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MICRORGANISMI INDICI DI CONTAMINAZIONE:
Si tratta di microrganismi non patogeni ma che ne condividono l’habitat e le caratteristiche
(Escherichia coli)
MICRORGANISMI NEGATIVI:
Si tratta di microrganismi pericolosi che compromettono le caratteristiche di sicurezza alimentare, a
loro volta possono essere suddivisi in intossicanti o infettanti.
INTOSSICANTI ALIMENTARI:
La patogenicità è provocata dalla produzione di tossine come prodotto del metabolismo primario o
secondario del microrganismo. Esse possono essere già contenute nell’alimento e resistere ai
trattamenti (es. tossine termostabili) e causare intossicazione oppure possono essere prodotte solo
inseguito all’ingestione e conseguente colonizzazione del tratto digestivo da parte dei
microrganismi che quindi cominciano a produrre la tossina causando tossinfezione.
Es. Staphylococcus aureus, Bacillus cereus, Clostridium botyulinum.
INFETTANTI ALIMENTARI:
La patogenicità è dovuta all’elevato numero di organismi allo stato vegetativo che attuano un
comportamento aggressivo nei confronti delle strutture cellulari dell’apparato digerente dell’ospite.
Es. Salmonella spp., Shigella spp., Listeria monocytogenes, Escherichia coli, Vibrio cholereae.
1) Qual’è l’obiettivo delle operazioni di laboratorio
perpetrate?
L’obiettivo prepostosi in funzione delle operazioni di laboratorio effettuate è quello di identificare
con precisione specie, genere e sottospecie del microrganismo costituente la colonia analizzata che
ci permetterebbe di ottenere una traccia della storia di trasformazione del prodotto nonché
contestualizzarne le caratteristiche.
Per poter proseguire è necessario procedere isolando il microrganismo dalla matrice complessa,
solubilizzando un campione; in secondo luogo si utilizzano dei terreni selettivi per isolare il
microrganismo dagli altri presenti nella matrice sfruttando nozioni di microbiologia come le
necessità nutritive e colturali; infine, una volta isolato il microrganismo d’interesse, si crea un
terreno di arricchimento per favorirne la crescita.
Da questo step in avanti è necessario proseguire mantenendo una coltura pura, poiché eventuali
contaminazioni, volute o accidentali, non farebbero altro che alterare il risultato compromettendo
l’intera operazione.
A tal proposito diviene importante il contributo conferito dal bruciatore Bunsen, il quale garantisce
il mantenimento dei requisiti di sterilità necessari.
La sterilità è fondamentale anche per poter dare una corretta interpretazione alle operazioni di
conta, sia totale che selettiva per poi procedere con le fasi di riconoscimento.
Una corretta fase di riconoscimento è garantita dalla correlazione di quattro elementi fondamentali:
habitat, fenotipo, genotipo e filogenesi.
Questa scuola di pensiero più innovativa si contrappone alla tradizionale, la quale prevedeva di
basare l’identificazione dei microrganismi solamente su habitat, genotipo e fenotipo, permette di
ottenere risultati più soddisfacenti integrando l’analisi del genoma alle precedenti.
Più concretamente, prevede di associare gli elementi caratteristici del fenotipo (ossia:
macromorfologia, micromorfologia, reazione di Gram, metabolismo energetico, esigenze
nutrizionali, esigenze colturali, pattern enzimatico, caratteristiche strutturali) al genotipo (omologia
DNA-DNA, corrispondenza
I criteri di identificazione innovativa prevedono l’impiego di tecnici che di indagine genetica basate
sulla possibilità di amplificare in breve tempo regioni specifiche del cromosoma batterico: la PCR
(polymerase chain reaction).
Combinando studi filogenetici e genetici si possono determinare appartenenza alla specie in tempi
ridotti e modo specifico anche per un numero elevato di isolati da identificare.
Le caratteristiche fenotipiche vengono studiate in un secondo tempo solo sugli isolati d’interesse
per permetterne il riconoscimento a livello di biotipo
2) Definizione e differenza tra specie e ceppo
SPECIE:
Più ceppi isolati in habitat e tempi diversi che mantengano:
Elevata affinità fenotipica, con almeno una caratteristica distintiva nei confronti delle altre specie.
• Elevata omologia genetica (riassociazione molecolare DNA-DNA superiore al 70% di
• corrispondenza)
Elevata omologia filogenetica (omologia del gene codificante per rRNA 16S maggiore del 98%)
•
CEPPO:
Consiste nel livello più basso della categoria tassonomica. Consiste nel derivato di un singolo
isolamento e identifica le colonie di una specie caratterizzate da lievi differenze (chiamate tipi o
varianti) nel fenotipo e di conseguenza anche nel genotipo (riassociazione molecolare DNA-DNA
inferiore al 70%/omologia del gene codificante per rRNA 16S inferiore al 98%)
Per ogni specie batterica descritta esiste un ceppo di riferimento o type mantenuto in collezioni
internazionali.
Il DNA è formato da due filamenti complementari antiparalleli composti da 4 basi nucleotidiche
(timina-adenina e guanina-citosina).
Il codice genetico permette la formazione di 64 possibili triplette per gli amminoacidi, alcuni dei
quali codificati da più di un codone.
Questa peculiarità prende il nome di degenerazione del codice genetico, allo scopo di minimizzare
gli effetti delle mutazioni.
Questo significa che un aminoacido può essere sintetizzato da più triplette di DNA (geni) ma un
gene può corrispondere esclusivamente ad un aminoacido.
