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RICAVI
Y
Copie e
credibilità della
testata a
b
0 X
1992 2000 2009
Anno nascita TEMPO
quotidiani
online a indica l’erosione sull’asse del tempo dei ricavi. Linea lungo cui i giornali stanno
scivolando secondo Willson e Meyer
b crescita lenta, soprattutto all’inizio, e poi dal 2000 in modo sempre più evidente, dell’online:
crescita lettori, credibilità, pubblicità e quindi ricavi. Oggi siamo più meno nel punto d’incontro.
a ha perso un numero significativo di copie, per i quotidiani come Corriere o Repubblica (circa
200.000 copie), quindi perdita di pubblicità nel mondo fra il 20 e il 40%. Un calo che nel 2005
Willson non aveva previsto così eccessivo. Il Corriere ha perso fra il 2008 e il 2009 circa 200
milioni di utili.
ALLEGATI riviste o fascicoli interni al quotidiano, venduti insieme. Nati spesso con il giornale B/N
raccoglievano foto e pubblicità di abbigliamento e cosmetici che avevano bisogno del colore. Ora
le cose sono cambiate, anche i quotidiani sono a colori e, se uno deve scegliere, preferisce la
pubblicità sul quotidiano piuttosto che sull’allegato. Oggi la pubblicità c’è sempre ma a prezzi e
quindi ricavi molto più bassi.
COLLATERALI utilizzando il nome del marchio, puntando sulla credibilità del primo prodotto. In
Italia funziona molto rispetto agli USA perché ci sono le edicole mentre negli USA gli abbonamenti.
In Italia la rete di vendita è fortissima e i giornali ne hanno approfittato con il brand extencion per
allungare la credibilità del giornale al prodotto: libri, dvd, enciclopedie, gadgets. Tutto ciò ha dato
ossigeno alle case editrici, ha aumentato la pubblicità. Ciò ha funzionato (il primo è stato l’Unità di
Veltroni con le figurine) ma solo per un certo periodo, finché non si è raggiunta una saturazione per
eccesso di collaterali.
Nel 2001/2002 Corriere.it perdeva circa 8 milioni mentre il cartaceo guadagnavo 250 milioni;
c’erano circa 300 000 lettori online contro 700 000 copie di tiratura. Oggi siamo circa a 1,5 milioni
di utenti online in circa 8 anni mentre siamo a circa 500 000 copie (approssimando 3 lettori a copia
siamo a circa 1,5 milioni di lettori). Nonostante la crisi e il calo mondiale della pubblicità sui giornali
(20-40%) quella online è cresciuta del 6% circa. Nel periodo 2002 – 2007 (max) avevano un
margine di utile di circa il 20%. Ma chi ha messo i soldi, gli azionisti per esempio della RCS
QUOTIDIANI, comprano azioni; a loro non dispiace la % di utili ma soprattutto lo fanno per
eventuali future pressioni politiche indirette tramite il giornale (l’editoria italiana non è pura).
Perdendo soldi o si arriva a una ricapitalizzazione (come ha fatto il NYT che, indebitato, ha
contattato un miliardario messicano per un prestito, il quale o si fa rendere i soldi con gli interessi
oppure diventerà il maggiore azionista ossia il proprietario del NYT) o ai tagli (l’indipendenza dei
giornali è sempre più complessa perché bisogna vedere anche la situazione economica) ma
sempre fino a una certa soglia.
Quindi quello di Willson è un grafico negativo: aveva previsto bene che il punto di incontro era
FALLIEMNTARE. Alcuni giornali come il Seattle Intelligence, hanno chiuso del tutto il cartaceo ma
la qualità tra un redazione di 150 giornalisti e una di 20 è risentita in negativo.
PREVISIONI FUTURE OLTRE 2009
Frenare collasso giornale cartaceo
TAGLIARE I COSTI: giornalisti (coloro che possono andare in pensione anticipata andando
per esempio dai 350 ai 300 mantenendo la qualità), tagliare gli amministrativi (può essere
ridotta l’azienda, gli edifici, le persone di servizio), la carta (reinventare il prodotto con meno
pagine, c’è meno bisogno di coprire le breaking news, per dedicarsi soprattutto a
commenti, opinioni, reportage. I giornalisti rimasti servono per più valore aggiunto), meno
distribuzione (ridotta in posti non strategici come alcuni paesi esteri, come ha fatto il
Corriere in Argentina). È un NUOVO MODELLO EDITORIALE. Si può giocare nel settore
del marketing con nuove modalità di pubblicità o con nuovi allegati / gadgets. A seconda dei
paesi il rapporto lettore/utente online è 1/10-15. Quindi come
Far crescere per ricavi l’informazione digitale
Bisogna aumentare i ricavi partendo da un aumento degli utenti: aumentare utenti.
Approfondimenti, canali verticali (come canali animali), multimedialità e servizi (dizionari
immediati), marketing virale (FB, Youtube, Twitter… dove inserire contenuti mirati), più
pubblicità (aumentare banner), puntare sul business (più spazi in rete da sfruttare anche se
hanno un valore 1/10-15, cioè non posso venderli come o più di quelli presenti sul cartaceo
perché sono 2 mondi diversi, con meccanismi diversi.
Il Corriere.it non è in grado di fare brand extencion attraverso l’on line per quanto riguarda i servizi.
