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2) DECALOGO: LE DIECI PAROLE, CARMINE DI SANTE
INTRODUZIONE
Evento del Sinai: rivelarsi di Dio che lascia il creato senza fiato, consegna delle tavole a Mosé. L'uomo è impotente,
Dio dice chi è e soprattutto cosa vuole. I 10 comandamenti sono il centro della rivelazione biblica, la sintesi concisa ed
essenziale in cui si cela la grandezza del monoteismo ebraico. Alla luce del nuovo comandamento, le due tavole
"Decalogo" o "Le dieci parole" sono dette "tavole della legge" o della "testimonianza", e sono continuamente ribadite:
1) Invito a Mosè da Dio a salire sul Sinai (Esodo)
2) Quando scende (Esodo)
3) Quando vengono infrante dal popolo in attesa di Mosè, che costituiscono "il vitello d'oro", simbolo delle divinità
naturalistiche
4) Quando Mosé ottiene perdono da Dio.
L'insistenza è sull'iniziativa di Dio a chiamare Mosè e la modalità di fissare le regole sulle tavole, opera di Dio: le
tavole e la scrittura sono opera di Dio. La scrittura garantisce sicurezza e fedeltà, la pietra non è deperibile. La
voluntas Dei si rivela, Mosè raccoglie e accoglie, ma è un evento che non proviene dalla storia. Chouraqui, scrittore
ebreo algerino, ricorda che in Algeria i Comandamenti erano scritti in oro su tavole di legno, e venivano imparate a
memoria.
Numero e classificazione
Deuteronomio: primo discorso che Mosè rivolge al popolo, sulla rivelazione del Sinai (o Oreb).
Secondo discorso: ricorda l'alleanza tradita e ricostituita: arca di legno d'acacia, taglia due tavole di pietra su cui il
Signore scrive le 10 parole. Non è facile testualmente risalire al numero 10: nel capitolo 20 dell'Esodo (prima
formulazione del decalogo) e nel cap. 5 del Deuteronomio (2 formulazione) sembrano far pensare al numero 20.
Secondo Filone d'Alessandria e Giuseppe Flavio, i comandamenti 3/4 e 10/11 si uniscono, e alla fine si formano 2
gruppi:
1) Gruppo 1-4: rapporto Dio-uomo
2) Gruppo 6-10: rapporto uomo-uomo.
L'ebraismo ufficiale invece impone numerazione diversa, dividendoli in 2 gruppi di 5, e la tradizione cristiana accetta
questo ma unisce i primi due e divide l'ultimo. A partire dal Concilio di Trento, alcune volte il testo nella tradizione
cristiana viene semplificato, come il 3° comandamento "ricordati del giorno del sabato, per santificarlo" diviene
"ricordati di santificare le feste".
Contenuto e struttura
Comandamenti: vincolo, ma assenza di costrizione: sono vera libertà e responsabilità per l'alterità umana e divina. Dio
rivendica la signoria sull'uomo per inviarlo al prossimo, finendo alla giustizia sociale. Dio vuole l'uomo per sé per
istituire tra gli uomini un vincolo d'amore di bontà, gratuità e disinteressamento. Per la Bibbia l'uomo è un essere per
sé: non è socievole (Aristotele) o lupus (Hobbes). Nella lotta della vita "mors tua vita mea" si fuori-esce con il
comandamento, ovvero il nuovo orizzonte della bontà per l'altro. L'uomo deve a Dio l'amore e anche al prossimo.
1° nucleo: amore uomo- Dio; 2° nucleo: amore per il prossimo.
Nesso profondo tra i due: amare Dio è volere ciò che egli vuole, quindi amare il prossimo superando la logica
dell'essere e della persistenza. Il rapporto con l'origine (padre e madre), la prossimità dell'altro (non uccidere),
sessualità (non adulterio), con la parola (falsa testimonianza), con le cose (non rubare) e la potenza desiderativa (non
desiderare). Amare Dio è farlo scendere sulla Terra.
La tradizione ebraica mette 5 e 5 su due tavole, in modo che i comandamenti si corrispondano. "Io sono il Signore tuo
Dio" - "Non uccidere": si mettono in relazione il teologico e l'etico, Dio è traccia nella storia. Uccidere un uomo è come
uccidere l'io sono.
Il testo
Ci sono alcune variazioni tra tradizione ebraica e cristiana, e come detto, sono 2 le edizioni nella Bibbia dei 10
comandamenti: Esodo e Deuteronomio
1 ) IO SONO IL SIGNORE TUO DIO: la compagnia di Dio
Prima parola: autoattestazione in cui si riassume l'evento esotico in cui Dio si rivela, liberando gli ebrei d'Egitto,
stipulando un'alleanza e introducendoli in una terra fertile. L'idea rivoluzionaria è quella del Dio unico di tutti gli uomini,
sovrano di tutto, che condensa monoteismo biblico-ebraico. Il Dio supremo, sta al di sopra di ogni destino e
costrizione; non combatte con altre divinità, non sacrifica, non profetizza né pratica stregoneria: volontà divina libera
che trascende ogni ente.
Autodefinizione di "Signore" della singolarità umana, usando il "tuo". Signore dell'io che offre la liberazione dall'Egitto,
idea nuova per 3 motivi:
1) Dio biblico che non si definisce in base a ciò che opera nel ciclo naturale, ma in base alla sua opera nella storia;
2) Dio si "schiera" con schiavi ed oppressi, è un partigiano che così libera anche gli oppressori, dall'incatenamento
dell'io;
3) Si preoccupa dell'altro.
