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La legge morale naturale è chiamata così perché appartiene alla natura umana appartiene all'uomo in quanto
tale; tante volte assistiamo o incontriamo persone che si dicono non credenti ma in realtà spesso vivono una
vita buona per la giustizia, mentre coloro che si dicono credenti riducono la credenza a mera partecipazione
domenicale alla messa. La legge naturale appartiene alla natura dell’uomo. Ogni cultura si crea i propri valori
e ci sono dei valori che sono universali (es. “Non uccidere” questa legge naturale trova espressione scritta nel
Decalogo dei dieci comandamenti; anche il personaggio di Dostoevskij sperimenta forti rimorsi e sensi di
colpa che non lo lasciano in pace). Il Decalogo segnala il livello basilare al di sotto del quale l'umano viene
meno e viene sfigurato, avviene una disumanizzazione della vita. Il decalogo è livello basilare. La citazione di
Paolo è commentata da Giovanni Paolo II in “veritatis splendor” n 57: per tanti anni Giovanni Paolo II ha
insegnato etica e si è confrontato con domande di tanti giovani, commentando una citazione di Paolo dice che
la coscienza pone l'uomo di fronte alla legge naturale diventando essa stessa testimone dell'uomo, della sua
fedeltà o infedeltà, della sua rettitudine o malvagità morale (vedi slide). L'intenzione con cui si compie
un’azione è ciò che rende un'azione buona o cattiva, morale o immorale, umanizzante o disumanizzante (es.
chi si offre di ripetere insieme, intenzione: gratuitamente o con secondi fini; in questo caso il fine non è più
umano, cioè non è più moralmente buono; anche dei dolori fisici provocati ad una persona sadico vs dentista,
con il dentista c’è il bene maggiore della salute dei denti). Non bisogna mai partire dalla fotografia di un testo.
L’intenzione rimane segreta, solo la persona stessa sa se ha agito in modo conforme o no. La coscienza esige
di essere formata, può avere anche contenuto sbagliato. Chi agisce conformemente al suo contenuto agisce in
modo buono anche se sbagliato. Il più grande rappresentante della realtà della coscienza è Paolo, il quale ha
inserito il termine ellenistico syneidesis nel linguaggio cristiano dandogli un significato nuovo.
Antropologia paolina
Come Paolo guarda l’uomo? Qual è l’immagine di uomo che troviamo nei testi paolini? Paolo per “uomo” ha
una terminologia multiforme che designa sempre tutto l'uomo. Paolo s’intende dell'uomo e dell'umano perché
da sempre ha avuto un grande interesse per tutto ciò che concerne l'uomo; è molto attento al fenomeno e ha un
interesse appassionato e spontaneo. Paolo ha avuto un’ottima formazione nelle migliori scuole filosofiche ed
ebraiche, proviene da una famiglia benestante, conosceva bene anche il mondo greco (stoici) e quindi ha una
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Eleonora Biffi
tendenza a indagare sull'uomo. Indaga sull'uomo partendo dalla sua esperienza personale, cioè partendo
dall'uomo che era lui. Sicuramente anche la formazione avuta ha inciso nel suo modo di guardare l'uomo. Nei
suoi testi non si trova un trattato di antropologia o una registrazione fenomenologica del vissuto umano, ma
troviamo delle intuizioni geniali e originali che riguardano l'uomo. Si parla di cambiamento di mentalità di
Paolo che prima di conoscere Gesù era un fariseo che agiva secondo la sua coscienza e perseguitava i cristiani
vedendoli come minaccia per la religione ebraica; il cambiamento di mentalità avviene quando conosce la vera
immagine di Dio, da qui cambia anche immagine dell'uomo. In Paolo troviamo un’antropologia che scaturisce
dalla capacità di cogliere fino in fondo che Dio è diventato uomo ed è morto e risorto per ogni uomo. Paolo
prima di Pietro riconosce che il Vangelo è destinato a tutti e non solo agli ebrei, è il primo a capire l’universalità
della chiesa (cattolicità della chiesa). Inoltre riconosce che la bella notizia del Vangelo è per tutti, mentre Pietro
pensava che il Vangelo fosse destinato solamente agli ebrei. Morte e resurrezione sono per tutti, addirittura
Gesù muore per quelli che lo stanno uccidendo; i falsi accusatori devo subire la stessa pena del falso accusato
e perciò Gesù deve impedire che vengano crocifissi. Nella lettere agli Efesini Paolo dice ai cristiani che vivono
ad Efeso che in Dio non c'è nessuno straniero ma tutti sono concittadini e familiari di Dio. Gesù abbatte il
muro di separazione (nella sinagoga c'era un muro che divideva lo spazio interno da quello esterno e per i
pagani era vietato entrare, chi violava questa legge doveva essere condannato a morte); ogni muro di
separazione non ha più motivo di essere, in Dio c’è posto per tutti, in Dio ogni essere umano è posto al centro
e non in periferia. Paolo ai pagani: anche voi in Dio esistete, vi muovete e appartenete. Paolo, a partire dalla
rinnovata visione dell’uomo, arriva a riconoscere che ogni essere umano ha la coscienza (Dio continua ad
interpellare l'uomo). Visione che Paolo ha dell'uomo: per paolo uomo e cristiano si equivalgono, hanno pari
dignità. Riconosce che il Vangelo libera tutto ciò che c’è di buono nell'uomo, libera la possibilità di una vita
piena. Paolo usa differenti terminologie per l’uomo: con il termine antropos (uomo) si indica la persona e poi
l'umanità in generale, sotto questo termine ci sono delle designazioni minori (es. corpo, cuore, anima, spirito,
intelletto, coscienza); nella Bibbia non c'è nessuna forma di dualismo (platonico), Paolo pur usando termini
specifici lo fa indicando sempre tutto l'uomo, infatti nomina la caratteristica senza perdere di vista la globalità
della persona. C'è una piena unificazione dell'uomo, grazie a quella Paolo ha colto il Dio di Gesù che si è fatto
uomo e si è fatto corpo (si parla della resurrezione dei corpi). Nel Vangelo c'è una visione positiva del corpo
(parleremo poi di sessualità). Il corpo gode di massima stima. Diverse terminologie:
a. Corpo: soma indica non la parte contrapposta e inferiore all'anima ma indica tutta la persona nella sua
concretezza relazionale. È l'uomo in quanto agente nel tempo e nello spazio, uomo che ha una storia e che
sta in relazione con altri uomini; la rielaborazione del termine esce dal dualismo greco.
