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La perdita del nemico produce ricadute anche a livello dei membri dell'organizzazione militare: una permanente
disposizione a pensare il nemico rimane. Ma la situazione in cui il nemico cessa di esistere porta anche alla perdita
dell'alleato permanente e strutturato: l'amico è sostituito dal partner di alleanze a geometria variabile che riuniscono
tutti quelli che sono disposti a sostenere singole missioni. A proposito della lotta anti-terrorismo Rumfeld, segretario
della difesa Usa nel 2001, ha affermato che non ci sarebbero state più imponente alleanze sostituite da coalizioni
fluttuanti capaci di cambiare ed evolversi.
Alla crisi del nemico e dell'alleato che accompagna la problematicità delle vittorie: oggi un concetto di vittoria non è
definibile, né rintracciabile. Non ci si pone la questione di quali precisi obiettivi militari occorra perseguire, ma ci si
limita alle linee di indirizzo, solitamente generiche e spesso confuse, dei mandati. Non ha alcun senso parlare di
vittoria dal momento che si scontra l'assoluta mancanza della coppia amico/nemico, la controparte non è mai un
nemico e soprattutto manca il fine del suo annientamento. L'obiettivo strategico è rappresentato dal contenimento
della conflittualità e dalla creazione di condizioni di sicurezza per favorire stabilizzazione e ricostruzione.
Il declino della separatezza
Alla perdita di referenti esterni qual è il nemico e l'alleato che accompagna la scomparsa di due importanti linee
culturali di confine: la unidimensionalità del genere e la separazione dal mondo civile, specificità del militare e
importanti risorse identitarie.
Le narrazioni belliche hanno sempre fatto parte della socializzazione del genere maschile: l'ingresso delle donne
rientra nel più generale cambiamento. La sostanziale, oltreché giuridica, parità delle donne ha modificato la
composizione per sesso della forza lavoro, orientandola verso una diminuzione della segregazione lavorativa, sia in
senso verticale che orizzontale. L'accesso alla professione delle armi è stato facilitato da un'organizzazione militare
completamente trasformata nella sfera dei mezzi per incrementare l'uso della forza e dell'ampliamento dei compiti
ad essa affidati, rendendo meno importante per l'azione militare le dotazioni biologiche del genere maschile.
Altro confine è quello che segnava la separazione tra mondo civile e militare. L'organizzazione militare moderna ha
vissuto una situazione di tensione tra le due opposte tendenze: la volontà di chiusura e l'autonomia rispetto
all'ambiente esterno e la necessità di mantenere e alimentare un proficuo interscambio con la società civile. Inoltre la
progressiva civilizzazione degli apparati militari ha condotto ad una osmosi generalizzata: industria, università,
mondo delle professioni, compagnie private militari e di sicurezza. La professionalizzazione della figura del militare
e la fine della leva obbligatoria stanno di fatto aumentando la partecipazione della componente civile nell'entità del
dopo-conflitto e persino in quelle belliche. Dal momento che sempre più frequente il ricorso alla tecnologia le
operazioni militari si basano su una rete integrata di risorse umane, civili e militari, da logiche industriali. In Italia
ad esempio è stato introdotto l'istituto della ricerca selezionata e negli Stati Uniti la categoria dei giornalisti
embedded, che effettuano periodi di addestramento per essere incorporati nelle unità militari. Il nesso tra civili e
militari diventa più ampio articolato considerando i livelli di cooperazione che si instaurano in modo sistematico
degli interventi umanitari, di peacekeeping in tutta quella vasta gamma di attività tipiche dell'immediato
dopoguerra.
Solo con l’operazione in Bosnia le attività di cooperazione civile-militare raggiunsero la piena maturazione: a causa
delle crescenti difficoltà e della lunghezza dei processi di stabilizzazione e ricostruzione, con la creazione in teatro di
una cellula deputata a sviluppare una rete di relazioni per facilitare la comprensione reciproca dei compiti di
ciascuna parte, ed individuare, ove possibile, obiettivi comuni. Il fine è stato l'allineamento di tutte le componenti.
Attualmente il processo consolidato e le forze armate appartenenti alla Nato nei loro stessi ad alta specializzazione
prevedono uno dedicato alla cooperazione civile-militare (Cimic) che assolve funzioni altre, come il supporto alla
forza armata per il collegamento tra militari e civili e il supporto nel settore dell'amministrazione, delle
infrastrutture, dell'economia, dell'assistenza umanitaria e della sicurezza.
Tuttavia è stato imputato a questo legame un certo snaturamento di tutto il sistema umanitario che rischia di essere
considerato parte di quei dispositivi di regolazione messi a punto dal mondo occidentale. Serie perplessità e
preoccupazioni arrestato anche la recente creazione in Afghanistan dei Provincial Reconstruction Teams, strutture
civili e militari con compiti di sicurezza e ricostruzione.
