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CAPITOLO 4 LA NATURA INTERGRUPPI DEL PREGIUDIZIO E LE FORME
ESTREME DI CONFLITTO
4.1Il pregiudizio come atteggiamento
Una delle definizioni di pregiudizio che troviamo comunemente nei manuali di
psicologia sociale è che esso è un atteggiamento negativo nei confronti degli individui
appartenenti a una determinata categoria.
Occorre quindi dare una definizione di “atteggiamento” tendenza a porsi
prontamente in maniera positiva o negativa di fronte a un particolare oggetto, o a un
gruppo, e a reagire in termini valutativi rispetto alle categorie di oggetti o di eventi.
Gli atteggiamenti sono caratterizzati da 3 componenti:
• Una componente cognitiva ovvero ciò che si sa dell’oggetto/soggetto, le
credenze, le convinzioni, le opinioni, le idee;
• Una componente affettiva ovvero i sentimenti e le emozioni ch e
l’oggetto/soggetto suscita;
• Una componente comportamentale che concerne le conoscenze relative alle
interazioni passate, presenti o future con l’oggetto/soggetto.
Una volta sviluppato, l’atteggiamento diventa parte della rappresentazione cognitiva
dell’oggetto ed è resistente nel tempo. Dal momento che il pregiudizio ha in sé tutte
queste caratteristiche, si può definire come un atteggiamento che comprende:
a) Un aspetto cognitivo ovvero gli stereotipi, le credenze a tutte le informazioni
sull’oggetto o il gruppo target;
b) Un aspetto affettivo ovvero i sentimenti suscitati nei confronti del gruppo;
c) Un aspetto comportamentale presuppone le azioni messe in atto nei confronti
del bersaglio e che possono andare dal semplice evitamento del contatto alla
discriminazione, alla violenza estrema.
Per decenni gli psicologi hanno creduto che le nostre funzioni cognitive, ivi compresi
gli atteggiamenti, fossero coerenti tra loro.
MA talvolta non succede sempre così: spesso agiamo in contraddizione con le nostre
convinzioni. Nel 1957, Leon Festinger ipotizzò che la disarmonia fra 2 o più contenuti
creasse nella persona una sensazione di disagio chiamata dissonanza cognitiva. Per
sottrarsi ad essa, le persone sono motivate a comportarsi o a pensare in modo da
evitare la disarmonia e mantenere la consonanza fra gli atteggiamenti.
Per ora elenchiamo le funzioni a cui assolvono gli atteggiamenti:
• Utilitaria si riferisce al ruolo che hanno gli atteggiamenti nel guidare i
comportamenti delle persone;
• Difensiva gli atteggiamenti possono diminuire l’ansia e rafforzare l’autostima
di una persona;
• Di espressione dei valori gli atteggiamenti possono riflettere valori
profondamente sentiti che danno significato all’esistenza;
• Di adattamento sociale a volte una persona modifica i propri atteggiamenti in
modo da dare agli altri un’impressione favorevole di sé.
4.2.Gordon Allport e La natura del pregiudizio
Una concettualizzazione considerata classica e che spiega la formazione del
pregiudizio secondo il livello di analisi contestuale è quella affrontata da Gordon
Allport.
Egli tenta di ricostruire in maniera ampia e approfondita l’origine e i meccanismi
sottostanti questo fenomeno.
Il pregiudizio, definito come << un’antipatia basata su un’errata e inflessibile
generalizzazione>>, non può essere compreso se non partendo dai normali processi di
pensiero che consentono di padroneggiare la complessità dell’ambiente circostante.
Secondo Allport, la generalizzazione è la base naturale per spiegare e semplificare la
realtà e le persone usano normalmente questo processo, dividendo gli altri in
categorie sociali. La diversità tra pregiudizio e pensiero errato, secondo Allport,
consiste fondamentalmente nel fatto che il pensiero lascia aperta una possibilità di
discussione senza resistenze di tipo emotivo.
Per l’autore non è un atteggiamento prevenuto il fatto che il soggetto crei delle
aspettative nei riguardi di qualcuno che è percepito come realmente diverso; ciò che
invece innesca il pregiudizio è il fatto che spesso i gruppi che ci appaiono diversi sono
ritenuti tali più di quanto non lo siano in realtà.
Allport ha chiamato “condensazione” il processo secondo cui un simbolo viene
collegato alla persona ( esempio colore della pelle=inferiorità) e ha distinto diversi
livelli di attuazione pratica del pregiudizio, che vanno da quello “meno grave” a quello
“più dannoso”:
a) Diffamazione cioè dire il falso a danno degli altri;
b) Evitare il contatto;
c) Discriminazione ovvero negare alle persone un trattamento di eguaglianza
sociale, politica e/o culturale;
d) Violenza fisica;
e) Sterminio.
Allport
- giudica il pregiudizio un problema derivante dalla personalità, per cui nessun
individuo rifletterebbe un pregiudizio del gruppo di appartenenza se non avesse dei
bisogni personali che lo spingono ad avere tale credenza.
- sostiene inoltre l’impossibilità di comprendere il pregiudizio secondo un unico punto
di vista. Occorre invece integrare più livelli di analisi e considerare le molteplici cause
che porterebbero alla formazione del pregiudizio:
1. Il pensiero che predispone al pregiudizio è quello causale. Partendo infatti dalla
necessità logica di delineare un quadro ordinato, a volte si giunge ad attribuire
le cause di ogni situazione alle persone e si accusano gli altri dei problemi reali
e quotidiani individuandoli come capri espiatori.