b. Cuore: kardia è tutto ciò che riguarda la persona nelle sue capacità interiori, la persona è vista dal punto di
vista della sua capacità di amare e di decidere come persona dotata di intelligenza, come persona che vuole
vivere e che sa di dover scegliere.
c. Anima: psyche, capovolgimento visione greca che non è la parte superiore ma è la vitalità terrena, è l'uomo
visto dal punto di vista della sua istintività. È un uomo che cresce, che è fatto di passioni collegate alla
visibilità. Paolo 1Cor 6,20: Glorificate Dio nel vostro corpo. L’uomo è un tutt'uno, l’uomo ha un corpo ed
è il suo corpo.
d. Carne: sarx è usato in modo bivalente può indicare l'uomo nella situazione di concretezza (da basar: carne
in ebraico). In alcuni versi ha lati positivi e limiti, poi il senso in altri versi è peggiorativo; Paolo usa questo
termine per dire qualcosa dell'uomo che prende se stesso come l'assoluto che gli determina la vita al quale
viene sottomesso tutto il resto. In sintesi, lo usa quando l'egoismo diventa un sistema. Il termine hamartia
(peccato) è inteso come un'offesa che l'uomo fa nei proprio confronti, il peccato è una scelta sbagliata che
aliena l'uomo da se stesso aprendo una lacuna nel suo sistema. Il peccato è il torto che l’uomo fa a se stesso
perché si priva della sua grandezza e della sua bellezza. Dio s’irrita di questo perché fa male all'uomo.
e. Spirito: pneuma (intelletto: nous) è il punto di contatto tra l'uomo e la trascendenza, cioè è il punto di
contatto tra l’uomo e Dio.
f. Coscienza: synedesis, la coscienza coincide con quel luogo a cui approda il processo di discernimento. La
coscienza è un punto di approdo dove la persona può sperimentare quella libertà e quella gioia di compiere
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Eleonora Biffi
la scelta che corrisponde al suo essere uomo, scelta che trova corrispondenza nel Vangelo. È una scelta che
nasce non senza fatica, che approda poi a una certa certezza che dice che la scelta che si sta per compiere
è buona e conforme al Vangelo e questo è gioia. L’uomo ha una sua chiamata ad essere immagine e
somiglianza di Dio.
L'uomo/cristiano maturo per Paolo è colui che ha questi frutti dello spirito: Gal 5,22-33 frutto, amore, gioia,
pace, magnanimità, benevolenza, bontà (modo di relazionarsi all'altro).
La questione degli idolòtiti (Rm 14-1Cor 8)
Situazione concreta in cui si trovano a vivere i cristiani; all'epoca ovunque i cristiani erano messi di fronte alle
carni immolate agli idoli (dei), anche nei banchetti a cui i cristiani venivano invitati. Ma un cristiano può o
non può mangiare di queste carni? È lecito comprare, cucinare e consumare queste carni? È una questione che
i cristiani chiedevano a Paolo. Paolo affronta la questione in Rm e Cor. Paolo dice che per un cristiano non
esistono gli dei e gli idoli dunque in realtà, dal momento che non esistono gli idoli, quest’offerta non ha nessun
valore. Paolo rassicura i cristiani: possono mangiare tranquillamente queste carni perché sono consapevoli del
fatto che non esistono gli idoli. Non hanno una consistenza questi idoli. Ma c’è un caso in cui Paolo dice che
sarebbe bene non mangiarne, ovvero davanti a chi potrebbe rimanerne turbato. Un cristiano maturo
consapevole che non ci sono gli idoli può mangiare queste carni, eccetto quando questo suo comportamento
potrebbe turbare altri. Chi sono gli altri? Sono i suoi colleghi cristiani che magari non sono così maturi da
riconoscere che non ci sono gli idoli. Cristiani si diventa tutta la vita, alcuni magari credevano ancora negli
idoli. Potevano essere turbati e scandalizzati e potevano interpretare l’assaggio del cristiano maturo come
un'adesione. Il cristiano è libero di farlo o non farlo per amore dell'altro, ciò vuol dire che al di sopra di tutto
ci sono la carità, l'amore, l'attenzione verso l'altro, l’attenzione a non ferire l’altro. Non vuol dire lasciare l'altro
nella sua immaturità per quello che riguarda il cristianesimo. Paolo dice che al di sopra c'è la carità (attenzione
per il cammino dell'altro) e la pazienza. Da qui si possono evincere alcun