va incontro a PATOLOGIE DELL'ORDINAMENTO GIURIDICO. Per esempio durante le rivoluzioni, quando vengono sollevate contrarie pretese di governare, o le occupazioni nemiche, quando la pretesa di governare senza avere l'autorità derivata dall'ordinamento viene dall'esterno: in questi casi ci possono essere degli stadi intermedi in cui gli ordini dei funzionari sono privi di efficacia, ma non si può negare completamente l'esistenza di un ordinamento giuridico solo da ciò che succede in brevi spazi di tempo. Naturalmente possono sorgere dei problemi dopo tali interruzioni, quando vengono ristabilite le normali relazioni tra cittadini e tribunali: esempio quando uno stato colonizzato viene a costruirsi una costituzione che ne dichiara l'indipendenza mentre il diritto dello stato colonizzatore continua a sostenere che il diritto che si applica inquellazona è il suo:se la norma di riconoscimento che vede come legislatore una persona locale sarà accettata le norme che ne derivano saranno valide, e si parlerà di due ordinamenti distinti. Risulterà sempre impossibile determinare con precisione quando un ordinamento ha cessato di esistere. FORMALISMO E SCETTICISMO SULLE NORME LA STRUTTURA APERTA DEL DIRITTO: nel diritto per comunicare i criteri di condotta si usano due espedienti: il precedente giudiziario e la legislazione, entrambi vaghi; il precedente può lasciare a chi deve interpretare molti dubbi in relazione a cosa si vuole comunicare (quale aspetto precisamente della sua condotta deve servirmi da guida?) Il precedente crea problemi in primo luogo perché non vi è un unico modo per determinare la norma rispetto alla quale un dato precedente ha autorità vincolante per i giudici futuri (quale norma ne devo estrarre? come formularla?); in secondo luogo non è possibile estrarre dai

Casi un' unica formulazione corretta odotata di autorità della norma; in terzo luogo, da un lato i tribunali possono seguire il precedente mada una altro possono prendere una decisione opposta. Anche la legislazione scritta deve essere interpretata e può fare nascere molti dubbi, a causa del limite insito nella natura del linguaggio (termini generali che possono avere più significati) e soprattutto perché risulta impossibile da parte del legislatore prevedere la completa moltitudine di casi concreti a cui sarà possibile applicare la legge, quindi chi deve risolvere i casi concreti si trova davanti a una scelta tra più alternative. Formalismo o concettualismo (francesi e tedeschi): atteggiamento di fronte a norme consistente nel cercare sia di nascondere sia di minimizzare la necessità di una scelta, una volta che la norma generale sia stata posta; secondo i formalisti non esiste la struttura aperta nella norma, ma il giudice applica

meccanicamente il nucleo certo della norma; ma anche se si pongono norme più specifiche nascerà comunque la necessità di lasciare una struttura aperta, data da una giudizio più consapevole che può essere fatto solo davanti al caso specifico. Infatti la struttura aperta dellanorma è un vantaggio, perché rende la norma più flessibile e le fa acquistare nuovi significati, permettendo di risolvere circostanze future che non potrebbero essere previste dal legislatore. Si possono istituire degli organi appositi per definire più in precisione cosa intendesse una specifica norma oppure quando la sfera di applicazione è troppo ampia si può ricorre a comuni giudizi su ciò che è ragionevole; infatti quando l’incertezza è forte i tribunali esercitano una funzione normativa.

