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LA RIDUZIONE MATERIALISTICA
Possiamo rappresentare la vita umana tramite un grafico che descrive la traiettoria della vita umana.
Dal momento della nascita, l’uomo cresce e sviluppa spirito di intelligenza, pensiero e amore.
Il materialista afferma che questi elementi (spirito di intelligenza, pensiero, amore) non sono altro
che una flessione del dato materiale iniziale: riconducendo tutto questo all’aspetto materiale, tutto
viene ridotto a fenomeno biologico.
In questo modo si fanno coincidere le due realtà, materiale e immateriale, forzando così
l’esperienza.
L’esigenza dell’unità è propria della nostra ragione, ma questo non risulta sempre possibile come in
questo caso in quanto ciò porterebbe a rinnegare e a dimenticare una delle due realtà per poter
spiegare unitariamente il tutto.
IL SENSO RELIGIOSO: SUA NATURA
Il fattore religioso rappresenta la natura del nostro io, il nostro impegno con la vita e si esprime
nelle seguenti domande: “Qual è il significato ultimo dell’esistenza? Perché c’è il dolore? La morte?
Perché in fondo vale la pena di vivere?”.
Potremmo dire che il senso religioso è quella caratteristica tipica della natura umana e che si
identifica con l’intuizione intelligente e l’emozione drammatica con cui l’uomo guarda alla propria
vita.
Queste domande si attaccano al fondo del nostro essere, sono inestirpabili perché costituiscono
come la stoffa di cui il nostro essere stesso è fatto.
Esse sono domande che esauriscono tutta l’energia di ricerca della nostra ragione: esse infatti
esigono una risposta totale che copre l’intero orizzonte della ragione.
Questo deriva dal fatto che l’uomo senta un’esigenza clamorosa e sostanziale ad affermare il
significato di tutto.
Il senso religioso è perciò il luogo della natura umana dove viene affermato il significato del tutto.
Quanto più uno si addentra nel tentativo di rispondere a quelle domande, tanto più ne percepisce la
potenza e tanto più scopre la propria sproporzione alla risposta totale: Leopardi stesso si rese conto
della piccolezza dell’uomo di fronte alla grandezza del mondo, dell’universo.
Proprio l’inesauribilità di queste domande esalta la contraddizione tra l’impeto dell’esigenza
dell’uomo e la sua limitatezza nella ricerca.
Nella realtà ci saranno infatti sempre più cose di quelle che l’uomo sarà in grado di percepire e
spiegare attraverso la filosofia.
L’impossibilità e l’incapacità di rispondere a queste domande, l’incommensurabilità dell’oggetto da
conoscere, provoca nell’uomo un sentimento di tristezza.
Dall’osservazione della differenza tra la conoscenza del tutto e la conoscenza limitata che noi siamo
in grado di ottenere, se cercassimo di convincerci che le cose siamo soltanto quelle che noi
vediamo, allora saremmo dei disperati.
CONSEGUENZE DEGLI ATTEGGIAMENTI IRRAGIONEVOLI DI FRONTE
ALL’INTERROGATIVO ULTIMO
Lo smarrirsi del significato tende all’annullamento della personalità: la personalità dell’uomo
acquista densità e consistenza proprio come esigenza, intuizione, percezione del significato.
Infatti lo smarrimento del significato porta alla depressione della personalità, che porta a sua volta
a sfocare il senso del passato.
Quando non si conosce il significato di una determinata cosa, si tende ad utilizzarla con un fine
inadeguato all’oggetto stesso: l’uomo è quindi portato a reagire alla realtà, a “giocherellare” con il
mondo non comprendendone il vero significato.
In questo modo l’uomo taglia i ponti con la storia e la tradizione, ovvero con il passato.
Sfocando il senso del passato, il presente si afferma come pura reattività e, di conseguenza, si
inaridisce anche la fecondità del futuro: infatti la ricchezza del presente viene dal passato, ma
quando questa risulta essere sfocata, mette a repentaglio anche il futuro che si costruisce a partire
proprio dal presente.
Incomunicabilità
-
Questo sfocarsi del senso del passato, che inaridisce la fecondità del futuro, riduce il dialogo e la
comunicazione umana. Il passato è infatti l’humus nel quale il dialogo getta le radici.
Il dialogo e la comunicazione sorgono dall’esperienza la cui profondità è nella capacità di memoria:
più l’individuo è carico di esperienza e più è in grado di comunicare con l’altro, trovando
connessione con quello che ha dentro di sé.
L’esperienza è custodita poi dalla memoria, condizione fondamentale perché l’individuo possa
comunicare.
E’ anche necessario che l’esperienza venga giudicata dall’intelligenza, sempre in base
all’esperienza elementare.
Solitudine
-
Questa è la solitudine che l’uomo prova davanti al suo destino, non comprendendone il vero
significato.
La solitudine infatti non è essere da solo, ma è assenza di significato.
L’incomunicabilità aumenta il senso tragico di solitudine che l’uomo moderno e contemporaneo ha
di fronte al destino senza significato, vale a dire la perdita della passione e del gusto di vivere.
