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LA CREATIVITA’ RELIGIOSA DELL’UOMO
In tutti i tempi l’uomo ha cercato di immaginare la relazione che intercorre tra il punto effimero della
sua esistenza e il significato totale di essa.
La religione è l’insieme espressivo di questo sforzo immaginativo, ragionevole nel suo impulso e
vero per la ricchezza cui può attingere, anche se degenerabile nella distrazione e nella volontà di
possesso del mistero.
All’interno di questa dinamica c’è il ruolo che è creativo di società: è il ruolo del genio.
Il genio è un carisma eminentemente sociale che esprime in mezzo alla umana compagnia i fattori
sentiti dalla compagnia stessa in modo talmente più acuto degli altri che tutti si sentono più espressi
dalla sua creatività che neanche dai loro tentativi.
- Alcuni atteggiamenti della costruttività religiosa (15)
Di fronte al mistero che percepisce come determinante per sé, l’uomo ne riconosce la potenza e,
non resistendo ad affidarsi sine glossa a un “ignoto”, cerca comunque di immaginarlo in rapporto a
sé, secondo termini in funzione di sé.
L’uomo “non sa” e si sforza di impostare un rapporto di scambio con il mistero.
1. Una prima flessione di questo atteggiamento è quella per cui l’uomo sente di doversi
immergere nel flusso armonico del cosmo e della storia.
Così l’Ignoto è trasfigurato in Armonia e si ipotizza un mondo da essa governato, alle cui
leggi l’uomo possa applicarsi come ad ogni altra legge.
La seconda flessione si configura più decisamente come un interscambio, un patto, un
contratto tra le immaginate potenze che guidano il mondo e l’uomo che vuol dare significato
ed efficacia al tempo che vive.
L’uomo “non sa” ma rischia nel rivolgersi già fiducioso alla buona disposizione dell’Altro.
2. Questo atteggiamento di fiducia è già presente nelle religioni più antiche, come quella egizia.
Con lo stesso accento di fiducia in un mistero soccorritore inizia il Corano.
lo stupendo testo profetico di Osea che proclama l’atteggiamento di fiducia
E nell’ebraismo
assoluta nella sollecitudine divina (Os 11, 1-4).
Vorrei concludere […] considerando la dignità di questo sforzo dell’uomo.
Ogni costruzione religiosa riflette il fatto che ognuno fa lo sforzo che può ed è proprio questo che
tutte le realizzazioni religiose hanno in comune di valido: il tentativo.
- Un ventaglio di ipotesi (19)
Accorgendosi dell’esistenza di molte religioni l’uomo consapevole potrebbe avere
1. l’impressione che per essere sicuro della verità debba incominciare a studiarle tutte,
paragonare tra loro e scegliere.
Assumere di dover conoscere tutte le religioni che la storia produce, al fine di poter operare
una scelta razionalmente dignitosa, è un criterio la cui astrattezza coincide con una
impossibilità di applicazione.
2. Si potrebbe ripiegare sul criterio di scegliere le più importanti. (Ma 2000 anni fa, se questo
criterio fosse giusto, avrebbe escluso il cristianesimo: erano una piccola ed infima setta ai
dell’impero).
margini
Se un criterio è un criterio vero deve essere applicabile comunque.
Un’ultima immagine dell’astratta pretesa illuminista è l’idea sincretista: quella di creare una
3. specie di religione universale che via via prenda da tutte le religioni il meglio: sempre quindi
cangiante, una sintesi del meglio dell’umanità.
Ci troviamo di fronte alla classica presunzione di una società per cui il popolo deve essere
supino alla volontà di un gruppo di illuminati.
4. Sembra più giusta la soluzione empirica.
L’uomo nasce in un certo ambito, in un certo momento storico, la religione che esprime il suo
ambiente ha molta probabilità di essere l’espressione religiosa meno inadeguata al suo
temperamento.
Ogni uomo segua la religione della sua tradizione.
Può essere che un incontro nella vita faccia balenare la presenza di un annuncio, di una
dottrina, di una morale, di una emozione più adeguata alla propria ragione maturata, o alla
storia del proprio cuore.
Allora potrà «cambiare», «convertirsi»(Newman osserva che la “conversione” altro non è che
la scoperta più profonda ed autentica di ciò a cui si aderiva prima).
In questo senso tutte le religioni sono «vere».
L’unico dovere che l’uomo ha è quello della serietà nell’aderirvi.
L’ENIGMA, COME FATTO, NELLA TRAIETTORIA UMANA
La linea orizzontale rappresenta la traiettoria della storia umana sopra la quale incombe la presenza
di un X: destino, fato, quid ultimo, mistero, “Dio”.
L’umanità, in qualunque momento della sua traiettoria […] ha cercato di immaginare e vivere il nesso
tra il proprio effimero e l’eterno. (Le frecce oblique indicano gli sforzi umani per rapportarsi con il quid
).
Supponiamo ora che l’enigma della X, l’enigmatica presenza … entrasse nel flusso del tempo e dello
spazio, e con forza espressiva inimmaginabile si incarnasse in un «FATTO» tra noi.
Significa supporre che quella X misteriosa sia diventata un fenomeno, un fatto normale rilevabile
nella traiettoria storica e agente su di essa.
