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CHIESA LOCALE E CHIESA UNIVERSALE NEL NUOVO TESTAMENTO
Chiesa di Dio (universale) in quanto si incarna (locale) nella
Paolo indirizza la sua lettera "Alla comunità di Corinto". La Chiesa non è definita dalla sua collocazione geografica e ambientale, ma è una realtà che si manifesta nelle comunità locali. La Chiesa locale non è la somma dei suoi gruppi e dei suoi membri, la Chiesa universale non è la somma delle comunità particolari. La comunità locale non può permettersi di estraniarsi dalla vita della Chiesa nella sua totalità, Paolo invita la comunità di Corinto a partecipare alla colletta per i cristiani di Gerusalemme e a tenere costantemente presente la fede e le pratiche delle altre Chiese.
Nel nuovo Testamento "ekklesia" designa "il popolo di Dio", non la singola comunità, ma anche la singola comunità locale comunità degli eletti della fine dei tempi.
Designa residente in un luogo. Rimane sempre ferma la coscienza di essere l'unico popolo di Dio, radunato in Cristo.
Questa coscienza mantiene aperta la singola comunità verso tutte le altre.
Designa anche la Chiesa nella sua totalità, abbracciando tutti i cristiani sparsi in ogni luogo.
Si traggono due conclusioni:
- La coscienza dell'unico popolo di Dio - di cui le singole comunità fanno parte - è primaria, quasi una decisione delle singole comunità che scoprivano di avere la medesima fede e gli stessi ideali. Primaria la convinzione che nella comunità singola si manifesta e prende figura l'unica grande comunità. Chiese locali, la Chiesa universale non è la semplice somma delle ne la Chiesa locale non è una semplice porzione di quella universale.
- Gli Atti degli Apostoli descrivono per tappe il cammino della Chiesa nel mondo. la fondazione della comunità cristiana in Samaria.
Una tappa importante è Per la prima volta la comunità cristiana esce dai confini territoriali e culturali della Giudea e annuncia il vangelo anche a una comunità ritenuta esclusa e diversa, i samaritani appunto, che i giudei disprezzavano e consideravano alla stregua dei pagani. Protagonista Filippo, missione di questa tappa è la sua. Richiede l'intervento di Pietro e Giovanni che rivelano che la Chiesa madre di Gerusalemme non considera le nuove comunità come staccate e indipendenti. Unica che man mano sorgono, la Chiesa e unico è il messaggio. La comunione diventa comunione fra comunità e comunità, Chiese antiche e Chiese nuove. Il ruolo degli apostoli in questa rete è insostituibile.
Una seconda tappa fondamentale è la fondazione della comunità cristiana di Antiochia che non si considera indipendente e staccata, ma in comunione con la Chiesa madre di Gerusalemme. Questo legame è un indice di un vivo senso della tradizione.
Dell'attaccamento alla vicenda della comunità di Antiochia è una comunità mista, formata da ex-ebrei e da ex-pagani. Una convivenza tranquilla fino a quando un gruppo di cristiani di Gerusalemme non discute, risolta nella grande assemblea di Gerusalemme, dove sono tenute presenti due preoccupazioni:
- Salvaguardare la specifica fisionomia della Chiesa pagano-cristiana
- L'unità della Chiesa
Non c'è un vangelo per ogni predicatore e per ogni comunità, ma un solo vangelo per tutte le comunità.
Di particolare importanza la colletta organizzata da Paolo in favore della comunità di Gerusalemme. Si tratta di spingere i pagano-cristiani a dare una prova, concretamente, di non considerarsi estranei ai cristiani di Israele, ma di considerarli fratelli anziani ai quali bisogna unirsi.
La comunione delle chiese ellenistiche con la chiesa di Gerusalemme non
È un semplice mettere in comunione le proprie risorse, ma di diventare Chiesa facendo parte dell'unico popolo di Dio, inserendosi nella comunità madre di Gerusalemme. Le comunità cristiane primitive hanno la passione della comunione e, quando sorgono nuove comunità, le Chiese sentono il bisogno di creare legami di fraternità tra loro. Una fraternità concreta che si realizza attraverso scambi, aiuti e visite. Le relazioni scaturiscono dalla natura profonda della Chiesa (che è realtà di comunione) e dalla sua missione (che consiste nel proclamare il grande raduno di Cristo). La fraternità non è vissuta solo attraverso il legame con la Chiesa madre (prima Gerusalemme poi Roma), ma contemporaneamente attraverso una fitta rete di relazioni orizzontali, fra comunità e comunità. Le comunità del Nuovo Testamento sono fortemente in comunione tra loro, ma resistono alla tentazione di appiattirsi in una.Uniformità che non lasci più spazio alle originalità locali e culturali. La Chiesa è necessariamente locale, inserita in un ambiente storico e in una cultura precisa. Nei testi è sempre presente il riferimento al luogo. La "località" è importante come l'universalità. La Chiesa è locale non tanto perché gli uomini vivono e operano in un luogo, ma perché la Chiesa deve farsi visibile, tangibile, corporea, deve essere solidale con le situazioni sollecitandole verso il Regno. Il "locale" esprime una vocazione che non è solo fedeltà all'uomo ma fedeltà al piano di salvezza e all'incarnazione. La contestualizzazione locale e culturale è un'esigenza, che deve sempre storicizzarsi in luogo e in un contesto. L'annuncio è completo quando non soltanto cade in un ambiente, ma germina e cresce in quell'ambiente, storicizzandosi e localizzandosi.
