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Tendenze evolutive del diritto amministrativo, Diritto amministrativo Pag. 1
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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI FIRENZE

SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE PER LE PROFESSIONI LEGALI

ELABORATO PER L’ACQUISIZIONE DEL CREDITO FORMATIVO

IN DIRITTO AMMINISTRATIVO

“TENDENZE EVOLUTIVE NEL DIRITTO AMMINISTRATIVO”

LA SPECIALITA’ DEL DIRITTO AMMINISTRATIVO: UNA NOZIONE IN EVOLUZIONE

DOCENTI: CANDIDATA:

CHIAR. MO PROF. ALFREDO CORPACI ELISABETTA

CHIAR.MA PROF.SSA ANJEZA DOKO BUCCI

CHIAR.MO PROF. SIMONE TORRICELLI matricola: 5686794

Anno Accademico 2013/2014

E’ affermazione tradizionalmente nota e condivisa quella consistente nel rintracciare uno dei caratteri originari e

peculiari del diritto amministrativo nella sua specialità rispetto al diritto comune, inteso come diritto che disciplina le

relazioni tra privati. Specialità dovuta principalmente al fatto che il diritto amministrativo nasce col precipuo scopo di

fornire regole tese alla disciplina delle situazioni in cui venga a trovarsi coinvolta una Pubblica Amministrazione,

ossia un soggetto che, per definizione, è preposto al perseguimento di quegli interessi pubblici che sono stati

previamente individuati come meritevoli di tutela da parte degli organi espressione del potere politico.

La concezione del diritto amministrativo come diritto speciale ha, per molto tempo, implicato una sua ricostruzione

come diritto peculiare ed esclusivo dell’amministrazione: la specialità si è, cioè, tradizionalmente estrinsecata nella

teorizzazione di una corrispondenza biunivoca tra applicazione di tale diritto e attività delle Pubbliche

Amministrazioni. In altri termini, si riteneva che l’essere le Amministrazioni, a differenza dei soggetti privati,

incaricate del perseguimento di interessi pubblici, rendesse necessaria l’applicazione a esse di moduli organizzativi e

regole d’azione peculiari e diverse rispetto quelle offerte dal diritto comune.

Non solo; il carattere peculiare del diritto amministrativo, quale diritto precipuamente volto a disciplinare le attività di

cura degli interessi pubblici, lo rendeva per definizione inapplicabile ad attività che fossero poste in essere dai privati

cittadini.

Nell’epoca attuale la nozione di specialità del diritto amministrativo così intesa non sembra attagliarsi più al reale

atteggiarsi delle relazioni che vedono coinvolte le Pubbliche Amministrazioni e, più in generale, alle modalità di

perseguimento degli interessi pubblici ad oggi presenti nel nostro ordinamento.

Un primo segnale della necessità di ripensare la specialità del diritto amministrativo, intesa nel senso tradizionale cui

si accennava pocanzi, è costituito dal riconoscimento generale dell’autonomia negoziale della P.A. effettuato dall’art.

1, comma 1-bis della Legge n.241/1990, come modificato dalla Legge n.15/2005. Invero, siffatta previsione normativa

non è altro che la consacrazione, a livello legislativo, del punto d’arrivo di un profondo ripensamento già da tempo

avviatosi a livello dottrinale e giurisprudenziale in ordine alla concezione tradizionale dell’agere amministrativo. Il

riferimento è, in particolare, alla constatazione dell’erroneità della tesi in base alla quale le regole e gli strumenti del

diritto privato sarebbero intrinsecamente inidonei al conseguimento di finalità pubblicistiche e, pertanto, al

progressivo riconoscimento della possibilità che la P.A. possa perseguire l’interesse pubblico anche per mezzo dello

strumento negoziale privatistico. Più precisamente, la disposizione cui si è fatto riferimento assume rilievo non tanto

in quanto riconosce la possibilità dell’esistenza di un’attività della P.A. governata dalle regole del diritto privato ma,

piuttosto, poiché segna il superamento di quell’orientamento tradizionale che concepiva l’attività paritetica della P.A.

come un’ipotesi derogatoria, eccezionale rispetto al principio generale dell’utilizzo del potere autoritativo quale

strumento di realizzazione dell’interesse pubblico e, pertanto, praticabile solo in casi specifici e tassativamente previsti

dalla legge.

Siffatta impostazione era fondata, in particolare, sull’idea della “traslazione” ai contratti dei principi di tipicità e

nominatività dei provvedimenti amministrativi; la progressiva acquisizione della consapevolezza di raggiungere una

maggiore efficienza della P.A. attraverso l’utilizzo di strumenti più flessibili di quelli pubblicistici ordinari, unitamente

alla constatazione della mancanza di una giustificazione dell’estensione ai contratti del principio di tipicità proprio dei

provvedimenti amministrativi, vista la mancanza in essi dei caratteri di autoritatività e imperatività, ha condotto,

invece, al riconoscimento di una possibilità generalizzata del ricorso allo strumento negoziale.