Questa supposizione corrisponderebbe alla esigenza della rivelazione.
Perciò, data la possibilità del fatto e la razionalità dell’ipotesi, che ci resta da fare di fronte a essa?
L’unica cosa da fare è domandarsi è accaduto o no?.
Se fosse accaduto, questa strada sarebbe l’unica, non perché le altre siano false, ma perché
l’avrebbe tracciata Dio.
- Il capovolgimento di un metodo (pag.35)
Nell’ipotesi che il mistero sia penetrato nell’esistenza dell’uomo [ … ] non è più centrale lo sforzo di
una intelligenza e di una volontà costruttiva, di una faticata fantasia, di un complicato moralismo: ma
la semplicità di un riconoscimento; un atteggiamento analogo a chi, vedendo arrivare un amico, lo
individua tra gli altri e lo saluta.
Nella dinamica rivelativa di questa ipotesi l’accenno primo non sarebbe più sulla genialità e
sull’intraprendenza, ma sulla semplicità e sull’amore.
Amore che rappresenta l’unica vera dipendenza dell’uomo, l’affermazione dell’altro come
consistenza di se stessi, scelta suprema della libertà.
Non sarebbe più un'espressione di presunzione, ma obbedienza a un fatto, al FATTO decisivo del
tempo.Rimane lo spazio ad una sola fuga: negare la possibilità stessa di questo Fatto.
Un’ipotesi che non è più solo ipotesi (36)
-
L’annuncio cristiano dice: ”Sì, questo è accaduto”.
Arrivati a questo punto non ci troviamo più quindi ad un fatto di ordine teorico, filosofico o morale,
ma di fronte ad un problema storico.
Il problema di cui ora stiamo parlando, essendo un fatto storico, non può essere verificato con la
riflessione analitica sulla struttura del proprio rapporto con il reale.
È un dato di fatto accaduto o no nel tempo: o c’è o non c’è, o si è verificato o non si è verificato.
La domanda: «E’ vero che Dio è intervenuto nella storia?»
È allora costretta soprattutto a riferirsi a quella pretesa senza paragone che rappresenta il contenuto
di un ben preciso messaggio, è costretta a diventare quest’altra domanda:
«Chi è Gesù?».
Il cristianesimo sorge come risposta a questa domanda.
- Un problema che deve essere risolto (38)
La fede si riduce a questo problema angoscioso: un uomo colto, un europeo dei nostri giorni può
credere, credere proprio, alla divinità del figlio di Dio, Gesù Cristo?
–
Dostoevskij Fratelli Karamazov
«Che il cristianesimo ti è stato annunciato significa che tu devi prendere posizione di fronte a Cristo.
Egli, o il fatto che Egli esiste, o il fatto che sia esistito è la decisione di tutta l’esistenza»
Kierkegaard nel suo Diario
Impedirebbe a se stesso d’essere uomo colui che subito o lentamente si lasciasse portar via dalla
possibilità di farsi una opinione personale intorno al problema di Cristo. una “truppa
Si può anche essere convinti di vivere da cristiani, inseriti in qualcosa che definirei
cristiana”, senza che questo problema sia stato veramente risolto per la propria persona, senza che
essa sia stata liberata da quell’impedimento.
Un fatto ha la sua inevitabilità
L’imperativo cristiano è che il contenuto del messaggio suo si pone come un fatto.
Che un uomo abbia detto «Io sono Dio» e che questo venga riferito come un fatto presente è
qualcosa che richiede prepotentemente una presa di posizione personale.
Che Egli sia, o sia esistito, questa è la decisione più grande dell’esistenza
Nessun’altra scelta che la società può proporre o l’uomo immaginare come importante, ha questo
valore.
E ciò suona come imposizione; affermare il contenuto cristiano sembra dispotismo.
Ma è dispotismo dare notizia di una cosa accaduta, per quanto grande possa essere?
- Un problema di fatto (41)
Occorre ben rendersi conto che il problema riguarda una questione di fatto.
Se Cristo abbia detto o no di essere Dio, e che sia o non sia Dio, e che ci raggiunga ancor oggi, è
un problema storico, perciò il metodo deve essere corrispondente, e corrispondente alla gravità del
problema.
L’annuncio cristiano è: un uomo che, mangiando, camminando, consumando normalmente la sua
esistenza di uomo ha detto: «Io sono il vostro destino», «Io sono Colui di cui tutto il cosmo è fatto».
È obiettivamente l’unico caso della storia in cui un uomo si sia non genericamente «divinizzato» ma
sostanzialmente identificato con Dio.
Occorre osservare che la genialità religiosa dell’uomo quanto più è grande tanto più percepisce,
la sua distanza da Dio o la supremazia di Dio, la sproporzione tra Dio e l’essere umano.
sperimenta,
Quanto più un uomo ha il genio religioso, tanto meno sente la tentazione di identificarsi col divino.
COME E’ SORTO NELLA STORIA IL PROBLEMA
- Il fatto come criterio (43)
Noi disponiamo di un documento storico che è arrivato fino a noi a mostrarci come per la prima volta
sia sorto il Vangelo.
Non si potrà affrontare un oggetto (come i Vangeli) se non attraverso il metodo che esso esige per
essere affrontato.
a. I Vangeli non sono rap