2. I fattori storici una maggior comprensione del pregiudizio può sicuramente
venire dalla conoscenza delle radici storiche dei conflitti interetnici.
3. I fattori socio-culturali sono altre importanti cause da considerare. L’approccio
situazionale può essere illustrato dalla cosiddetta “teoria dell’atmosfera”,
ovvero l’insieme delle forze esterne che agiscono sull’individuo.
4. I fattori interni della personalità ad esempio, una persona frustrata può
provare ostilità nei confronti degli altri individui o gruppi e quindi avere
pregiudizi negativi cosi come il modo in cui una persona giudica la realtà in base
alla propria concezione del mondo e delle proprie credenze.
I pregiudizi sono quindi multidimensionali in quanto possono risultare da un certo
numero di cause diverse e soddisfare svariate esigenze.
4.3La teoria del conflitto realistico
Un altro filone di ricerche che ha contribuito all’evoluzione delle spiegazioni del
pregiudizio è rappresentato dagli studi sulle relazioni intergruppi.
Secondo questa prospettiva, il pregiudizio si caratterizza sempre più in termini di
rapporti tra gruppi e di consolidamento ed estensione a tutti i membri dell’outgroup di
credenze preconcette.
Gli studi di Muzafer e Carolyon Sherif (1961) sul campo estivo di Robber’s Cave negli
Stati Uniti hanno dimostrato come gli atteggiamenti e i comportamenti delle persone
riflettano gli interessi oggettivi del gruppo di appartenenza.
Esperimento: Sherif e gli altri sperimentatori organizzarono un campeggio di 3
settimane per bambini (12 anni) .
Nessuno dei bambini si conosceva prima di entrare al campeggio.
Nella 1ª fase dell’esperimento gli sperimentatori si limitarono ad osservare come si
intrecciavano le coppie di amicizie. Dopo che si formarono queste relazioni, si passò
alla 2 ª fase in cui i bambini vennero separati con pretesti organizzativi in due gruppi
in maniera apparentemente casuale ma i realtà dividendo le coppie di amici. I due
gruppi disputarono gare di rugby, pallacanestro etc.. e ben presto si crearono delle
identità proprie: soprannomi, gerghi... che accentuavano sempre più la competizione.
Questo quindi sembrò dimostrare che la semplice esistenza di gruppi creasse rivalità e
competizione fra tali gruppi.
Successivamente, nella 3 ª fase provarono ad annullare queste ostilità facendoli
pranzare insieme, o semplicemente guardare un film, ma la competitività era troppo
forte, talmente tanto da non far accettare ai gruppi la presenza del gruppo avversario.
Alla fine procedettero con un altro tentativo di riappacificazione: riunirono i due gruppi
e crearono un obiettivo sovraordinato: comune ai due gruppi e che richiedesse
collaborazione per essere raggiunto. Finsero la rottura del camion che riforniva di cibo
il campeggio e per spingerlo occorreva che tutti collaborassero. Questo costrinse tutti
gli individui a cooperare e si ricostituirono le amicizie che si erano formate prima della
divisione in gruppi.
Gli individui tornarono così a ragionare in termini individuali e non categoriali.
Gli esperimenti di Sherif hanno dimostrato come ragazzi normali e socialmente ben
adattati potessero modificare il proprio comportamento per adeguarsi alle relazioni
intergruppi. Secondo quest’approccio, stereotipi e pregiudizi scaturiscono dalle
relazioni intergruppi e sono forti laddove vi è competizione.
Critica una critica interessante che è stata fatta è che l’attivazione degli
atteggiamenti conflittuali nei confronti dell’outgroup è di favoritismo per l’ingroup non
emergono necessariamente in presenza di conflitti d’interesse concreti.
Spesso fattori simbolici e psicologici (esempio: una minaccia) sono considerati
importanti fonti di bias intergruppi rispetto alla competizione per risorse tangibili.
4.3.1Il ruolo dell’identità sociale
(Premessa per comprendere)
La teoria dell’identità sociale diTajfel si fonda su quattro concetti collegati tra loro.
1.Categorizzazione sociale: la categorizzazione divide il mondo sociale in ingroup e
outgroup sulla base di caratteristiche come il genere, la religione, la nazionalità etc.
Quando una categorizzazione ingroup/outgroup è saliente, gli individui non
percepiscono se stessi e gli altri come individui singoli, ma piuttosto nei termini delle
loro appartenenze categoriali.
2. Identità sociale: è quella parte del concetto di sé che deriva dalla consapevolezza di
appartenere ad un gruppo sociale, unitamente al significato valutativo ed emotivo
associato a tale appartenenza. Gli individui generalmente ambiscono ad avere un
concetto di sé positivo. Di conseguenza, desiderano anche avere un’identità sociale
positiva.
3. Confronto sociale: il confronto tra il proprio gruppo e gruppi estranei lungo
dimensioni considerate importanti fornisce le informazioni necessarie a stabilire
un’identità sociale positiva o negativa.
4. Distintività positiva: Il bisogno di un’identità sociale positiva è soddisfatto quando
l’esito di un confronto sociale è chiaramente a favore dell’ingroup e l’ingroup è
positivamente dis