VARIETA’ DI SCETTICISMO SULLE NORME IN RELAZIONE ALLA STRUTTURA APERTA: secondo gli scettici (realismo americano) il nucleo

di certezza delle norme non esiste, ma essere presentano praticamente solo la struttura aperta che lascia al giudice una vasta scelta e una grande influenza, le norme secondo gli scettici sono mere predizioni delle sentenze dei tribunali, ma, replica Hart, le sentenze se non esistessero le norme non sarebbero dotate di autorità e inoltre senza norme non esisterebbero i legislatori. Altri sostengono che le leggi, finché non vengono applicate dai tribunali non sono diritto ma solo fonti del diritto, ma anche questo rende impossibile il funzionamento dei tribunali e l'esistenza dei funzionari. La visione delle norme come predizione delle sentenze dei tribunali inoltre non tiene conto del punto di vista interno, infatti per i cittadini sono criteri giuridici di comportamento accettati. Gli scettici sono assolutisti delusi: hanno scoperto che le norme non raggiungono l'ideale visto dai formalisti, ed esprimono il proprio disappunto sostenendo che le norme non esistono, usando

perché i giudici possono commettere errori e le sentenze possono essere soggette a revisione.perché i giudici non sono infallibili e comunque per svolgere il loro lavoro si basano sempre e comunque sulle norme (esempio di un arbitro: la sua decisione è definitiva e dotata di autorità ma non decide lui le regole, sono le regole del gioco; il giudice è autorizzato da delle norme di riconoscimento e a lui spetta di risolvere le controversie ma è un uomo quindi non è infallibile, non crea lui le regole ma cerca solo di applicarle nel migliore dei modi). I giudici non creano diritto semplicemente nell'adesione alla propria carica scelgono di seguire dei principi, determinati in modo sufficiente ma sempre con una struttura aperta per permetterne la loro discrezionalità. Ovviamente un giudice che troppo spesso si distanzia dal nucleo centrale di certezza delle norme non è un buon giudice e solitamente non viene accettato, o, se viene accettato, significa che c'è una cambiamento delle regole (non si gioca più al

gioco del calcio, ma al gioco della discrezionalità dell'arbitro), infatti il giudice ha dei criteri da seguire dal momento che ricopre questa carica, che nello stesso tempo circoscrive e permette la sua attività creativa. Le sentenze sono definitive in quanto devono terminare a un certo punto con un giudizio definitivo, dotato di autorità, che comunque sarà dato da esseri umani non infallibili e perciò porterà con sé gli stessi rischi di errore, di abuso o violazione.

INCERTEZZA DELLA NORMA DI RICONOSCIMENTO: può essere dubbio se l'organo che ha emanato una norma avesse il potere di farlo: possono sorgere conflitti sulla validità o sulla certezza della norma di riconoscimento (è diritto ciò che è emanato dal parlamento, ma cosa vuol dire emanato? Oppure se è lecito proteggere le norme da una possibile abrogazione da parte del legislatore futuro grazie a un procedimento aggravato per modificarle, quando le

leggi non possono essere protette dall'abrogazione futura da parte di un legislatore (e questi verranno risolti dai tribunali; ci si può chiedere quindi se è logico che la certezza della norma di riconoscimento possa essere discussa dai tribunali, dal momento che in questo modo viene messa in discussione la posizione degli stessi nell'ordinamento giuridico. D'altra parte dobbiamo tenere presente il carattere di struttura aperta necessario per un ordinamento, e quindi anche per la norma fondamentale di riconoscimento, e che questo comporta sempre una decisione, una scelta che può essere compiuta solo dai tribunali. Il giudice si trova a decidere solo in merito alla struttura aperta di tale norma di riconoscimento, non sul nucleo certo, e se a questo giudice è stato dato il prestigio di farlo vuol dire che ha sempre giudicato in modo corretto sul nucleo interno. La norma di riconoscimento esiste semplicemente perché accettata, il giudice non ha

il potere di definirla in quanto i suoi poteri derivano da essa, ma nel momento in cui definisce la struttura aperta si parla di un potere di fatto e se la pronuncia giudiziale non viene accettata automaticamente non ha valore. Qui si può accogliere.
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Publisher
A.A. 2007-2008
22 pagine
3 download
SSD Scienze giuridiche IUS/20 Filosofia del diritto

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Moses di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Teoria del diritto e dell'interpretazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Bongiovanni Giorgio.