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UMANA

Per andare incontro alla pretesa cristiana:

Linea orizzontale: traiettoria umana sulla quale incombe il fattore esterno

• X

X: destino, infinito, mistero ultimo, Dio

• Frecce ascendenti: tensione conoscitiva dell’uomo verso X

• Freccia verticale: la rivelazione del mistero. L’ipotesi dell’incarnazione di X

• nella storia, cioè che X sia divenuto un fatto normale della storia.

Escludere questa ipotesi sarebbe irragionevole.

Il rapporto uomo-infinito non sarebbe più un dignitoso tentativo umano, ma

l’esperienza di un incontro, di un presente. La pretesa cristiana dunque non

è solo che il cristianesimo è l’unica risposta, ma che è un fatto, che deve

essere affrontato storicamente (non è più un problema teorico!).

C’è un capovolgimento del metodo religioso: non più l’uomo che va al

mistero, ma il mistero che va all’uomo.

Il metodo per indagarlo è la registrazione storica di un fatto avvenuto, la

domanda non è più “Dio è intervenuto nella storia?”, ma “Chi è Gesù?”: il

cristianesimo sorge come risposta a questa domanda.

1. Se l’uomo agisce come tale: ci riflette, non può disinteressarsene

2. Se decide di non curarsene, risolverebbe il problema negativamente

CAPITOLO IV: COME E’ SORTO NELLA STORIA IL PROBLEMA

1. Il fatto come criterio

Disponiamo di un documento storico: il Vangelo.

I vangeli non sono resoconti o protocolli storici dei discorsi e delle azioni di

* Gesù, ma memoria e annuncio da riferire a Gesù con sincerità e verità.

Hanno a che fare con la memoria e la volontà di annuncio: il racconto di

* un fatto eccezionale trasmesso da chi lo ritiene vitale

Bisogna chiedersi se sia convincente: la convinzione di solito deriva dalla

dimostrazione, ma abbiamo visto che le cose più importanti della vita

spesso non sono dimostrabili con metodo matematico: la dimostrazione

deriva dall’incontro col fatto affrontato nella sua totalità.

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Scopo del Vangelo: percorrere le tappe di un incontro con il portatore della

più straordinaria pretesa della storia umana.

2. Un’attenzione di metodo

Condivisione e convivenza: io sono più abilitato alla certezza (forte

* umanità) più condivido la vita con l’altro. Lo ha capito chi lo seguì e

condivise la vita con lui.

Intelligenza degli indizi: la molteplicità di indizi-segni conduce alla

* convinzione di potersi fidare di Gesù. Un’intelligenza che coglie gli indizi è

quella spalancata alla totalità della realtà.

3. Il punto da cui partire

Il mistero è entrato nella storia come un qualsiasi uomo, in modo

impercettibile.

Il Vangelo di Giovanni richiama il primo incontro con Gesù e come si è posto

nella storia:

Giovanni Battista

• Due pescatori della Galilea, tra cui Andrea che coinvolge il fratello

• Simone

•Filippo e Natanaele

Il Vangelo di Giovanni ha la natura della memoria: quasi tutto è supposto,

omesso, rimangono i fatti emergenti.

Ci testimonia la modalità semplicissima e profonda con cui l’uomo ha

capito e sempre capirà chi è Cristo: chi entra in contatto con lui è attratto

dalla sua personalità eccezionale.

Capitolo 5: all'origine della pretesa cristiana

Di fronte all'enigma ultimo l'uomo ha cercato di immaginare, definire tale

mistero in rapporto a sé, di concepire quindi un modo di relazione con esso.

In tutti i tempi dunque l'uomo ha cercato di immaginare la relazione che

intercorreva tra il punto effimero della sua esistenza e il significato totale di

essa. È la creatività religiosa dell'uomo. La religione è l'insieme espressivo

(concettuale-dottrinale, pratico-morale e rituale-liturgico) di questo sforzo

immaginativo ragionevole. Essa dipende quindi dalla tradizione,

dall'ambiente, dal momento storico, come anche da ogni singolo

temperamento personale.

Nelle diverse religioni si riscontra una diversità di atteggiamenti nei confronti

della divinità: essi vanno da un rapporto di scambio (do ut des) ad un

rapporto di fiducia e gratitudine (do quia dedisti).

Come valutare quale sia la religione "migliore"? Non è pensabile di riuscire a

conoscerle tutte e nemmeno di decidere quali siano le più importanti e

nemmeno infine di farne una miscellanea. La soluzione più giusta è

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prendere sul serio la religione della propria tradizione; e successivamente

uno potrà cambiare se incontrerà soluzioni migliori.

Ogni religione è di fatto permeata dall'esigenza della rivelazione dell'uomo.

Anzitutto attraverso luoghi sacri, simboli, miti si viene incontro a questa

esigenza. In secondo luogo attraverso la mediazione di altri uomini (vedi

sciamanesimo, wuismo, culti dell'imperatore, etc). In terzo luogo attraverso il

fenomeno delle esperienze dionisiache (tentativi anche incontrollabili di

unione col divino). Infine attraverso la certezza di tanti fondatori di essere

portatori di una essenziale rivelazione del Dio.

Anomala appare in questo contesto la certezza rivelativi della fede di

Israele. "La fede di Israele è stata sempre un rapporto con un avvenimento,

con un'auto-attestazione divina nella storia" (Von Rad); ed è trascinatrice

della vicenda di tutto un popolo.