Si deve, tuttavia, precisare che l’attività della P.A., anche laddove si svolga secondo strumenti negoziale tipicamente

privatistici, non è mai libera nel fine, ma è sempre strumentale al perseguimento di determinati interessi pubblici: ciò

comporta che essa presenti due fondamentali caratteri che valgono a distinguerla dall’attività negoziale posta in essere

dai privati cittadini; il riferimento è alla funzionalizzazione, ossia all’essere vincolata nel fine, e alla

procedimentalizzazione. Stante ciò, l’attività negoziale della P.A. si caratterizza per il fatto di essere, di regola,

preceduta o, comunque, accompagnata da una fase procedimentale, comunemente definita come “procedura ad

evidenza pubblica”, tesa alla formazione della volontà dell’ente pubblico e alla selezione del contraente.

L’utilizzo di moduli d’azione e categorie tipicamente privatistiche in ambito amministrativo, nell’ordinamento

giuridico attuale, non è, tuttavia, circoscritto alle, ormai numerose, ipotesi di contratti soggetti alle regole del diritto

comune che vedono la P.A. agire jure privatorum ed essere, pertanto, equiparata al privato contraente, sia pur con le

differenziazioni derivanti dall’imprescindibilità di una procedura amministrativa volta ad assicurare il controllo sul

corretto perseguimento dell’interesse pubblico e sulla scelta del miglior contraente.

Il riferimento è, in particolare, a quegli strumenti di esercizio consensuale della potestà amministrativa, costituiti dagli

accordi integrativi e sostitutivi del provvedimento amministrativo, che sono stati istituzionalizzati con la Legge

n.241/1990 (art. 11). Il richiamo a questo istituto nel contesto della riflessione sull’utilizzo, in ambito amministrativo,

di strumenti e categorie tipiche del diritto privato, pare giustificato in quanto, pur non potendo essere taciuta la

distanza degli accordi ex art. 11 l.241/1990 dai caratteri tipici di un contratto intercorrente tra privati, soprattutto per

quanto concerne i profili dello scopo e dell’oggetto, sembra, tuttavia, difficile negare la sussistenza in essi di

un’essenziale componente negoziale, consistente nella ricerca e nel conseguimento del consenso tra P.A. e soggetto

privato interessato in merito alla conformazione e ai contenuti dell’assetto di interessi cui dovrà dar luogo l’esercizio

del potere amministrativo. In altri termini, con l’istituto dell’accordo, quello schema consensuale che costituisce uno

dei tratti essenziali di attività tipicamente soggette alla disciplina del diritto privato, s’innesta in aree tradizionalmente

connotate da un esercizio unilaterale del potere da parte della P.A.; si determina, così, il superamento della visione

tradizionale secondo la quale la spendita del potere amministrativo non potrebbe estrinsecarsi che attraverso l’uso

unilaterale di una potestà autoritativa che il privato dovrebbe limitarsi a subire.

Non solo: è lo stesso art. 11 che, richiamando al comma 2°, l’applicazione dei principi del codice civile in materia di

obbligazioni e contratti, ( sia pure nei limiti in cui essa sia compatibile con le peculiarità dell’ambito pubblicistico e

salvo diversa disposizione legislativa), rende evidente che, laddove la P.A. decida di fare ricorso agli accordi pone in

essere un’attività che, proprio per il suo non essere caratterizzata da quell’unilateralità che tradizionalmente connota la

spendita di poteri pubblicistici, non può che essere governata, seppur con i dovuti adattamenti, dalle regole del diritto

comune.

Ciò detto, si può, altresì, osservare che quella stessa legge che, prevedendo la procedimentalizzazione del potere

amministrativo, aveva già reso normativamente imprescindibile la partecipazione dei soggetti privati all’esplicazione

di poteri pubblicistici suscettibili di avere ripercussioni nella loro sfera giuridica individuale, fa anche un passo

ulteriore nel cammino verso una progressiva democraticizzazione dell’attività amministrativa: con gli accordi, infatti,

la partecipazione del privato non è più, solo, strumento di condizionamento dell’esercizio del potere ma assurge, in

modo più evidente e tangibile, a momento costitutivo dello stesso. Una considerazione siffatta sembra acquisire un

rilievo ancora maggiore se si considera che, con la legge 15/2005, e la soppressione della riserva di legge che

determinava una tipizzazione degli accordi sostitutivi, si è provveduto a fare degli stessi (come era previsto, fin

dall’origine per quelli integrativi) uno strumento cui la P.A. può fare un ricorso generalizzato.

L’analisi condotta fino ad ora ha permesso di evidenziare come, nell’ordinamento giuridico attuale, a partire

soprattutto dagli anni ’90 del secolo scorso, si sia avviata una tendenza evolutiva consistente nell’estensione di

strumenti e regole privatistiche all’attività della P.A.; a tale tendenza si accompagna, altresì, quella al progressivo

ampliamento dei casi di esercizio, da parte di soggetti privati, di pubbliche funzioni e, quindi, di assoggettamento

Dettagli
A.A. 2014-2015
5 pagine
2 download
SSD Scienze giuridiche IUS/10 Diritto amministrativo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ely1989-votailprof di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto amministrativo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Torricelli Simone.