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PASSIONE.
Il prodotto è rappresentato nella sua materialità (si vedono bottiglie) e spesso ci sono
delle schede che illustrano le caratteristiche del prodotto. Un tratto specifico del discorso
delle micro-produzioni di birra italiane è che quasi sempre in queste schede sono
proposti gli abbinamenti con i cibi, o i momenti più adatti per la degustazione. Questo è
un riflesso della cultura del vino tipica italiana.
La parola chiave del discorso sul prodotto è RICERCA, che può essere di materie prime,
di qualità, di miglioramento continuo (non solo del prodotto ma anche di se stessi). Le
storie dei produttori spesso sono storie di auto-crescita. Questa costante ricerca fa sì che
la caratteristica principale su cui si fa leva è l’UNICITA’. La figura meno importante in
consumatore—>
questo discorso è quella del è raro che venga rappresentata
iconograficamente (è raro vedere immagini di persone che bevono la birra), perché
secondo questi produttori la cosa fondamentale è parlare del prodotto (e quindi di se
stessi). E’ anche rappresentato poco dal punto di vista verbale.
Sito Stranacotta
Nella home c’è un ordine di priorità, c’è una pressione all’acquisto. Compare la parola
“nostro”.
Sezione “la nostra storia”: chi-cosa-quando-perchè—> ripetitivo, troppo lungo, è tutto
uguale. Il contenuto di ogni paragrafo non rispetta neanche il titolo.
Sito Val Rendena
Lavora su alcuni punti forti. Tenta di coinvolgere l’interlocutore, fin dall’inizio fanno una
domanda (“sei maggiorenne?”). Il menu ha un andamento più tradizionale, anche la
newsletter è un tentativo di mantenere una relazione col consumatore. Si ritrovano le
parole “ricerca”, “passione”, “filosofia”.
Confrontando i due siti, vediamo che dicono più o meno le stesse cose, ma la diversità è
scena enunciativa.
nella Nel primo caso ci parla una voce fuori campo che racconta la
storia di altri, tutto il discorso viene fatto in terza persona. Nel secondo caso parlano
sempre in prima persona; chiamano in causa l’interlocutore. La scelta che si deve sempre
fare è se esplicitare o meno la fonte—> ciò trasmette impressioni molto diverse. Bisogna
relazione;
capire che quando si scrive si mette o meno in scena una se voglio metterla in
scena devo stabilire come.
Dato che nel secondo caso chiedono se sei maggiorenne, significa che si rivolgono ad un
interlocutore giovane. I produttori vengono immaginati a loro volta come persone giovani
—> il modo in cui è stato creato il testo trasmette questa impressione.
Nel primo caso i produttori vengono immaginati come persone vecchie, e il pubblico
target non si percepisce.
nozione di enunciazione
La viene elaborata tra gli anni 60 e 70 del 900 da due linguisti:
Benveniste
Benveniste e Jackobson. Per l’enunciazione è il rendere funzionante la lingua
attraverso un atto individuale di utilizzazione. E’ contemporaneamente qualcosa di
astratto e condiviso da tutti, è il codice—> tutti gli strumenti che ho per esprimermi e la
conoscenza delle regole per comporle insieme. La lingua diventa lingua solo nel
momento in cui un singolo individuo compie una serie di scelte e produce
concretamente un atto linguistico. Finché non parlo, secondo Benveniste, ho solo una
potenzialità inespressa. E ciò avviene individualmente. La lingua vive in una dialettica tra
dimensione collettiva condivisa e dimensione singola individuale, che è concreta ma
specifica (è il mio modo di usare la lingua). enuncia
Benveniste dice anche che nel momento in cui attualizza la lingua l’individuo si
come parlante, cioè si costituisce come soggetto—> lo costituisce davanti a tutti come
soggetto. E’ l’Io che dice Io e nel dirlo si pone come tale. Nel dire Io questo soggetto non
pone solo se stesso; nell’affermarsi nel mondo il soggetto contemporaneamente crea un
altro da sè, cioè nel momento in cui dico Io presuppongo che ci sia un Tu. Noi
costituiamo noi stessi sull’alterità: siamo noi perché siamo diversi dagli altri.
Nel momento in cui dico Io e dico Tu, creo anche le coordinate dello spazio del tempo.
Enunciazione—> atto di istituzione dell’Io che dice Io—> Io che passa da potenza ad
atto. Implicitamente instaura anche un Tu (alterità che costituisce la controparte del
coordinate dello spazio e del tempo.
soggetto), e contemporaneamente forma anche le Le
nozioni di presente, passato e futuro non esistono di per sé; si definiscono Presente
reciprocamente, e si definiscono in funzione del momento centrale (presente).
significa “che sta qui”, designa il tempo contemporaneo all’enunciazione del soggetto—>
si sviluppa contemporaneamente all’enunciazione.
Quando pongo l’atto di enunciazione, quindi, non solo mi pongo come soggetto ma
punto di organizzazione
diventa anche il delle coordinate spazio-temporali.