Tutte le Chiese del Nuovo Testamento sono nate in questo modo. La comunità è presente in un luogo ma non si identifica mai con il luogo, conserva sempre una sua "autonomia" (estraneità) almeno per due motivi: 1. la tensione universale che non permette alla comunità di chiudersi completamente negli interessi locali 2. è estranea al luogo perché qualitativamente diversa. È un'estraneità che nasce dalla novità di Cristo e dalla libertà dello Spirito. Non accetta di essere solidale con il peccato e la novità di cui è portatrice non è mai completamente integrata in un luogo, ma sempre oltre. L'evento di Gesù è irriducibile al luogo: né lo si può dedurre dalla cultura ambiente né si lascia da essa imprigionare. Si è presentato come una "novità" rispetto all'ambiente giudaico: ha assunto la cultura e le tradizioni (Gesù).fu ebreo) ma non vi si è lasciato rinchiudere.
Le differenze che esistevano tra le Chiese locali non venivano giudicate incompatibili con la loro comunione. Le comunità giudaiche sottolineavano maggiormente la continuità con Israele e quindi l'istituzione; le comunità greche sottolineavano la novità del cristianesimo e la libera presenza dello Spirito. Queste differenze non rompevano l'unità della Chiesa ne affievolivano la coscienza di appartenere all'unico popolo di Dio.
Non due chiese ma una sola e tuttavia diverse. Un esempio è la diversità fra le chiese delle lettere pastorali e le chiese giovannee. La comunità di Giovanni non pone al primo posto le strutture (una regola della fede, un deposito di dottrina, i ministeri) ma lo Spirito che è di tradizione e di rinnovamento. Spirito che appartiene a tutti i membri della comunità e non soltanto ad alcuni.
Ci troviamo di fronte a comunità che accostavano,
Esprimevano e vivevano in modo diverso il medesimo mistero di Cristo. Le comunità di Giovanni, Luca, Paolo vivevano la loro particolare visione di Cristo come il loro modo di vivere l'esperienza cristiana nella sua totalità. Nelle chiese locali è possibile, senza rompere la comunione, ma proprio al suo servizio, sono possibili delle differenze. Il Nuovo Testamento ci offre tre indicazioni:
- un continuo confronto con le origini, con l'apostolo, con una chiesa locale che fa da centro alla comunione (nei primi anni Gerusalemme e poi Roma)
- nessuna chiesa locale può identificarsi con la Chiesa universale né pretendere che le altre chiese si identifichino con la sua precisa esperienza cristiana.
- l'universalità che deve manifestarsi in una visibile unità di fede, di comportamenti e di relazioni.
LA CHIESA E IL SUO ORDINAMENTO
La funzione primaria del ministero ordinato è quella di conservare la memoria dell'evento di Gesù.
Il re e il profeta sono in forza. Il sacerdote è un mediatore come lo sono pure i profeti, ma questi ultimi lo sono in virtù di un carisma personale, il sacerdote invece lo è in virtù del suo stato: il sacerdozio è un'istituzione di mediazione.
Il culto è tutto avvolto nell'evento di Gesù, il cui servizio si è espresso non in gesti rituali, ma nella concretezza della sua vita, della sua esistenza e della sua persona. La ragione della novità del sacerdozio neotestamentario è unicamente l'evento di Gesù Cristo, sempre più percepito come gesto definitivo di Dio e risposta perfetta dell'uomo a Dio.
Sulla Croce c'è un figlio di Dio che muore per noi in un gesto di suprema e definitiva alleanza, e c'è un uomo che muore per Dio in un gesto di perfetta obbedienza, questa è la risposta.
Non c'è più posto. Lo spazio è aperto al culto e al sacerdozio.
Cristiano è ormai solo per altri doni e per altre risposte. La memoria di quel dono unico e definitivo, la sua celebrazione. Il concetto di sacerdozio viene modificato partendo da Gesù. A molti sacerdoti subentra l'unico sacerdote, ai molti sacrifici l'unico sacrificio offerto una volta per sempre. L'originalità del sacerdozio di Gesù rispetto al sacerdozio dell'Antico Testamento deriva dal mistero della sua persona, dalla posizione unica e originale in cui Egli si trova in rapporto al Padre e in rapporto agli uomini. La sua mediazione fra Dio e l'uomo avviene nella linea dell'incarnazione. Gesù, svelato ed esaurito la figura del sacerdote, altri sacerdoti non possono che collocarsi sul