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4.5 SONO SOLO INSULTI? IL DISCORSO DI ESCLUSIONE NEI CONFRONTI
DEI MIGRANTI
Le disuguaglianze stanno diventando un sistema di pressione psicologica e sociale e,
contemporaneamente, offese e battute razziste sono così comuni che non destano più
preoccupazione nei membri del gruppo dominante.
Può esserci un grande divario tra le ideologie astratte e generali e il modo in cui le
persone comprendono il discorso o intraprendono le pratiche sociali. Indirettamente le
ideologie possono condizionare le strutture e i contenuti dei nostri modelli mentali di
eventi specifici, e di conseguenze le persone sono capaci di tradurre ideologie generali
in esperienze specifiche che a loro volta formano i MODELLI MENTALI.
Tuttavia l’influenza ideologica sui modelli mentali non è automatica, infatti le
persone interpretano i propri modelli quotidiani sulla base di esperienze personali
precedenti o di altre conoscenze e ideologie. Questo può causare un CONFLITTO
IDEOLOGICO, in quanto noi possiamo identificarci contemporaneamente con più gruppi
sociali che sostengono posizioni ideologiche diverse.
Uno dei processi fondamentali che ci introduce la psicologia discorsiva è quello della
CATEGORIZZAZIONE. Secondo WETHERELL e POTTER le persone costruiscono le
categorie nel DISCORSO.
Le categorie servono per PARLARE e attraverso di esse noi compiamo azioni come il
persuadere e rifiutare. Per questo le categorie sociali che usiamo nel parlare sono
variabili e spesso contraddittorie.
Le ideologie razziste sono i fondamenti socialmente condivisi delle credenze
etniche-razziali che permettono la discriminazione quotidiana definita come RAZZISMO
QUOTIDIANO. Questi frammenti di ideologie razziste si mostrano anche nel discorso.
La paura dello straniero diviene così una risorsa utilizzabile per ogni scopo.
Il razzismo quotidiano può essere sottile e indiretto e apparire in forme minori di
interazioni quotidiane: i membri della maggioranza trattano quelli delle minoranze nel
modo in cui non tratterebbero un membro del loro ingroup.
Secondo VAN DIJK il razzismo nella nostra società si riproduce in 3 modalità diverse:
A. all’interno delle relazioni intergruppi il gruppo dominante mette in atto
pratiche discriminatorie nei confronti del gruppo minoritario. Il razzismo si manifesta
attraverso atti quotidiani a volte spontanei (frasi, battute, barzellette, ecc.) dei
quali non si ha coscienza. Questa forma di razzismo quotidiano è quella che prende
il nome di “RAZZISMO DI BACKSTAGE”.
B. Il potere del gruppo maggioritario si manifesta attraverso il DISCORSO
PUBBLICO, manche attraverso la limitazione alla minoranza dell’accesso alle risorse
sociali. Una di queste pratiche è l’utilizzo di cliché standard - come ad esempio
esclusione della minoranza nelle conversazioni quotidiane, minor spazio riservato
ad essa sui quotidiani, ecc.-. Per far questo vengono messe in atto diverse
strategie generali che sono:
1. Positiva presentazione di sé: questa forma di retorica è routine nei
Parlamenti di Usa, Gran Bretagna, Germania e Francia. Parlando di immigrazione i
politici fanno riferimento alla “lunga tradizione”, nella loro nazione, dei valori di
ospitalità, tolleranza, uguaglianza e democrazia.
2. Presentazione negativa degli altri: le minoranze e i loro diritti vengono
presentati spesso negativamente, mentre raramente si fa riferimento al
contributo positivo delle minoranze residenti.
3. Negazione del pregiudizio : la forma più nota nella quale si esprime
l’ambivalenza delle nuove forme di pregiudizio è quella “io non sono razzista,
ma ... “ o “non abbiamo niente contro le minoranze, ma ...”. Questa forma è
sostenuta da un’altra strategia, quella della FORZA DEI FATTI che giustifica
questo tipo di comportamento (es. aumento di criminalità nella quale sono
sempre più coinvolte le minoranze).
4. Apparente simpatia nei confronti delle minoranze: In nome del bene
comune si nega l’accesso alle risorse culturali, sociali ed economiche del
territorio. Ad esempio si nega l’ingresso dei migranti nella propria nazione
giustificando queste restrizioni con varie spiegazioni:
• Argomenti disposizionali: (caratteristiche personali e comportamenti
dei migranti)
• Argomenti economici: (carenze di risorse giustifica azioni alla limitazione
dell’immigrazione)
• Argomenti cosiddetti pro bono publico: limitare l’immigrazione perché
porterebbe benefici a tutti
• Forme retoriche:
Tecniche di quantificazione: dare l’idea che vi siano ondate
migratorie vastissime
Analogie: usare metafora INVASIONE per parlare
dell’immigrazione
Ambiguità: parlare dei migranti come un “problema”
Citazioni scorrette
C. Discorso scritto: i mass media giocano un ruolo fondamentale perché
definiscono e valutano gli avvenimenti etnicamente rilevanti, usando strategie
comunicative che enfatizzano negativamente i ruoli delle minoranze e confermando
spesso gli stereotipi e i pregiudizi nei lettori.
Accanto a queste forme ve ne sono altre importanti come:
Esclusione attraverso il discorso: se non parlo di quel gruppo o lo
metto a tacere in qualche modo, ne creo un’immagine negativa basata sulle
presupposizioni e sul non detto, che è anche peggio delle manifestazioni
esplicite di rifiuto.