L’esito di questa solitudine è la vulnerabilità che l’individuo sente all’interno della società.
Perdita della libertà
-
L’individuo resta in balia delle forze più incontrollate dell’istinto e del potere: questa è la scomparsa
della libertà.
L’ascesi è l’unico mezzo che permette all’uomo di liberarsi dalla schiavitù: l’uomo fa uso delle
proprie energie in un lavoro su se stesso. Questo è l’inizio della libertà.
Ma che cos’è la libertà?
Per capire che cos’è la libertà dobbiamo partire dall’esperienza che abbiamo del sentirci liberi: noi
ci sentiamo liberi quando soddisfiamo un nostro desiderio.
E quindi tanto più forte è il desiderio, tanto più grande sarà la nostra esperienza di libertà.
La libertà non è però un momento di libertà, ma è il compimento totale di sé, vale a dire la capacità
del fine della totalità della felicità, cioè il raggiungimento del proprio destino, cioè Dio.
La fede è il gesto di libertà fondamentale perché è il riconoscimento pieno di quella presenza che è
il mio destino.
Precarietà della libertà
La libertà può essere messa a repentaglio dal potere esercitato da alcuni uomini: essi instaurano una
dittatura sugli altri uomini.
Si tratti di uomo o di donna, di genitori e figli, di governo e di cittadini, di padroni ed operai.
Fondamento della libertà
Solo la Chiesa difende il valore assoluto della persona, in quanto l’uomo non deriva solamente dalla
biologia del padre e della madre.
Nell’uomo si riconosce un diretto rapporto con l’infinito, diretto rapporto con l’origine del mondo
e con quella X misteriosa che sta sopra il flusso della realtà, cioè Dio.
Questa “anima” indica esattamente che c’è un qualcosa in me che non deriva da alcun fattore della
fenomenologia sperimentabile, in quanto non dipende da fattori biologici.
Il paradosso che sta alla base della nostra libertà è la dipendenza di questa nostra libertà da Dio: la
religiosità è infatti l’unico confine alla dittatura dell’uomo sull’uomo.
Per questo chi ha il potere è tentato di odiare la religiosità vera, perché essa costituisce un limite al
possesso.
L’antipotere è l’amore: il divino è l’affermazione dell’uomo come capacità di libertà, di
raggiungimento della felicità, di raggiungimento di Dio.
Il divino è amore.
COME SI DESTANO LE DOMANDE ULTIME. ITINERARIO DEL SENSO
RELIGIOSO
L’io e la realtà
Quando l’uomo nasce, il suo primissimo sentimento è quello di essere di fronte ad una realtà che
non è sua, che c’è indipendentemente da lui e da cui lui dipende.
La realtà risulta come qualcosa di dato.
La stessa parola “dato” però implica in sé un’attività, davanti alla quale l’uomo risulta passivo:
questa passività infatti costituisce la mia originaria attività, quella del ricevere, del constatare, del
riconoscere.
Io apro gli occhi a questa realtà che mi si impone, che non dipende da me, ma da cui io dipendo.
La natura dell’uomo è proprio quella di essere creato.
Se sono maturo, non posso negare che io non mi faccio da me, non sto facendomi da me, non mi do
l’essere, non mi do la realtà che sono, ma sono invece dato.
Io non sono altro che “tu che mi fai”: questa Cosa che mi crea è quello che la tradizione religiosa
chiama Dio, ciò che è più di me, ciò per cui io sono.
Il padre è colui che dà inizio alla nostra vita e dal primo istante in cui questa vita è posta in essere,
si distacca.
La preghiera è il momento in cui l’uomo arriva alla coscienza di sé, comprendendo di essere dato.
L’uomo, una volta accortosi di questa realtà e del fatto di farne parte, si accorge anche che c’è
dentro questa realtà un ordine, che questa realtà è cosmica (da cosmos che significa ordine).
L’uomo constata quindi che la realtà si muove secondo un disegno che può essergli favorevole:
questa realtà è provvidenziale in quanto mostra il proprio nesso con il divino.
L’uomo è quel livello della natura in cui la natura diventa esperienza della propria contingenza, in
quanto l’uomo sperimenta di esistere per un’altra cosa, perché non si fa da sé.
L’uomo raggiunge la coscienza vera di sé quando riconosce di essere posseduto.
La legge nel cuore
La piena coscienza dell’io porta con sé anche la percezione del bene e del male.
Questa legge che è dentro di noi, è inestirpabile e risponde al nesso con il destino.
Così anche i pagani, che non hanno la legge divina, per la loro natura agiscono secondo la legge.
Conclusione
Nell’impatto con il reale, la condizione per essere sempre veramente religiosi è vivere sempre
intensamente il reale senza preclusioni, cioè senza rinnegare e dimenticare nulla.
Non sarebbe umano, ragionevole, considerare l’esperienza limitatamente alla sua superficie, senza
scendere nel profondo del suo moto.