Il mito dell’elusione tecnologica della guerra
L’analisi non può omettere di considerare da una parte una vera e propria rivoluzione del pensiero strategico-
militare che vagheggia l'utopia dell'elusione tecnologica della guerra e dall'altra un riposizionamento organizzativo
e culturale degli apparati militari rispetto alla violenza, con il conseguente emergere del mito del soldato di pace. La
dottrina della cosiddetta rivoluzione negli affari militari e la determinazione con la quale negli Stati Uniti si
sintetizza un cambiamento dottrinale e organizzativo del modo di condurre la guerra tale da rendere obsoleti i
metodi di combattimento fino ad allora adottate. Il termine rivoluzione tecnologica nell'arte della guerra apparve
per la prima volta nel 1991 nel Final Report al congresso dall’allora Segretario alla Difesa Dick Cheney riguardante
la guerra del Golfo; nello stesso periodo il capitolo di uno studio del Center for Strategic and International Studies
sempre sulla guerra del Golfo evocava l'importanza dell'osservazione satellitare, e gli aerei invisibili, della gestione
elettronica dell'informazione e della logistica per conseguire il duplice obiettivo della supremazia militare e delle
perdite zero.
Si tratta di un processo tuttora in atto, molto controverso e criticato, emerso in un contesto marcato da una doppia
rivoluzione, quella dell'informazione e quella della globalizzazione. Entrambe hanno rimesso in gioco due
paradigmi fondamentali sui quali riposava la sicurezza dello Stato moderno: la sovranità nazionale e l'esercizio del
potere organizzato spazialmente per assicurare il controllo attraverso la sorveglianza del territorio. La
transnazionalizzazione ha reso vana la tenuta dei confini e difficile la discriminazione degli avversari nelle
cosiddette zone grigie, mentre la sorveglianza è divenuta poco efficace sulla virtualità e sull'ubiquità del
cyberspazio, sull'invisibilità dei nuovi mezzi di camuffamento e inganno, sulla mobilità, sull'irregolarità e sulla
sorpresa con le quali gruppi antagonisti di diversa natura cercano di riequilibrare l’asimmetria di potenza.
L'approccio strategico del controllo della violenza attraverso la fissità spazio-temporale è stato sostituito da un
approccio basato sulla fluidità.
Negli Stati Uniti la rivoluzione negli affari militari ha inteso venire incontro alla duplice esigenza di sostenere in
maniera adeguata il ruolo di superpotenza militare e di contrarre al massimo le perdite in vite umane; in aggiunta
ha voluto operare anche una sterilizzazione tecnologica della guerra, una sorta di purificazione in termini
avveniristici. Le bombe intelligenti vorrebbero realizzare una guerra chirurgica. Il guerriero cede il posto ad un
tecnico, non esiste più il combattente. L'ambiente operativo si è trasformato in una rappresentazione digitale. In
realtà la guerra stessa è fatta vedere molto poco, ogni ambiente operativo è uguale all'altro, un "non luogo" in cui
non ha più senso parlare di eroismo, sacrificio, valore.
Questa rivoluzione tecnologica iniziata negli Stati Uniti, paese che definisce il benchmark teorico e operativo del
settore, è stata ripresa, sia pure solo in parte, da molte altre forze armate. Essa si configura come una rivoluzione
permanente che induce ad imprimere un preciso indirizzo alla ricerca tecnico scientifica applicabile alle esigenze
strategico-militari.
Quattro fondamentali principi/obiettivi ne sono alla base:
1. dominio sull'informazione
2. combattimento senza contatto
3. energia
4. civilizzazione
il punto di forza di questa nuova impostazione è rappresentato essenzialmente dal dominio dell'informazione,
punto fondamentale per mantenere l'egemonia. L’infodominance ha assunto il ruolo di un metaparadigma
strategico che dovrebbe produrre significativi vantaggi nel processo decisionale. A livello strategico globale del
controllo sistemico del cosiddetto shaping the world, cioè delle rimodellamento del mondo attraverso
l'armonizzazione delle pratiche e delle norme sull'idea americana di democrazia liberista; a livello militare attua
un'integrazione molto ampia, tra cui principale quella degli operatori in battaglia, e assicura la rapidità
nell'assunzione delle decisioni nell’esecuzione delle operazioni. Il secondo principio riguarda la sinergia, ovvero la
capacità di integrazione inter-arma (la cosiddetta jointness): in teatro le operazioni comprendono quindi di forze
aeree, navali, anfibi, terrestri e possono impiegare assetti di forze speciali. In effetti però i contingenti impiegati,
dalla Bosnia all'Afghanistan e all’Iraq, hanno teso ad operare sempre meno sul terreno, privilegiando i
bombardamenti aerei, scendendo sul campo in un secondo momento sotto mandati di stabilizzazione, sicurezza e
ricostruzione. Un impiego convenzionale delle forze di terra rimane residuale. Secondo Jeremy Black lo scenario di
uno scontro frontale tra le due superpotenze ha determinato e ancora determina l'evoluzione delle strategie militari,
la ristrutturazione delle forze armate e la costituzione di arsenali sempre più sofisticati sotto il profilo tecnologico.
Tutto ciò è avvenuto a scapito di un'analoga evoluzione delle strategie del combattimento terrestre e al diffondersi a
partire dai primi anni 80 della cosiddetta dottrina Weinberger che contribuì a fare in modo che la protezione dei
militari avesse la precedenza sugli obiettivi cromatici. Il terzo fondamentale principio è infatti in combattimento
senza contatto, reso possibile dall'utilizzo di dispositivi di precisione a lunga gittata. Il quarto prevede una crescente
integrazione nel settore civile e nell'economia. La conseguenza è una cresce