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CAP. 2 – LE COMUNITA’ DI GERUSALEMME, ANTIOCHIA E CORINTO
Le comunità considerate sono quelle del Nuovo Testamento.
A vive una comunità caratterizzata da:
Gerusalemme
La fede in Cristo: la fede in Gesù genera la vita comunitaria, ne determina i rapporti e si trasforma in
annuncio (“Voi avete ucciso Gesù ma Dio l’ha risuscitato/ Questo è avvenuto secondo le Scritture/Noi
ne siamo testimoni”); la consapevolezza della presenza del Signore nella comunità si trasforma in
attesa del Suo ritorno, attesa che però non spinge i cristiani a rimanere inerti, ma a restare nel Mondo
annunciando Gesù e il suo amore per il mondo;
Lo Spirito: la storia cristiana, secondo Luca, è frutto dello Spirito che ne è il vero protagonista;
l’adesione alla parola di Cristo si concretizza nel battesimo, inteso come remissione dei peccati, dono
dello Spirito, aggregazione alla comunità.
Luca riassume l’intera vita della comunità con il termine perseveranza: una perseveranza nell’istruzione degli
apostoli che garantisca quindi una continuità tra Gesù e la comunità ed una perseveranza nel fare comunità.
Luca intende la comunità non come una semplice comunità, ma come un comportamento di fronte all’unità, un
modo di pensare e di vivere che scaturisce dalla fede.
I primi cristiani di Gerusalemme vivevano in comunione nell’esistenza, non soltanto interiore e questo loro
comportamento scaturiva dalla fede comune e dalla comune appartenenza al Signore: l’ideale perseguito era
quindi quello della condivisione, così che nessuno tra loro fosse bisognoso.
La comunione con Cristo in questa comunità trova il proprio fulcro nell’eucarestia, cioè nella “frazione del
pane” di cui parla Luca, un rito compiuto durante un vero pasto, all’inizio o alla fine.
La prima crisi in questa comunità scoppia quando entra a farvi parte il gruppo degli ellenisti, cioè degli ebrei
provenienti dalla diaspora e che parlavano greco: probabilmente questo scontro fu causato da un diverso
modo di vedere la salvezza e la funzione salvifica di Cristo.
era invece una grande comunità ellenistica, crocevia di commerci e di idee, in cui risiedeva una
Antiochia
forte comunità giudaica; qui i credenti vennero per la prima volta chiamati “cristiani”.
Tra Gerusalemme e Antiochia c’è una profonda continuità: infatti sono caratterizzate entrambe dalla fede in
Gesù e dallo Spirito.
Inoltre nella comunità di Antiochia era forte la cultura missionaria alle genti: questa comunità era infatti una
comunità mista, formata da exebrei e expagani.
Inizialmente la convivenza fu tranquilla e naturale: in essa non c’erano più differenza, tra giudei e greci, tra
schiavi e liberi, ma tutti erano uno solo in Gesù Cristo.
Successivamente nacquero però tra le due comunità delle “discussioni” che vennero però risolte.
L’apertura del Cristianesimo non diede quindi origine a due Chiese distinte, ma a una sola Chiesa unita
nell’ascolto dello stesso vangelo e guidata dallo stesso spirito, una Chiesa che si scontra per ricercare l’unità.
A non vi erano i problemi tipici delle comunità di Gerusalemme ed Antiochia, ma vi erano problemi
Corinto
nuovi determinati dallo scontro con la mentalità pagana.
Qui vi era infatti il pericolo di ricadere, come dice Paolo, nella schiavitù della propria sapienza: i giudei
credevano nella loro legge, mentre i greci nella loro filosofia e questa idolatria della propria sapienza non
faceva altro che creare divisioni.
C’erano inoltre ricchi e poveri, c’erano motivi di tensione anche in campo liturgico; dobbiamo quindi individuare
le tendenze che erano alla base di queste tensioni:
Esaltazione della propria sapienza;
Riduzione del Vangelo a filosofia che comportava una preferenza della contemporaneità alla
tradizione e questo portava alla rottura con le proprie origini, alla perdita dell’identità e alle divisioni;
Lo Spirito greco, che tendeva alla ricerca di sé e all’esaltazione della propria personale originalità,
dava origine a contrapposizioni e divisioni.
Secondo Paolo tutte queste comunità sarebbero dovute partire da un fatto preciso, storico, realmente
accaduto, la Resurrezione di Cristo, e non dalla propria cultura e filosofia.
CAP. 3 – LE COMUNITA’ DI MATTEO E LUCA
Il vangelo, in quanto tale, deve raccontare la vita di Gesù, non quella della comunità; i riferimenti alla comunità
sono comunque indiretti ed impliciti, intrecciati alla vita di Gesù.
Nel Vangelo di si parla di una comunità mista giudeocristiana, in cui ritroviamo le due tradizioni,
Matteo,
quella giudeocristiana e quella paganocristiana, che Matteo concilia.
La Chiesa, secondo Matteo, è caratterizzata da universalismo: la comunità ha come elemento di coesione la
fede in Cristo e la concreta osservanza della sua volontà; la comunità non si chiude quindi ai pagani, ma
neppure ai peccatori. Gesù è infatti il Messia tollerante, che invita la sua comunità ad un atteggiamento
magnanimo.
La comunità di Matteo è fatta di “piccoli”, cioè di gente del popolo, senza pretese e senza particolari
competenze: il Regno di Dio infatti non è privilegio di pochi conoscitori ed iniziati, come scribi e farisei.