Pubblicizza locali vicino a cinema o parcheggi vicino a teatri, mette tutto ciò a disposizione del
lettore senza guadagnare. Un esempio di soluzione è quello USA, dove oltre a scegliere il
ristornate si può prenotare on line attraverso il sito e c’è un aumento di visibilità / prenotazioni, con
il riconoscimento di una minima percentuale al sito. Questo potrebbe avvenire fra Corriere.it e
Ticket One; ciò è garantito dal marchio del giornale che ispira fiducia, ciò aumenta e unisce la
comunità di lettori. Gli editori sono stati più restii a sfruttare tutte queste opportunità.
Dal 2006 a oggi c’è stato uno sviluppo dei trend tecnologici: più banda larga, qualcosa da toccare
con mano, connessioni sempr epiù veloci. Fino a qualche anno fa il top della connessione era fra
le 8 e le 17, ossia orario da ufficio. Negli ultimi 2 anni, con internet anche nelle case e la diffusione
della banda larga, è tutto il giorno. C’è quindi più velocità, più connessioni in movimento
(smartphone), maggiore presenza delle persone sul web. A questi trend si sono aggiunti i trend
comportamentali: le persone sono connesse alla rete e generano contenuti vari (video, foto, testi,
ecc) e la rete grazie a ciò si arricchisce. I social network sono una forma di condivisione di
informazioni fra utenti, sono una tendenza in espansione; fra il 2008/09 si sono moltiplicati rispetto
alle mail, così come i video che pian piano sono sempre di più e di migliore qualità cosicché è
incrementato anche il consumo. In questo contesto gli utenti sono sempre più importanti e si crea
un fenomeno di condivisione che li pone in primo piano. Tutto questo arricchisce la rete di
informazioni.
Fra il 1990 e il 2009 siamo passati dal web 1.0 (prima fase di internet, poco up molto downoload,
l’utente sceglie cosa prendere dalla rete, la usa. Inoltre bisognava conoscere bene il linguaggio
della rete) al web 2.0 (biunivocità della rete, semplificazione degli strumenti, uso di un linguaggio
naturale, non servono conoscenze specifiche. Ogni singolo utente è fornitore e fruitore di contenuti
e ciò ha cambiato il nostro modo di vivere la società. Sono nati ipod, itunes, iphone, la
convergenza dei media attraverso un unico device). Il 17 -12- 1997 venne coniata la parola
WEBLOG (usata per la prima volta da Barger), una pagina personale che consente l’uso del
linguaggio naturale. Dal 1997 in poi con un processo lento si sviluppa il CITIZEN JOURNALISM, il
giornalismo partecipativo che viene dal basso (storia Ivan), un processo lento con una data
significativa: 11 settembre 2001, anche se in questo momento non è ancora un fenomeno di
massa pone comunque sotto gli occhi di tutti il citizen journalism. I siti idi informazioni ebbero un
picco di utenza, chi aveva blog raccontava quel che vedeva creando una mole di informazioni
interessanti. I giornali vanno sui blog per raccontare storie trovate; ci si rende conto dell’importanza
di questo e si archiviano tutte le informazioni. La rete è salita grazie al lavoro dei cittadini. Tutto ciò
apre la strada al citizen journalism che da questo momento ha scadenze fondamentali:
2003 – guerra del golfo momento fondamentale per il citizen journalism e i blog. Si afferma
SALAM PAX che crea un blog dove racconta la guerra vista con i suoi occhi, gli occhi di un
iracheno, raccoglie testimonianze. Nel 2003 si impone anche la tecnologia leggera ed è per questo
che è diversa dalla guerra del golfo del 1991 dove c’era solo la CNN. È tutto diverso perché
l’ingresso delle truppe alleate non bombardate da fuori. Così non possono riferire come nel 1991.
Si inventano l’EMBADDED a seguito delle truppe ma non è così immediato e semplice. Devono
essere addestrati alla vita militare, alle regole, al protocollo e subiscono un effetto psicologico
notevole così da assumere un punto di vista simile a quello dei soldati. Si produce un effetto noi
vs. loro, chi sta al di là è il nemico. Si voleva dunque fare un operazione in stile CNN ma la cosa ha
funzionato fino a un certo punto: c’erano anche giornalisti non embadded muniti di nuove
tecnologie che hanno iniziato a parlare della guerra vera, quella non controllata dagli USA. Sono
così nati i warblog dove i soldati, muniti di pc, hanno iniziato a raccontare la guerra in senso critico.
Non si riesce più a controllare la rete e quindi non c’è una sola versione ufficiale della guerra.
26 – 12- 2004 tsunami sud est Asia. Evento catastrofico che i giornalisti potevano raccontare ma
non far vedere. È stato visto grazie ai turisti e ai locali che hanno ripreso e poi postato tutto sulla
rete facendo atti di giornalismo.
1-5-2005 Neri con il suo blog pubblica documento su Calipari senza omissioni.
7 – 7 -05 attentati metro Londra
11-3-2004 attentati Madrid
8 -05 uragano Katrina a New Orleans. Le sedi dei giornali sono allagate ma continuano a
informare tramite la rete.
Il citizen journalism oramai è la routine, tutti se lo aspettano; ci si aspetta si le informazioni ufficiali
ma anche le notizie dei cittadini. Tuttavia non è ancora chiaro fino a che punto il lavoro dei cittadini
possa essere incanalato in un processo economico che preveda leggi d/o e ricavi /guadagni.
Questa evoluzione dal blog al citizen journalism ha portato alcuni blogger tedeschi a stilare un
manifesto del giornalismo ai tempi di internet: un buon punto di partenza per migliorare la qualità
dell'informazione online.
1. "Internet è diverso" Il nuovo mezzo di comunicazione è molto differente rispetto agli altri media.
Chi vuol lavorare nel camp