Il prodotto dell’enunciazione è l’enunciato= concreta produzione linguistica. Esso
traccia dell’evento che lo ha prodotto.
conserva sempre in sé una L’atto creativo del soggetto
piano duplice:
che enuncia si svolge su un il soggetto parlando instaura se stesso, l’altro, il
luogo e il tempo nella realtà; ma contemporaneamente proietta questi elementi anche
all’interno della propria produzione linguistica—> li proietta nell’enunciato.
contenuto semantico;
La maggior parte dei segni linguistici hanno un ma ci sono delle
parole, come “qui” che non hanno un contenuto semantico, e lo assumono solo in
funzione dell’atto dell’enunciazione.
Io= colui che parla in questo istante; non ha un contenuto semantico prefissato.
Qui: non ha significato in se stesso se non è calato nel contesto dell’enunciazione.
dove sono le chiavi?”—>
“sai l’enunciato non può fare a meno di riportare il segno dell’atto
che l’ha prodotto. L’esistenza di un atto di parola è trasmesso dal fatto che in questa
formulazione è contenuto un Tu—> se c’è qualcuno che dice Tu, c’è anche un Io.
sono le chiavi?”—>
“dove sono—> tempo presente, dove si trovano adesso nel momento in
cui sto parlando—> il tempo tradisce l’atto dell’enunciazione. L’enunciato mantiene
sempre una traccia più o meno visibile dell’atto che lo ha prodotto. Questi indizi dell’atto
proiezione linguistica
dell’enunciazione non sono l’atto in sè, ma la di colui che sta
parlando. L’atto dell’enunciazione si proietta all’interno dell’enunciato, proietta i segni
linguistici degli attori che concretamente realizzano questa azione. Questo significa che
discorsiva
non dobbiamo confondere la dimensione propria dell’enunciato con la
empirica
dimensione concreta dell’atto della comunicazione. Quindi dobbiamo tenere
distinti nella nostra mente il locutore e l’interlocutore (io e tu) che sono soggetti empirici,
realmente esistenti; ma per noi inattingibili, non li cogliamo se non attraverso la loro
proiezione all’interno dell’atto linguistico.
Questo lo cogliamo bene quando uno stesso interlocutore in discorsi diversi proietta
immagini di sé anche completamente differenti. Esempio è un uomo politico, ma è una
cosa che facciamo tutti noi. Uno stesso locutore in momenti diversi costruisce
continuamente immagini diverse e quindi enunciati diversi, nello stesso discorso.
Quello che dice l’Io dentro al discorso non è la concretezza del locutore empirico; e se
dice Tu si sta riferendo ad un’immagine discorsiva, ad un costrutto linguistico che
modella in base alle proprie esigenze comunicative.
Costruzione della scena enunciativa: scegliere quale immagine dell’enunciatore
proiettare, quale immagine dell’enunciatario proiettare, quali attributi dare a entrambi.
messa in scena di una relazione
Ogni enunciato è la tra un soggetto che enuncia e un
soggetto a cui è destinata l’enunciazione.
Es. pubblicità Selex—> sopra sono i prodotti a parlare, e lo dice a chi legge. Sotto il “noi”
proposta di relazione.
si riferisce all’azienda produttrice—> è una
Es. testo a sinistra—> forma distaccata e neutra, ma c’è comunque una proposta di
relazione.
Per poter scegliere, dobbiamo sapere quali effetti produciamo con le nostre scelte. Per
effetti pragmatici dell’uso degli indici di
farlo dobbiamo avere una nozione di quali sono gli
persona: i pronomi personali. Essi sono il frutto di una proposta di relazione, e sceglierne
uno o un’altro significa proporre una relazione diversa. E’ possibile classificare questi
pronomi in modi diversi a seconda che si ponga l’accetto su un aspetto o un altro della
comunicazione.
Modello di Kerbrat-Orecchioni: distinzione fondamentale tra il locutore (Je) che sta da
• una parte isolato, e forme che designano i non locutori. Questo modello separa l’Io da
tutti gli altri, perché l’Io è l’unico enunciatore e quindi gode di prerogative che gli altri
egocentrica:
non hanno. Io è un’entità mette se stesso costantemente al centro della
propria enunciazione. Non può prescindere dal proprio punto di vista. Tutto si
organizza intorno a Io.
Modello di Benveniste: relazionale.
• privilegia aspetto Mette dalla stessa parte Io e Tu,
scambiano
mentre isola Egli. Io e Tu condividono l’essenza della soggettività—> si
continuamente il ruolo. Quello che è Tu, subito dopo diventa Io. Invece Egli resta sempre
esterno. Tu ha qualcosa in comune con Io; Voi è diverso perché non diventa Io—> Voi è
Tu è l’unico che
una somma di Tu—> ogni Tu può diventare Io, ma non in quanto Voi.
condivide con Io la natura di istanza unica per definizione e valevole solamente nella sua
unicità. Io e Tu godono entrambi di una proprietà: essere unici.
La pubblicità fa sempre leva su questo valore—> DARE DEL TU—> instaura un livello
relazionale più diretto e ristretto. I prodotti industriali di massa in generale hanno il
problema che devono fare una comunicazione il più possibile individualizzata. Il Tu è
Tu è partecipe
l’etichetta che viene data ad un certo ruolo all’interno della comunicazione.
di una relazione privilegiata con Io, perciò la scelta di questa forma