La comunità di Matteo si fonda su due principi: l’accoglienza dei piccoli e la coesione all’interno della
comunità.
I piccoli per Matteo sono i bisognosi, ma soprattutto coloro che non hanno una fede matura, non sono
completamente formati, ma fragili e quindi devono essere al centro dell’attenzione della comunità.
La coesione esige invece il perdono, un perdono senza limiti.
La comunità di Matteo vive nella gioiosa certezza della presenza del Signore risorto, presente ed attivo.
Quando scrisse il suo Vangelo, c’era già un problema di ortodossia, ovvero un non rispettare i dogmi
Luca
ufficialmente insegnati.
Nel suo Vangelo ha voluto risalire fino alle origini, raggiungere testimoni oculari della vita di Cristo. Il suo
Vangelo pretende infatti di essere attendibile e di essere scritto con ordine, non cronologico, ma catechetico:
gli avvenimenti vengono disposti in modo da mettere in luce il messaggio salvifico.
Nonostante questo però Luca non è un uomo rivolto al passato, in quanto la sua fedeltà alla tradizione non è
fissità, ma è attenzione al presente e agli interrogativi che questo suscita.
Due sono i temi più importanti che vengono trattati da Luca:
Ascensione: l’ascensione conclude il cammino di Gesù e inizia quello della Chiesa.
Luca attira però maggiormente l’attenzione, non tanto sull’ascensione stessa, quanto
sull’atteggiamento che i discepoli hanno assunto nei suoi confronti: essi si sono rivolti a Dio chiedendo
“Signore è questo il tempo in cui ricostituirai il Regno di Israele?”. La risposta di Dio è per metà di
rimprovero: l’importante non è infatti indagare sul “quando”, sul tempo, ma chiedersi come comportarsi
e che compiti svolgere nel frattempo.
Il tempo è infatti nelle mani di Dio e occuparsene significa penetrare i suoi segreti.
Inoltre si concentrano sul Regno d’Israele, ma non hanno compreso che il Regno di cui Gesù ha
parlato è diverso.
I discepoli vengono anche rimproverati dagli angeli in quanto, dopo l’ascesa, guardano il cielo: i
discepolo che ha visto Gesù salire in alto possiede una speranza e con tale speranza deve reinserirsi
tra la gente, impegnarsi tra gli uomini;
Pentecoste: avvenimento che cade cinquanta giorni dopo la Pasqua e che segna la discesa dello
Spirito Santo; questo episodio segna anche l’inizio della Chiesa.
Lo spirito non viene donato solo ad alcuni, ma a tutta la comunità: esso dà ai discepoli il coraggio di
proporsi in pubblico e di raccontare davanti a tutti le grandi opere di Dio, compito della Chiesa.
Questo compito deve essere un annuncio comunitario, cioè deve essere l’intera comunità che si
propone pubblicamente e non voci isolate.
Inoltre esso deve avere come centro il racconto di Gesù.
La Chiesa deve essere consapevole che il suo annuncio incontrerà consensi e dissensi.
L’annuncio deve essere infine universale: lo Spirito infatti non ha una propria lingua, o una sua cultura
particolare, si esprime attraverso tutte le lingue e si fa capire attraverso tutte.
Il compito che lo Spirito affida alla Chiesa è quello di imprimere alla storia umana un movimento di
riunificazione, nonostante le lingue parlate dagli uomini e i loro valori siano diversi: questa riunione
deve avvenire nello Spirito, una riunione nella libertà e attorno a Dio.
CAP. 4 – LE COMUNITA’ GIOVANNEE
Il Vangelo di Giovanni lascia intendere che la comunità giovannea fosse un gruppo che ebbe incontri e scontri
con il mondo giudaico (i giudei erano gli abitanti di Giudea, erano ebrei) e con il sincretismo religioso gnostico
dell’ambiente ellenistico (l’ellenismo era la diffusione della cultura greca nel periodo compreso tra la morte di
Alessandro Magno e la conquista romana dell’Egitto – gusto ricercato, erudito e spesso formalistico che
caratterizzava tale cultura).
Mentre il giudaismo riteneva che la legge di Mosè fosse la manifestazione ultima e definitiva di Dio, una legge
che veniva chiamata luce, vita, sapienza di Dio venuta tra gli uomini; Giovanni e la sua comunità credevano
che Gesù di Nazareth fosse la vera ed ultima manifestazione di Dio.
D’altra parte, come abbiamo detto, Giovanni si scontrò anche con il sincretismo religioso gnostico: il
sincretismo sosteneva infatti che ci fosse una contrapposizione fra la sfera del divino e dell’umano, mettendo
in discussione la reale incarnazione del Figlio di Dio. La comunità di Giovanni sosteneva invece l’inesistenza di
questa contrapposizione.
La Chiesa secondo Giovanni è inoltre il simbolo della Comunione: nella sua prima lettera, Giovanni usa il
termine greco “Koinonia”, che significa appunto comunione.
La comunione è vista come qualcosa che realmente si può possedere unitamente a qualcuno con il quale si
instaura un legame.
Non si può parlare di comunione laddove lo stare insieme è soltanto qualcosa di occasionale, né dove il
legame consiste solamente nel fare qualcosa insieme: “rimanere in” ed “essere in “ dicono uno stare insieme
e non un fare insieme.
Giovanni nella prima lettera non si rivolge a non cristiani perché