“Etnopaulismo”: si rivela in diverse forme come denigrando l’aspetto
fisico di un gruppo, tratti personali, nomi, abitudini alimentari, ecc..
4.6 ALCUNE CONCLUSIONI… ANCHE OPERATIVE
L’ideologia si mostra in tutte le strutture del testo. ‘Combattente per la libertà’,
‘ribelle’ o ‘terrorista’, facciamo una scelta lessicale che dipende molto dalla nostra
opinione a riguardo di quella persona, e questa opinione a sua volta dipende dalla
nostra posizione ideologica, e dagli atteggiamenti che abbiamo verso il gruppo a cui
appartiene la persona.
La strategia del discorso ideologico è molto generale e si può riassumere così:
- parlare di Noi in maniera positiva;
- parlare di Loro in maniera negativa.
Così formulata la strategia è troppo assoluta. Modifichiamola in 4 principi:
- enfatizzare le cose positive riguardo a Noi.
- Enfatizzare le cose negative riguardo a Loro.
- De-enfatizzare le cose negative riguardo a Noi.
- De-enfatizzare le cose positive riguardo a Loro.
Queste 4 possibilità formano un QUADRO IDEOLOGICO. Se vogliamo enfatizzare le
Nostre azioni positive o le Loro negative, la prima cosa che facciamo è rendere
rilevante queste informazioni. Al contrario, se vogliamo de-enfatizzare le Nostre
azioni negative e le Loro azioni positive, allora tenderemo a nascondere queste
informazioni.
CAPITOLO 5 DALL’ESCLUSIONE AI CONFLITTI SOCIALI ESTREMI
5.1 INTRODUZIONE
Il termine CONFLITTO deriva dal latino “confligere”, ovvero urtare una cosa con
un’altra. I conflitti esistono, sono una parte inseparabile della vita umana, perché è
normale che gli esseri umani siano in disaccordo rispetto a idee, valori, ideologie,
ecc…
Il conflitto è una situazione in cui una o più parti percepiscono i propri scopi e/o
interessi in contrapposizione e decidono di reagire sulla base di questa percezione. Il
conflitto è un processo che si dispiega nel tempo e che può trasformarsi di intensità e
valenza.
Tuttavia, non tutti i conflitti sono negativi, infatti, il conflitto di per sé contiene
ELEMENTI POSITIVI, semmai è la gestione che può risultare difficile e inadeguata.
5.2 I CONFLITTI: CAUSE E SPIEGAZIONI PSICOSOCIALI
Il conflitto in psicologia indica uno scontro tra ciò che una persona, o il proprio
gruppo di appartenenza, desidera e un'istanza interiore, interpersonale o sociale che
impedisce la soddisfazione del bisogno, dell'esigenza o dell'obiettivo connessi a tale
desiderio.
Alcuni conflitti possono sfociare in vere e proprie guerre o in aggressività diretta,
mentre altri possono rimanere latenti per decenni e scoppiare improvvisamente, altri
possono non degenerare mai e assumere forme indirette e sottili.
L’ESPERIENZA SOGGETTIVA e la NOSTRA PERCEZIONE DELLA REALTA’ è fondamentale
nel determinare l’ESCALATION di un conflitto:
• Fase iniziale (cause)
• Escalation (percorso centrale)
• Fase finale (effetti)
Il conflitto può riguardare diverse arene:
• Microlivello (relazioni interpersonali)
• Mesolivello (società)
• Macrolivello (stati, comunità)
Tra le cause più generali e frequenti che generano un conflitto abbiamo:
• Ambite risorse scarse (valori, bisogni, denaro, libertà, spazio, potere, status,
visibilità, ecc.)
• Sentimenti ed emozioni che non riescono ad essere gestiti;
• Ignoranza e rigidità cognitiva (stereotipi e pregiudizi);
• Cattiva comunicazione;
• Incompatibilità di interessi;
• Cattiva gestione degli aspetti organizzativi (es. Suddivisioni inadeguate di compiti e
responsabilità);
• Divergenza di opinioni o di valori.
Un conflitto è tale se c’è INTENZIONALITA’. Una condizione necessaria affinché un
comportamento possa essere considerato aggressivo è la presenza della
componente di INTENZIONALITÀ del danno arrecato ad altri, un danno provocato non
intenzionalmente non può essere considerato indice di aggressività.
Gli atteggiamenti e i comportamenti delle persone riflettono gli interessi oggettivi del
gruppo di appartenenza. Quando tali interessi entrano in conflitto, si origina tensione
nei confronti dell’outgroup, che mette in atto preconcetti e atteggiamenti ostili. Se
invece gli interessi dei gruppi coincidono (raggiungimento di uno scopo comune) tende
a scaturire un atteggiamento amichevole e cooperativo nei confronti dell’altro gruppo.
Tutto questo è legato al concetto di IDENTITA’ SOCIALE: in molti casi ci comportiamo
come esseri sociali la cui identità deriva in parte dal gruppo o dalle categorie sociali
a cui apparteniamo (sono donna, sono italiano, ecc…). vedi esperimento SHERIF
pag.110
Questo esperimento sul campo permise a SHERIF di articolare la teoria del conflitto
realistico. Secondo la teoria del conflitto realistico, l’ostilità tra gruppi è determinata
dalla competizione per il possesso di risorse materiali scarse e ambite. In tali
circostanze, si crea uno stato di interdipendenza negativa in cui le acquisizioni di un
gruppo avvengono necessariamente a spese dell’altro.
LE FORME DI CONFLITTO di 1* tipo
LA DIVERGENZA
Un’azione che dovrebbe ess