L'essere di Dio non è per sé, ma per l'altro: non dà nemmeno un nome di sè. "Io sono colui che sono": non dà
definizione antologica, sembra anzi sottrarsi da ogni definizione con volontà di non rispondere. L'irrilevanza del nome
divino lo rende Presenza che sorprende: né nome ontologico, né dinamico. E' un nome-funzione, che si risolve nella
promessa: sarà sempre con te. La compagnia.
2) NON AVRAI ALTRI DEI AL DI FUORI DI ME: unicità di Dio
Dio è unico: affianca il cammino, stare di fronte a Dio vuol dire escludere ogni altro dio. Unicità di Dio sotto lo sguardo
di Israele, unicità di Israele sotto lo sguardo di Dio. Il testo "shema Israel" è un brano del Deuteronomio, parte
costitutiva della preghiera sinagogale, e contiene questo rapporto di unicità uomo-Dio. "Amerai il tuo signore con tutta
l'anima e tutte le tue forze": il rabbino Munk scrive che queste parole sono la "professione di fede" che accompagnano
tutta la vita del credente. Lo Shema è alla base, assioma di pensiero che dirige la volontà nella vita familiare e
comunitaria, segno di riconoscimento che ha spinto i martiri a salire al rogo. Nello Shema Dio, attraverso Mosè,
vincola a sé il volere di Israele: "Ascolta Israele" le parole che contengono la rivendicazione dell'amore esclusivo:
amare un unico Dio e solo il proprio Dio. Dio vuole per sé il "cuore di Israele": unicità intensa, tanto che Rabbi Aqiba
(135 d.C.) fa del suo martirio una celebrazione dello Shema. "Tu amerai l'eterno, tuo Dio, con tutto il tuo cuore, la tua
anima e le tue forze. Voglia di dare la mia vita per la santificazione del Nome. Pronunciando "ehad" (Uno) morì".
L'unicità di Dio, ne vieta la rappresentazione e l'oggettivazione, che metterebbe in discussione assolutezza ed alterità:
sarebbe la negazione di Dio che, soggetto e mai oggetto, irrompe nella coscienza, sarebbe un Dio "idolo" e quindi
fasullo.
Affermando unicità di Dio e vietandone la pensabilità e la rappresentazione, si istituisce assoluta e irriducibile alterità,
irraggiungibilità dell'uomo.
3) NON PRONUNCERAI INVANO IL NOME DEL SIGNORE: timore o servizio di Dio
Dio va nominato solo in preghiera: fuori dallo spazio dissologico (liturgico) del dialogo tra uomo e Dio, no. Perché?
1) Tradizione cristiana: il comandamento diviene soprattutto "non bestemmiare Dio", e la bestemmia (chiamare Dio o
santi in causa associando a parole offensive", era punibile penalmente. Maledire Dio è mancanza di rispetto per il
credente e forma di insofferenza anche per le autorità religiose;
2) Seconda interpretazione: "non giurare il falso": nome di Dio usato invano perché associato al falso, trasformando
Dio (garante del vero) in essere menzognero, minacciando l'ordine del reale;
3) Avverbio "invano": "shaveh", al femminile forma "shoah", ovvero qualcosa di vano, situazioni in cui gli uomini non
accedono più alla loro singolarità. Negando Dio, si nega il bene e si consegna il mondo a catastrofe e Shoah, dove
regna la violenza (come Sodoma, città in cui tutti dovevano essere identici e c'è rifiuto della differenza);
4) Significato più vero: livello profondo, perché il testo originale sarebbe "Non portare il nome del Signore, tuo Dio,
invano". L'uomo, per la Bibbia, è essere "ad immagine e somiglianza di Dio", non come essere, ma dialogicamente ed
eticamente: è Dio che interpella e comanda l'uomo nella sua coscienza, dandogli possibilità di salvezza. L'uomo è il
"portatore" di Dio, il battesimo ci rende Tempio dello Spirito Santo. L'uomo biblico vede Dio come suo partner e
luogotenente: è "Teofoto", e se porta invano questo nome significa che si fa promotore di ingiustizia (prima grande
offesa a Dio) e di violenza. Spesso nella storia l'uomo ha fatto violenza in nome di Dio (crociate, inquisizione,
nazismo), e Chouraqui dice che questo è un modo scandaloso di usare il nome di Dio.
Cio che "offende" Dio è l'ingiustizia che ne "vanifica" il nome, ed offesa nell'offesa è servirsi del suo nome per
legittimare l'uso della forza. Non sarà mai possibile vietare la violenza, e infatti il comandamento ne vieta la
sacralizzazione, in modo che, ricondotta alla sua nudità di forza bruta, potrà essere sconfitta più facilmente.
4) RICORDATI DEL GIORNO DEL SABATO PER SANTIFICARLO: legge della gratuità
Dieci comandamenti: sono formulati in negativo, questo ed un altro no. La dizione cristiana lo rende "santificare le
feste": sabato, "shabbat" in ebraico, è la categoria rappresentativa della concezione ebraica del reale: Dieci
Comandamenti, in qualsiasi tradizione, sono resi facilmente con vocaboli equivalenti, tutti tranne Shabbat, che non ha
traduzione in altra ligia,
Sul piano del lessico: "cessare" o "interrompere l'azione che si stava compiendo", quindi sospensione del lavoro e
riposo, ripreso oggi anche con il termine periodo sabbatico. Quindi Dio istituisce per Israele uno spazio oltre e altro dal
lavoro: divieto di non lavorare contenuto nel trattato Shabbat, che precisa le attività da evitare: uso degli strumenti,
accensione fuoco, cucina,… il senso non è la necessità del riposo, ma affermazione che l'uomo è oltre e altro dal
lavoro, dall'essere "produttore". Lavorare vuol dire scoprirsi dotato di "potere": il divieto è quindi di rid