Ma con il cristianesimo si è di fronte ad una inimmaginabile pretesa: la

pretesa di una religione che dice "io sono la religione, l'unica strada". Può

sorgere una istintiva ripugnanza di fronte a questa 'presunzione'; ma

sarebbe ingiusto non domandarsi il perché di tale affermazione, il motivo di

questa grande pretesa.

Nel cristianesimo dunque l'enigma si presenta come fatto nella trattoria

umana. È un'ipotesi eccezionale. L'unica cosa ragionevole da fare è

domandarsi: è accaduto o no? Se fosse accaduto, questa strada sarebbe

effettivamente l'unica e la più capace di valorizzare il positivo rinvenibile in

tutte le altre.

Accade così un capovolgimento del metodo religioso: non più il tentativo

dell'uomo di stabilire un rapporto col Mistero, ma l'imbattersi in un fatto

presente, l'esperienza di un incontro, la semplicità di un riconoscimento,

l'obbedienza ad un fatto.

Questa ipotesi non è più solo un'ipotesi. L'annuncio cristiano dice: "Sì, questo

è accaduto". Dobbiamo chiederci: "È vero che sia accaduto o no? È vero

che Dio sia intervenuto?". Quindi la domanda diventa quest'altra: "Chi è

Gesù?".

È un problema che deve essere risolto: "tu devi prendere posizione di fronte

a Cristo" (Kierkegaard). Che un uomo abbia detto "Io sono Dio" e che

questo venga riferito come un fatto presente è qualcosa che richiede

prepotentemente una presa di posizione personale. Bisogna prendere atto

di trovarsi di fronte ad una proposta dei cui termini nessuna umana

immaginazione potrà fantasticare qualcosa di più grande. Ciò che spesso

disturba in Cristo è proprio la percezione inevitabile dell'enormità dei termini

del problema.

È un problema di fatto. L'annuncio cristiano è: un uomo che, mangiando,

camminando, consumando normalmente la sua esistenza di uomo avrebbe

detto: "Io sono il vostro destino", "Io sono Colui di cui tutto il Cosmo è fatto". È

obiettivamente l'unico caso della storia.

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CAPITOLO 6: COME SI È POSTO NELLA STORIA IL PROBLEMA

CRISTIANO

Noi disponiamo di un documento storico che arrivato fino a noi a

è

mostrarci come per la prima volta sia sorto il problema: i Vangeli.

Si tratta del racconto di fatti accaduti, consegnatici dal ricordo di testimoni

mossi dall'urgenza e dall'imperativo di farne conoscere la portata ai singoli e

all'umanità.

Per comprendere dobbiamo metterci di fronte al dato così come emerge:

memoria ed annuncio. Occorre affrontarlo globalmente e domandarsi: "È

possibile? convincente?". Ogni altro metodo eviterebbe il dato così come

È

oggi ci raggiunge. La verifica viene offerta dall'incontro con un fatto, dalla

presa di contato con un avvenimento. Ma nessun contatto potrà avvenire

se non si disposti a farsi provocare dalla totalità di quel fatto: "Il primo

è

presupposto del comprendere l'accettazione del dato, così come si dà. Se

è

fin dall'inizio vengono operati dei tagli nel Vangelo, il fenomeno non resta

integro ed già divenuto incomprensibile.

è

Quando si eliminano le parti essenziali, quello che resta una costruzione

è

così meschina che non si può spiegare come un nucleo così gracile sia

potuto divenire una forma così piena, forte e compatta qual il Cristo dei

è

Vangeli" (Von Balthasar).

Come potremo dunque afferrare il fatto di Cristo per valutarne poi la

pretesa? Cominciando a precorrerne la memoria e l'annuncio che di Lui

fanno coloro che ne sono già stati afferrati. Cominceremo allora con

l'affrontare la compagnia dei primi che lo hanno incontrato.

Occorre una attenzione di metodo. L'oggetto in questione la

è

testimonianza riguardo ad una persona vivente che ha preteso di essere il

destino del mondo. Dunque occorrerà:

- Una sintonia con questo oggetto nel tempo: nel Vangelo chi ha potuto

capire? Non la folla che andava per farsi guarire, ma chi gli andò dietro e

condivise la sua vita.

- L'intelligenza degli indizi, strada della certezza: quanto più uno è

potentemente uomo, tanto più capace da pochi indizi di raggiungere

è

certezze sull'altro, tanto più capace di fidarsi; Gesù fa continuamente

è

appello alla nostra intelligenza.

Quale allora il punto da cui partire? Nel Vangelo di Giovanni c'è una

è

pagina in cui trascritto ciò che potremmo chiamare il primo istante, il primo

è

sussulto del problema di Cristo come si posto nella storia. Riporta la

è

memoria di un uomo che ha trattenuto tutta la vita negli occhi e nel cuore

l'istante in cui la sua esistenza stata investita da una presenza e capovolta.

è

Racconta l'incontro dei primi discepoli con Gesù: Giovanni, Andrea, Simon

Pietro, Filippo, Natanaele... La pagina su cui è riportato questo fatto ci

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A.A. 2017-2018
34 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/03 Filosofia morale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher emma.r8 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Teologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Carron Julian.