La sintesi avviene ad opera della RNA polimerasi, un enzima che si lega al filamento di DNA nel
sito riconosciuto come gene promotore (o codoni d’inizio, solitamente ATG) e riproduce mediante
sequenze di RNA complementari le triplette di basi azotate che compongono la proteina da
trascrivere fino alla porzione che viene riconosciuta come codone di fine (UGA)
Un operone non è altro che una porzione di DNA che codifica per più proteine
contemporaneamente. È un elemento tipico dei ribosomi che, per l’appunto, costituisce la struttura
di sintesi proteica per eccellenza all’interno della cellula.
Essi possono anche essere presenti in regioni non codificanti o casuali, acquisite mediante
trasformazione, traduzione o coniugazione.
I ribosomi sono importanti per le nostre analisi perché il DNA in essi contenuto presenta la
sequenza di trascrizione RNA sia per il gene 16S che 23S che 5S.
L'rRNA è il componente che ha subito meno variazioni nel corso dell'evoluzione, in tutte le cellule.
Per questa ragione, i geni che codificano per l'rRNA vengono sequenziati per identificare il gruppo
tassonomico di un organismo, per riconoscere i gruppi correlati e stimare il tasso di divergenza tra
le varie specie.
La 16S lega la sequenza Shine-Dalgarno contenuta nell'mRNA, e la loro interazione permette
l'associazione subunità minore-mRNA.
IL 16S rRNA
• Gene lungo ca 1500 - 1600 nt, dopo la trascrizione non è tradotto in proteina, ma assume una
particolare struttura secondaria che serve per la costruzione del ribosoma
• In particolare, codifica per la subunità piccola del ribosoma (16S nei procarioti; negli eucarioti
come i funghi è il 18S rRNA)
Deve assumere una determinata struttura tridimensionale per assolvere la sua funzione, quindi ha
• un basso tasso di mutazione (la maggior parte delle mutazioni producono ribosomi non
funzionanti e non vengono trasmesse alla progenie)
E’ presente nei genomi in multicopia (anche 15 copie!), proprio perché è essenziale per la vita. Per
questo motivo è facilmente amplificabile
IL 16S RRNA
Nella sequenza del gene 16S rRNA si riconoscono diverse regioni:
• regioni CONSERVATE universali, che hanno la stessa sequenza in tutti i batteri
• regioni SEMICONSERVATE, che hanno sequenza uguale tra batteri dello stesso taxon
• regioni VARIABILI, che hanno la stessa sequenza tra batteri appartenenti alla stessa specie
Confrontando la sequenza di questo gene di diversi batteri è possibile:
• Quantificarne la DISTANZA FILOGENETICA: determinare a che punto dell’evoluzione 2
organismi si sono differenziati
• Determinare la diversità tra gli organismi
• Identificare un batterio: se 2 organismi
hanno 16S rRNA con più del 97% delle basi omologhe, possono appartere alla stessa specie
OPERONE RIBOSOMALE
Il gene codificante il 16S rRNA fa parte di una regione di più geni trascritti da un medesimo
︎ promotore trascrizionale (operone); tali geni sono denominati 16S, 23S e 5S
I geni sono separati tra loro da due regioni intergeniche (ITS) aventi anche funzione di regolazione
︎ del processo di maturazione degli rRNA
All’interno dell’ITS tra 16S e 23S, possono esserci uno o due geni codificanti tRNA
︎ Tra questi geni il 16S rRNA è quello più analizzato, seguito dal 23S rRNA; attualmente per la
︎ definizione di una nuova specie, oltre che ad approfondite analisi fenotipiche e genotipiche, è
richiesto il sequenziamento completo del 16S; nel caso di un nuovo genere batterico, il 16S è più
che sufficiente.
Gli ITS e lo stesso 16S sono utilissimi per l’analisi sia di ceppi puri che dell’intera comunità
︎ batterica, come vedremo in seguito
La 23S contenuta nella subunità maggiore lega tra loro gli aminoacidi portati dai tRNA formando
un legame peptidico. Questa funzione negli eucarioti è espletata dalla 28S, e sono classificati come
peptidil-trasferasi, ed entrambi sono pertanto dei ribozimi.
La 5S riconosce l'ansa D dei tRNA, e interagiscono tra loro permettendo l'avvio e il prosieguo della
sintesi proteica sia nei procarioti che negli eucarioti.
Finora il costo del sequenziamento dell’intero genoma di un microrganismo è ancora elevato;
inoltre la tecnica fornisce un numero così elevato di informazioni che diventa di difficile gestione;
spesso, poi il fine della ricerca non giustifica tutti questi sforzi.
La scelta più conveniente è il sequenziamento del 16S rRNA o dello spaziatore tra 16S e 23S per la
definizione della specie batterica; il discorso cambia invece se si vuole studiare una comunità
batterica in toto, comprendendo anche le specie non isolabili in laboratorio.
Tuttavia sequenziamenti mirati sono di grandissima utilità per distinguere ceppi estremamente
simili, spesso appartenenti a specie diverse, ma genotipicamente molto vicine.
Una volta note le sequenze di inizio e fine della sequenza genetica che contiene questi tre geni
possiamo, mediante PCR e operazioni di replicazione del DNA, ottenere un elevato numero di copie
che ci sono utili nelle fasi di identificazione del microrganismo.
In sintesi le conoscenze sul DNA tornano utili in laboratorio per:
Estrazione e purificazione delle cellule batteriche
• Quantificazione e vi